Poco più di un mese fa, a Parigi, ho trovato il tempo di vistare una libreria di libri antichi per bambini il cui stand è sempre presente al Salone di Montreuil: Chez les libraires associées. Bellissima.
Ho comprato tre libricini di Elzbieta e una prima edizione francese del 1978 di Ce jour là … dell’illustratore giapponese Mitsumasa Anno (École de Loisirs 1978. Emme edizioni lo ha stampato in Italia lo stesso anno con il titolo: Il viaggio incantato e Babalibri ripubblicato di recente con il titolo Viaggio incantato).
Tornata nella mia temporanea casa parigina, ho aspettato di essere sotto le coperte per leggere i nuovi libri. Come quando ero bambina: una luce sulle pagine aperte e tutto intorno il buio.
Ce jour là … mi ha stregata e in questo post provo a raccontarvi perché.
Nato a Tsuwano nel 1926, Premio Andersen alla carriera nel 1984, Mitsumasa Anno, è un illustratore giapponese famoso soprattutto per i suoi libri senza testo e i suoi giochi prospettici ‘alla Escher‘ per bambini.
Nei suoi libri di viaggio, caratterizzati da un’inquadratura fissa dall’alto, diverse Nazioni come la Francia, l’Inghilterra, la Spagna, il Giappone vengono descritte con minuziosa attenzione alle tradizioni, le archiettture, gli usi e i costumi di ognuna. Un personaggio, che è poi Anno stesso, attraversa i paesaggi a piedi o a cavallo.
Mitsumasa Anno, che ha compiuto 91 anni un mese fa, nel 1963 e nel 1975 percorse davvero a piedi in lungo e in largo l’Europa, realizzando dal vero molti dei disegni e degli schizzi che fornirono materia ai suoi libri.
Mitsumasa Anno, disegno dal vero
Ciò che lo aveva colpito nei suoi primi due viaggi in Europa era stato scoprire che, in fin dei conti, le differenze tra culture non sono poi così grandi. (1)
Architetture e tradizioni sono diverse, è vero, ma gli aspetti più importanti della vita delle persone sono gli stessi. In tutto il mondo le case hanno almeno una finestra da cui si può vedere all’esterno, i tetti, un sistema per evacuare la pioggia, i cibi sono saporiti, le feste gradite.
Il suo sguardo di viaggiatore e di disegnatore ha riportato i dettagli di ogni paese con grande cura, senza mai perdere questo sentimento globale di comunione e fratellanza tra i diversi popoli.
È interessante osservare i suoi disegni dal vero. Tra i disegni e i libri c’è sempre un salto stilistico che mostra bene la differenza tra disegno e illustrazione, anche quando quest’ultima è realistica.
In un libro per bambini, qualcosa è più leggero, qualcosa più sognante.
Mitsumasa Anno, disegno dal vero
Mitsumasa Anno, Ce jour là , École de Loisirs 1978, dettaglio
Quando un illustratore guarda l’illustrazione di un collega, pensa immediatamente ai gesti che deve aver fatto per realizzarla. Nel buio, ipnotizzata dai mille trattini del mare e dell’erba, mi sono chiesta quanta pazienza deve esserci voluta per farne così tanti, e tutti così in ordine.
Non c’è una sola pennellata nel libro che non sia vibrante, viva, guizzante e allo stesso tempo calma e in pace, necessaria, al posto giusto.
Mitsumasa Anno, Ce jour là , dettaglio
Inizio a “leggere” la storia. Nella prima pagina entra in scena, venendo dal mare, un personaggio vestito di azzurro.
In quella successiva, il personaggio parla con qualcuno che tiene un cavallo.
Nella terza pagina troviamo il personaggio a cavallo.
Un libro illustrato senza testo domanda di saper leggere le immagini. Torno indietro e noto che, mentre parlava, l’omino teneva un sacchettino in mano. Forse è un sacchetto di monete? Ne deduco che ha comprato il cavallo. Dunque, è la storia di un uomo che arriva per mare e compra un cavallo per fare un viaggio.
Le prime pagine presentano un mondo rurale, antico, poi le case si infittiscono, si passa dalla campagna, a una provincia flaubertiana, a una città . Siamo in Francia. Vigneti, cattedrali gotiche e feste di paese ce lo ricordano ad ogni angolo.
Ma fermiamoci su una delle prime pagine. Quella qui sotto.
Mitsumasa Anno, Ce jour là , École de Loisirs 1978
Uomini e donne pieni di lena, le maniche rimboccate, sono immersi nella fatica del lavoro; i bambini corrono e giocano rincorrendo una barchetta o un cerchio; c’è un trasloco in corso; una donna fa il bagno nuda, un ragazzo si arrampica sul muro del giardino per spiarla; c’è una chiesa; una vecchina sta entrando, un’altra porta dei fiori al cimitero; una coppia di uccellini ha fatto il nido; riguardo per la terza volta alcuni bambini che giocano, chissà cosa gli sta dicendo l’uomo affacciato alla finestra, forse li sgrida? O fa da arbitro a una disputa? I loro gesti sono concitati.
Mitsumasa Anno, dettagli di Ce jour là …, 1978
Una ricchezza inaudita di dettagli si offre ai miei occhi, ma tutto è lontano, come in miniatura.
Ogni cosa così piccola, così lontana, che mi arrivano dal mondo che osservo solo suoni ovattati, lontane schegge di risate infantili.
Scopro ancora, in alto, tra l’erba e un po’ nascosto dagli alberi, un innamorato che sta offrendo dei fiori a una ragazza. Lui è in una posizione leggermente plateale, lei tiene le spalle rigide, forse non crede del tutto alla dichiarazione che le viene fatta.
Ritorno con lo sguardo alla vecchina del cimitero.
La vecchiaia, la morte, la nascita, i traslochi, le case, le litigate, la sensualità e il desiderio, i campi coltivati, i bambini che giocano, i nidi, le dichiarazioni d’amore: nel pullulare di quest’ora di villaggio immortalata nel disegno c’è la vita intera, non manca proprio nulla di un qualsiasi giorno sulla terra.
Davanti a questa pagina, nel buio della sera, sono stata travolta da un’emozione così intensa che ancora adesso, a distanza di un mese, continuo a sentirla palpitare in me densa di mistero. Non so se sono capace di descriverla, né di capirla fino in fondo.
Un sentimento di mondo complesso che di colpo si scioglie e rivela le sue leggi semplicissime, congiunto alla consapevolezza che dietro quel dono di comprensione c’è un artista, congiunto alla consapevolezza che ho chiuso nel cassetto la mia arte da troppo tempo. Un sentimento di bellezza pungente e pungolante. Ho giurato a me stessa che un giorno saprò anche io fare un regalo così grande a un lettore, attraverso un disegno.
È questo che fa l’arte quando colpisce nel segno: ci smuove nel profondo.
Mitsumasa Anno, Ce jour là , École de Loisirs 1978
Pagina dopo pagina, si arriva nei pressi di una città dove c’è una festa di paese, poi a un’altra, con una stazione e un treno.
Ai negozi di pane e latte si sostituiscono quelli di scarpe e giocattoli, a gara di corsa, un cinema con gente in coda.
Alla fine del libro, Anno abbandona la città e si immerge a piedi nel vasto orizzonte naturale da cui è venuto.
Pare non ci sia una storia. È un viaggio. Si mostra la vita come è nei villaggi francesi e nelle cittadine.
Ma in una delle ultime pagine noto una scena strana: che cosa ci fanno, dietro le case, un lupo e una bambina con un cappuccetto rosso? Torno indietro a cercare altri riferimenti. Scopro che non avevo visto proprio niente!
In ogni pagina ci sono citazioni di fiabe, citazioni dei classici della letteratura e della storia dell’arte. Non solo. Alcuni personaggi ritornano: micro storie vengono narrate, come quella di una bambina vestita di giallo che venuta dalla campagna trova un lavoro in città come guida turistica; o quella di una donna che forse ha ceduto al desiderio di un viaggiatore venuto da lontano: il protagonista scende una sola volta da cavallo, lo vediamo che saluta una donna (qualcosa deve essere accaduto fuori scena); la stessa donna, nella pagina successiva, scatena la gelosia di due uomini, che finiscono per battersi in duello.
Altri personaggi vengono disegnati identici nella stessa posizione della pagina, due città dopo, cambia solo il contesto, come macchiette, come personaggi-ruolo.
E non è finita. Anno era appassionato di fisica e matematica: il libro è zeppo di giochi prospettici e tromp d’Å“il.
Iniziamo dalla letteratura:
Don Quichotte, Cappuccetto Rosso, la rapa gigante, la bella addormentata del bosco, il pifferaio magico…
Poi la storia dell’arte francese: le donne con ombrellino di Monet, Seurat, Renoir, Van Gogh, Monet, Millet…
È buffo come nel libro la vita di tutti i giorni si mescoli alle fiabe e all’arte senza separazione di continuità .
Ma non è così anche nella realtà ? Non è proprio la nostra stessa cultura a dettarci gesti, costumi, spazi dove vivere, modi di sentire?
Persino i sentimenti a volte li prendiamo a prestito: come il gesto un po’ rigido dell’innamorato che fa la sua dichiarazione con la posa innaturale di un ginocchio piegato al suolo.
Cosa è la letteratura, cosa, la vita? Dove è il loro reciproco confine?
Don Quichotte, Mitsumasa Anno, Ce jour là … École de Loisirs, 1978
(Se penso a La bambina dei libri, il recente omaggio di Oliver Jeffers alla letteratura per ragazzi – qui trovate una accurata analisi -, e osservo con che grazia Anno realizza lo stesso omaggio, ma aprendo nel lettore dubbi e interrogativi, capisco cosa differenzia un’operazione di furbo marketing da un fertile sentimento creativo).
I giochi prospettici sono tanti, si rifanno a una lunga tradizione grafica che, da Hogart a Escher, solletica il rapporto tra realtà e rappresentazione, mette in dubbio la correttezza della nostra visione del mondo.
Satire on False Perspective, William Hogarth, Inghilterra 1754
Il più bel gioco è quello dell’arco, nelle due immagini qui sotto. Sulla pagina di destra un carretto si infila sotto un arco. Girando pagina, a sinistra, vediamo la scena continuare: il carretto esce da sotto l’arco. Ma qualcosa di strano è accaduto.
Guardate in primo piano le due finestre (vi ho fatto uno zoom qui sotto), dentro le quali una donna si specchia (tutto il gioco in corso ha a che fare con lo “specchiare”) e un pappagallo è in gabbia: l’immagine è stata invertita specularmente.
È come se Anno avesse fatto proseguire la città e il tempo della storia, ma in una sola porzione di disegno avesse lasciato il vero verso del disegno, come visto in trasparenza.
Il retro di una casa vera e il retro di una casa disegnata non sono la stessa cosa, sembra volerci dire l’autore.
Ma la finezza di questo artista si spinge ancora più in là . Specularmente invertita, la casa dovrebbe rimanere identica, perché ritratta nello stesso istante, solo dall’altra parte. Invece, il pappagallo è uscito dalla gabbia, la ragazza si è sdoppiata (non c’è più lo specchio, lei guarda un’altra se stessa) e uno dei camini della casa è cambiato (quello in primissimo piano).
Quante sovrapposizioni di piani, di specchi, di tempi! Un vero casse-tête. Un bambino potrebbe passare le ore a risolverlo.
Che sarebbe andata così, potevamo intuirlo dal tromp d’Å“il presente nella casa: il secondo tetto della torretta, in posizione prospetticamente corretta, è tenuto su da due ragazzi (immagine qui sotto, angolo sinistro). Fin dall’inizio, la solida realtà di quella casa era sospetta.
Ad ogni pagina girata cerco l’omino vestito di azzurro (Anno) e lo trovo sempre. Nell’ultima pagina, lo vedo lasciare il suo cavallo vicino a un albero. Due bambini lo salutano. Scompare a piedi dietro un orizzonte tinto di corallo.
In primo piano, una contadina e un contadino sono raccolti nella preghiera di fine giornata (citazione del quadro verista l’Angelus di Millet). Uno stormo di uccelli gracchia nel tramonto.
Chiudo il libro con un groppo in gola.
Più tardi, di ritorno a casa e alla luce del giorno, ho cercato di analizzare più razionalmente cosa mi commuove così tanto nei libri di Anno.
La prima ragione è che l’oggetto del racconto è la vista. Come illustratrice e come persona, non c’è attività che mi interessi di più.
Il “cosa si vede”, nei libri di Anno, è solo la porta di ingresso di un’esperienza più complessa che riguarda il “come guardiamo”.
Oltre ai tanti giochi di inganni spaziali, prospettici e temporali, oltre al misterioso ritorno di certi dettagli identici in contesti nuovi, c’è un ingranaggio segreto che tiene insieme l’incanto del libro: l’inquadratura dall’alto e la censura del punto di vista del protagonista.
Per tutto il tempo della lettura visiva, un doppio sguardo è imposto al lettore:
il primo, quello del personaggio che attraversa a cavallo i paesaggi. È l’unico protagonista e siamo obbligati a immedesimarci nel suo sguardo. È uno sguardo raso terra, simile al nostro nella vita di tutti i giorni, ma ci è negato: non vediamo mai la scena dal suo punto di vista, anche se spesso capiamo cosa guarda.
Il secondo è lo sguardo della voce narrante (in questo caso, vedente) di Mitsumasa Anno illustratore, che guarda tutto dall’alto, forse dalla distanza di un ricordo.
Coincide con il nostro sguardo di lettori mentre teniamo in mano il libro. Siamo, come l’autore, un Dio onnisciente capace di vedere e accogliere tutta la complessità del mondo.
È l’ambiguità di questa diversa messa a fuoco, di un doppio modo di essere dentro il mondo, e la possibilità (ideale) di un punto di vista superiore che unisce tutti i frammenti e li accoglie, che ci seducono. Anche se questo sguardo unico offre alla vista, per forza di cose, un’illusione, un insieme di tromp d’Å“il.
Comporre i frammenti del mondo in un solo quadro è il compito dell’arte e degli artisti: in quasi tutte le pagine del libro troviamo qualcuno che dipinge, disegna o fotografa il paesaggio, personaggi e statue (!) con binocoli e cannocchiali, vetri che vengono lavati, specchi.
Cosa significa vedere? Da dove guardiamo il mondo?
Aggiornamento 2019:
L’edizione italiana di Babalibri, Viaggio incantato, ha vinto il premio italiano Andersen 2019 come “Miglior libro mai premiato”.
Viaggio incantato Mitsumasa Anno Un viaggio incantato nella Francia del secolo scorso. 13,34 |
Note:
1) L‘intervista dove parla dei suoi viaggi.
– Qualche copia di Ce jour là … sembra disponibile su Amazon, altrimenti potete comprare il libro con il titolo inglese: Anno’s journey. Non sono riuscita a trovarne nessuna copia dell’edizione italiana (Il viaggio incantato).
Su AbeBooks trovate molte copie, a diversi prezzi, de Anno’s Italy (Il viaggio in Italia).
Buona lettura! E attenzione ai dettagli.
– A questo link trovate una lunga intervista ad Anno, dove parla della necessità – evidente in Giappone dopo il disastro della centrale nucleare di Fukushima-, di ritornare a un mondo a basso consumo: quello che ha voluto mostrarci nei suoi libri.