La fotografia nel libro illustrato
1 Agosto, 2008Premetto che non sono un’amante della fotografia. Il tempo mi piace al galoppo, fermato prende sfumature cadaveriche. L’istante che gli è stato forzatamente sottratto diventa un tutto-pieno ambiguo, che mi ricorda certi animali imbalsamati o la realtà esagerata del teatro. Fanno eccezione alcune fotografie dei grandi fotografi, perché vi indovino in filigrana il mondo interno dell’artista e una nuova interpretazione di quello esterno.
Negli album la fotografia viene spesso usata per scimmiottare l’illustrazione, per riprodurne effetti e tagli e il risultato che ne consegue è sovente di dubbio gusto. Fanno eccezioni i libri in cui il cattivo gusto sconfina nel kitsch, che diventano divertenti, come nel caso di The Lonely Doll (trovato sulle bancarelle di San Francisco…).
The Lonely Doll, di Dare Wright, Houghton Mifflin 1957
The Lonely Doll, di Dare Wright, Houghton Mifflin 1957
The Lonely Doll, di Dare Wright, Houghton Mifflin 1957
La storia tratta di una bambola che vive sola e triste in una grande casa, un giorno arrivano nella sua casa un orso padre col figlio per tenerle compagnia. Lei e l’orsacchiotto piccolo combinano una marachella e la bambola viene punita severamente dal padre orso, dopo molto tribolare lei avrà il perdono e la promessa di non essere abbandonata mai più. La scena della punizione, non priva di un suo ambiguo fascino erotico, sembra destinata più ad un Humbert Humbert che a dei bambini, ma dobbiamo ricordare che negli anni 50 i bambini avevano purtroppo più dimestichezza con questi repertori sadico-pedagogici di noi cresciuti qualche generazione dopo con i libri di Spock.
The Lonely Doll, di Dare Wright, Houghton Mifflin 1957
Se lo stesso libro fosse disegnato, non sarebbe altrettanto inquietante. Non perché il disegno è finto e fa meno paura. Al contrario. Il disegno è reale, è il mondo creato e vivo di qualcuno (l’artista). Qui invece abbiamo una scenografia arbitraria, una natura morta che pretende, a torto, di essere viva e l’effetto è quanto mai assurdo.
Ma ecco un altro caso di uso della fotografia. Un filo meno spaventoso. L’intento di creare una scenografia teatrale è dichiarato. Diciamo che l’illustrazione in questo caso non è la fotografia, ma l’opera scultorea (l’oggetto) che vediamo attraverso di essa.
L’invention des oiseaux à plumes, Xabi M. e Olivier Thiébaut, Sarbacane 2006
Per quanto adori questo tipo di sculture, non sono convinta della loro resa dentro un album illustrato. E’ un’illustrazione statica, alla terza pagina sono già annoiata. Inoltre la distanza tra l’oggetto e la pagina è troppo netta, quello che mi incuriosisce è l’opera oltre la pagina, e l’equilibrio narrativo del libro viene messo in secondo piano (sarà un caso, ma non ho ancora avuto la curiosità di leggere la storia).
L’invention des oiseaux à plumes, Xabi M. e Olivier Thiébaut, Sarbacane 2006
Invece guardate che meraviglia quando un grande fotografo decide di “illustrare con la fotografia” un testo. La fotografia diventa uno strumento per esprimere un messaggio, si sente la forza creativa dell’artista, il vento, la sua emozione. Nel libro Le petit chaperon rouge, Sarah Moon interpreta la fiaba di Perrault mettendosi in relazione con i contenuti più profondi del testo. Usa la fotografia come un illustratore userebbe il disegno perché quello è il suo linguaggio, la sua voce. E’ l’esigenza narrativa che conta, non i mezzi.
Le Petit Chaperon Rouge, Perrault et Sarah Moon, Grasset 1983 (INGRANDISCI L’IMMAGINE)
Le Petit Chaperon Rouge, Perrault et Sarah Moon, Grasset 1983 (particolare)