Corsi interessanti in partenza all’Artelier di Padova

Ritornano a febbraio e a marzo gli appuntamenti di Artelier con il mondo dell’illustrazione e dell’editoria con la nuova edizione di 4×4. Un’iniziativa nata nel 2006, che ha portato e porta a Padova professionisti dell’illustrazione italiani e stranieri, che prestano la loro esperienza e i loro consigli per accompagnare i partecipanti più avanti nel loro percorso.
La formula del laboratorio è quella del weekend intensivo, in cui l’insegnante sviluppa un tema e una tecnica, arricchendola della sua personalità ed esperienza. Ai workshop si accede con una piccola selezione preliminare per formare dei gruppi omogenei, inviando le proprie richieste e due o tre immagini. Le iscrizioni devono essere effettuate entro due settimane dall’inizio del corso prescelto.
Tra i corsi scelti per questa edizione ve ne segnaliamo due:

CORSO DI PITTURA DIGITALE (22-23 febbraio 2014)

Insegnante: Paolo Domeniconi
Programma: il corso intende fornire le basi per sviluppare il proprio stile illustrativo in ambito digitale su software Adobe Photoshop. Si studierà come ricreare le qualità espressive delle tecniche tradizionali su carta e tela, per potere dipingere con naturalezza ed efficacia in un software che offre innumerevoli potenzialità, dall’editoria tradizionale alle nuove applicazioni multimediali. Sono previsti uno studio delle textures, la creazione di un proprio set di pennelli personalizzati, la configurazione di un’area di lavoro ottimale, la pittura digitale con la tavoletta grafica.
Materiali richiesti: carta per schizzi e matita, notebook, tavoletta grafica di qualunque modello, software Photoshop CS qualunque edizione, alcuni disegni a matita da colorare (chi preferisce, disegna al momento). Potete portare i vostri disegni con la tecnica preferita, o opere di artisti che vi piacciono. Verranno fornite alcune textures digitalizzate su cui lavorare, ma chi lo desidera può portare i materiali che normalmente usa per il disegno (sarà infatti possibile sperimentare partendo da textures realizzate al momento).
Date e orari: 22-23 febbraio 2014, dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 (totale: 15 ore).

CORSO D’ILLUSTRAZIONE “FLORA MIRABILIS” (22-23 marzo 2014)

Insegnante: Isa Bancewicz
Programma: la Natura, con la sua infinita varietà, è da sempre stata protagonista nell’Arte: la troviamo infatti non solo nei dipinti, ma anche nei libri per l’infanzia, nel fumetto, nella grafica, nel design, nell’animazione, dove le forme della Natura riprendono vita, alla ricerca di uno stile, di una sintesi, di un linguaggio formale.
Materiali richiesti: carta satinata da acquarello e/o una carta non ruvida adatta alla tecnica mista, acquerelli (in pasticche o tubetto, almeno i colori base), china o ecoline bianca, pennelli per acquerello (a punta tonda, sia per le campiture che per i dettagli), matite (grafite) di varia durezza, carboncini di varia durezza, pastelli, matite colorate. Per chi preferisce concentrarsi su un’unica tecnica, possono essere portati anche solo alcuni di questi materiali.
Date e orari: 22-23 marzo 2014, dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 (totale: 15 ore).

Sul sito di Artelier potete trovare altri corsi

Associazione Culturale Artelier
Via Cesare Battisti 54 – 35121 Padova (PD)
Per maggiori informazioni scrivete a info@artelier.veneto.it, oppure chiamate i numeri 049/755976 e 347/5394807.


Valentina, o la vera storia… Work in progress di Carll Cneut

Anna Castagnoli e Carll Cneut, Valentina o la vera storia della principessa di sangue. De eenhoorn (work in progress)

Per chi non seguisse la pagina ufficiale di Carll Cneut su Facebook, ecco qualcuna delle meravigliose immagini che sta facendo per Valentina o la vera storia della principessa di sangue, il racconto che scrissi alcuni anni fa e che Carll sta illustrando.

Io non ho una grande stima del mio lavoro di illustratrice, penso di dover crescere ancora molto (e non mi dispiace): forse è per questo che non amo illustrare quello che scrivo. L’altra ipotesi è che quello che scrivo l’ho già immaginato, e mi stufo. Mi piace molto di più quando è un altro illustratore a dare artigli e ali alle mie parole.

Valentina o la vera storia della principessa di sangue è un racconto che scrissi qualche anno fa e che amo molto.
Ricordo che per mesi, prima di scriverlo, avevo avuto questa frase che mi ronzava in testa:
“La figlia dell’imperatore si chiamava Valentina ed era insopportabile”.

Anna Castagnoli e Carll Cneut, Valentina o la vera storia della principessa di sangue. De eenhoorn (work in progress)

Chissà da dove era arrivata. Fatto è che non riuscivo a liberarmene. Un bel giorno, anzi, era sera, ho scoperto perché era così insistente. Come un uovo un uccello, quella frase conteneva un intero racconto. Lo scrissi d’un fiato, iniziava così:

La figlia dell’Imperatore si chiamava Valentina ed era insopportabile.
Aveva trecento novanta paia di scarpe.

Ottocento dodici cappelli.
Cinquanta cinture di coda di serpe.
Però più di tutto le piacevano gli uccelli.
Possedeva centouno voliere, ognuna così grande che ci si poteva abitare dentro.

Dentro ciascuna voliera stavano uccelli dai colori così belli, dalle forme così rare, che
ambasciatori venivano dall’altro capo del mondo per visitare quel giardino meraviglioso.
Ma, ahimè, quante teste erano costate quelle voliere!
(…)

Anna Castagnoli e Carll Cneut, Valentina o la vera storia della principessa di sangue. De eenhoorn (work in progress)

Era la storia di una principessa viziata e impossibile, che non sopportava di non avere quello che desiderava.
Una volta scritto, mi sembrò, senza falsa modestia, bellissimo. Così bello che mi vennero le paturnie a pensare che avrei dato chissà cosa per saperlo illustrare e che non ne ero in grado. Non mi sentivo all’altezza. Vedevo nella mia immaginazione tutte quelle gabbie, il giardino delle voliere, Valentina nervosa e capricciosa che si aggirava in quel guardino, e sentivo che mi mancavano almeno 10 anni di lavoro per poterlo illustrare come avrei voluto. Dovevo cercare un altro illustratore. Avevo da poco fatto un corso con Carll Cneut (un maestro eccezionale, se siete indecisi su un corso estivo, non perdetelo) e pensai che era un racconto perfetto per lui: così gotico e classico allo stesso tempo. Glielo spedii poco fiduciosa: mi aveva detto che era molto esigente con i racconti che doveva illustrare, perché ogni libro gli prendeva un anno circa di lavoro.

Glielo inviai il giorno dopo averlo scritto, mi rispose dopo 24 ore esatte con queste parole: Lo faccio.
Mi ricordo che piantai un grido che raggiunse i decibel di quello che ho piantato quando mi hanno detto che mi invitavano a Bologna come giurata. Forse qualche decibel in più, perché allora avevo poca stima di me in generale e ogni notizia positiva in campo professionale aveva per me qualcosa di catartico.

Da allora, sono passati molti anni, molti di più di quelli che mi ero aspettata. Ma non ho avuto fretta. Per me, Carll poteva anche metterci 20 anni a farlo. Ormai, quel racconto era suo.

Anna Castagnoli e Carll Cneut, Valentina o la vera storia della principessa di sangue. De eenhoorn (work in progress)

Anna Castagnoli e Carll Cneut, Valentina o la vera storia della principessa di sangue. De eenhoorn (work in progress)
Anna Castagnoli e Carll Cneut, Valentina o la vera storia della principessa di sangue. De eenhoorn (work in progress)
Anna Castagnoli e Carll Cneut, Valentina o la vera storia della principessa di sangue. De eenhoorn (work in progress)
Anna Castagnoli e Carll Cneut, Valentina o la vera storia della principessa di sangue. De eenhoorn (work in progress)

L’anno scorso, Carll mi inviò il primo schizzo di Valentina (quello qui sotto). Appena lo vidi mi uscirono due grossi lacrimoni. Era Valentina! Era proprio LEI. Quella bambina difficile che interpretava con grazia tanto impertinente il peggio del mio carattere. Non poteva essere nessun’altra. Era così strano che ora esistesse davvero. In quei pochi tratti riconoscevo tutta la sua nevrosi, potevo sentire persino il fastidio che le dava il cotone del vestito sulla pelle (ben che fosse un cotone di ottima qualità, essendo figlia di re!).

Ora Carll sta lavorando a pieno ritmo, e chissà che a Bologna non possiamo già vedere la maquette presso l’editore De eenhoorn.
A presto Valentina!

Anna Castagnoli e Carll Cneut, Valentina o la vera storia della principessa di sangue. De eenhoorn (work in progress)

Diario del giorno 5: Selezionare la Mostra Illustratori, nuovi linguaggi

Mario Onnis, selezionato alla Mostra Illustratori 2014

READ ENGLISH TRANSLATION (thanks Sergio Ruzzier!)

(Torna alla prima parte di questi post: I giurati si conoscono)

A proposito di nuovi linguaggi (o correnti), vi confermo alcune caratteristiche che avevo evidenziato nei post di studio sulla Mostra illustratori dell’anno scorso (che potete iniziare a ri-leggere qui). Ho notato un cospicuo interesse per la realtà. Numerosissimi i lavori in bianco e nero con tecnica a grafite quasi fotografica (scarso, invece, l’uso della fotografia vera e propria). Molti i lavori che ritraevano città, o scene di vita reale.
Il gusto vintage un po’ modaiolo (lo chiamavamo per ridere: Pinterest style), era relativamente ricorrente e lo abbiamo penalizzato: non ci piaceva quando, nell’illustrazione, sembrava prevalere uno stile vanitoso e estetizzante troppo “già visto” su blog, riviste, muri Pinterest. Abbiamo trovato una quindicina di illustratori stile “ugly” (quello stile un po’ naif alla Attak, per capirsi): avevamo deciso di prenderne almeno uno come esempio, ma poi alla fine non ne abbiamo selezionato nessuno. Il Pop surrealismo, tranne un solo caso, era assente.


Abbastanza ricorrenti i lavori dal sapore anni 50, e molti i collage di ispirazione dadaista (stile Hannah Hoch).
Da un punto di vista tecnico, ho notato un ritorno a tecniche antiche: molte incisioni, acqueforti, qualche litografia e xilografia.
Ma la caratteristica più eclatante dei 3188 lavori ricevuti è relativa al colore: in generale, era spento. A parte due eccezioni coloratissime, il tono finale di tutta la nostra selezione era grigiastro, scuro, sbiadito; quando gli organizzatori ce lo hanno fatto notare, mi sono guardata in giro: era un tono generale di tutta la sala. Veramente tantissimo bianco e nero.

In questo post vorrei parlarvi di alcune immagini che ho difeso a spada tratta. Mi spiace far sapere agli illustratori in questione che in un primo momento della discussione non hanno ricevuto il consenso di tutti i giurati, ma credo che possano capire che il dubbio non era legato alla qualità del loro lavoro, quanto, piuttosto, alla novità che portavano nel campo dell’illustrazione per ragazzi.


Marco Bassi, Italia, selezionato alla Mostra illustratori 2014

Il primo lavoro di cui vi voglio parlare è di un italiano: Marco Bassi.
Alla prima selezione ci ha colpiti subito la luce e la finezza del disegno e lo abbiamo messo da parte; io ho detto subito (posso gongolare un po’?) che trovavo molto interessante la tavola con la deformazione degli alberi. L’espressione di un altro giurato invece è stata categorica: no, quello era un errore. Poi non ci abbiamo più pensato fino al momento di decidere se lo avremmo messo in Mostra nella categoria Fiction o Non Fiction. Era un libro sui dinosauri? Qualcuno suggerisce di lasciare fuori dalla Mostra l’ultima tavola (potevamo scegliere di non mettere in mostra tutte e 5 le tavole). Non riusciamo a decidere se metterlo nella Non-Fiction o nella Fiction.

Guardando con più attenzione per capire, ci rendiamo conto che è strana la presenza di un orso panda tra i dinosauri. Cosa ci fa un panda tra i dinosauri? Decidiamo di mettere le tavole in ordine, cerchiamo sul retro i numeri: 1,2,3,4,5. A poco a poco la storia si chiarisce: c’è un orso che si è addormentato. Si sveglia in mezzo ai dinosauri. E’ curioso, li osserva. Ma a un tratto (ultima tavola, quella qui sotto)…

Marco Bassi

… si… si sveglia da un sogno? Si perde la connessione? C’è un’interferenza di onde elettromagnetiche? Improvvisamente, quell’interferenza sull’immagine ci è sembrata un colpo di genio. Traduce lo spaesamento dell’orso ma anche un dubbio sulla realtà stessa della rappresentazione pittorica (espresso con un codice televisivo, digitale o da videogioco). Questo per me è un esempio perfetto di “ricerca di linguaggi innovativi”.

Un altro lavoro che ho difeso dall’accusa di “non essere per bambini” è stato quello di Leïla Chaix, una studentessa dell’Esade di Parigi.


Leïla Chaix, Francia

Le cinque tavole, molto grandi, rappresentavano, da diverse distanze prospettiche, una città di cubi deserta, quasi algida. Nessuna finestra, nessun segno di vita umana, animale o vegetale. E’ un lavoro che mi ha innamorata al primo sguardo (ho subito pensato alla Città ideale del cinquecento portata in chiave moderna), ma gli altri giurati, pur riconoscendo la qualità del lavoro, erano molto scettici. Potevano illustrare un libro adatto ai bambini, queste cinque tavole?
Ho usato la mia prima cartuccia: con un testo adatto, sì (tra parentesi, io, da editrice votata al fallimento, lo pubblicherei anche senza testo).

Ho raccontato ai miei colleghi il libro N°3, edito da Topipittori. Nel libro si susseguono tavole che rappresentano un giardino in modo quasi astratto. Nelle immagini non succede nulla. Ma il testo getta tutta un’altra luce su quel giardino: racconta di una coppia di bambini affacciati alla finestra, che spiano il giardino abbandonato dei vicini e si fanno mille domande su chi possa abitarlo, inventando mille risposte: è un fantasma, e fa questo e quest’altro, etc.

N° 3, Giulia Goy e Julia Binfield, Topipittori (per leggere il testo cliccate sulla seconda immagine)

L’immagine, nel caso di N° 3, forniva pochissimi elementi (come cubi o sassi o bambole steineriane senza occhi) che i bambini protagonisti del racconto usavano per costruirsi “il loro film”.
Ecco, anche le case di Leïla Chaix, secondo me, potevano essere usate dal piccolo lettore come si usano cubi semplici o sassi.
Il lettore avrebbe potuto proiettarci sopra la storia che voleva, intrigato dalla profonda suggestione di questa città abbandonata (vedrete che dal vero è molto suggestiva).
In un’epoca di lettori digitali, abituati fin da piccoli a un’enorme interazione con le immagini (videogiochi, app) è interessante pensare a immagini statiche che diventano interattive per una mancanza di informazione.
Là dove c’è un vuoto o un’assenza, il lettore (o la sua immaginazione) ha un luogo da abitare.


Leïla Chaix, selezionata alla Mostra illustratori 2014

Studiavo i visi dei miei colleghi, qualcosa si stava smuovendo. Errol van der Werdt ora stava difendendo il lavoro insieme a me: diceva che in quelle immagini il vuoto e l’assenza erano protagonisti vivi, e che in un’epoca saturata di tutto e di troppo, era un bel soggetto.
Ho usato la seconda cartuccia. Le ombre. La cosa più viva di questa città di cubi erano le ombre che le case proiettavano sul suolo. Il resto era molto geometrico, ma le ombre erano morbide, e cambiavano di tavola in tavola. Abbiamo messo le tavole in sequenza e abbiamo scoperto che c’era un sottile gioco narrativo, misterioso.
Intanto, la narrazione, essendo la città immobile, era fatta utilizzando solo la posizione della camera da presa (del punto di vista) che si allontanava e poi si avvicinava. Era interessante. Poi, nell’ultima tavola, c’era un colpo di scena: la camera faceva una grande carrellata indietro e scopriva un orizzonte dietro la città. Dietro l’orizzonte, sorgeva un sole. Emozionante riflettere su tutto quello che può significare quell’orizzonte…

Leïla Chaix, Francia

Ma c’era ancora una cosa che non convinceva Kitty Crowther: due tavole sembravano ripetersi identiche. Ho guardato meglio: non era possibile che l’illustratrice si fosse fatta un “cuculo” così con la grafite per fare due tavole identiche. Prestando attenzione mi sono accorta che alcuni particolari erano diversi. Era impercettibile al primo sguardo. Ma una scala non c’era. Un muro sbarrava un passaggio che, prima, era aperto. Un camino mancava. Ci è venuto un brivido. Cosa aveva di magico quella città abbandonata? Era viva e mobile? Poteva trasformarsi sotto lo sguardo del lettore come La palude definitiva di Manganelli sotto gli zoccoli del cavallo?

Leïla Chaix, Francia

Senza più dire nulla, abbiamo porto le illustrazioni verso le braccia di Deanna Belluti perché le appoggiasse sul tavolo dei sì.
Kitty Crowther, la sera, mi ha detto che in camera d’albergo aveva pensato ancora a quella città. Aveva immaginato una storia possibile con quelle immagini. Era convinta.

Un altro lavoro un po’ particolare che mi è piacuto è quello del lituano Rimantas Rolia, ma non sono riuscita a convincere nessuno degli altri giurati. Mi piaceva così tanto che è stato il mio Joker (avevamo ognuno un Joker da giocare, nel caso ci piacesse qualcosa che non convinceva nessun altro). Lo vedrete in Mostra. Ha qualcosa di modernissimo e tenero insieme. Peccato non avere altre fotografie da mostrarvi.

Rimantas Rolia, Lituania

Lo immagino per bambini molto piccoli. Mi seduce questo viso di animale stilizzato con pochi punti che si ripete in diversi contesti: diventa luna che spunta tra palazzi futuribili, un cartello, etc…
Se mi sforzo di ricordare come vedevo il mondo da neonata, mi sembra che lo vedessi così: cercavo sempre una faccia nelle cose, ma ogni volta mi sfuggiva, proprio come un muso di leone o di una luna dietro i tetti.
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate quando lo vedrete in Mostra o sul catalogo.

Ecco, finito. Nell’immagine qui sopra siamo in mezzo alla Mostra definitiva, distesa sui due tavoli. Siamo stanchissimi e soddisfatti fino all’ultima cellula.
Spero che questi post vi abbiano dato la misura della serietà con cui si svolge la selezione della Mostra Illustratori, ma anche della sua arbitrarietà (ogni giuria sceglie i suoi criteri, personalissimi, opinabili e per questo promotori di domande e dibattiti). Spero che vi sia venuta, come è venuta a me, voglia di mettervi in gioco e crescere come illustratori. E’ stata una delle esperienze più belle e arricchenti della mia vita.
Ci vediamo tra poco a Bologna! Farò una specialissima visita guidata della Mostra per i lettori delle FiguredeiLibri e siete tutti invitati.

APPUNTAMENTO CON LA GIURIA: La conferenza dei giurati, la premiazione e la consegna dei diplomi agli illustratori vincitori sarà mercoledì 26 marzo dalle ore 11 alle 13/13.30, al Caffè degli Illustratori. Vi aspetto e aspetto i vostri commenti!

La giuria della Mostra Illustratori 2014. Da sinistra, Isabel Minhos, Errol van der Werdt, Anna Castagnoli, Kitty Crowther

Un consiglio a tutti gli illustratori selezionati: aiutate gli editori e i blogger… Se non l’avete già, aprite al più presto un sito o un blog dove si possano trovare le vostre immagini (anche solo le 5 selezionate) e la vostra mail.

Forse può interessarvi leggere…
Il racconto di Isabel Minhos (Planeta Tangerina) sulla sua esprienza di giurata (in portoghese):
A BOLOGNA COME NAVIGARE (E NON NAUFRAGARE) IN UN MARE DI ILLUSTRAZIONI

Alcuni post di analisi del concorso di Bologna e della Mostra Illustratori 2013  che scrissi l’anno scorso:
UN’ANALISI DELLA MOSTRA DEGLI ILLUSTRATORI 2013: CHE COSA È LA REALTÀ?

MOSTRA ILLUSTRATORI DI BOLOGNA. COSA È, COME FUNZIONA. PARTE 2

MOSTRA ILLUSTRATORI DI BOLOGNA. ARTE, ILLUSTRAZIONE, INNOVAZIONE. PARTE 3
STILI DELL’ILLUSTRAZIONE, MODA E PERCEZIONE: COSA È IL GUSTO? PARTE 4

E questo post dove Paolo Canton (editore Topipittori) racconta la sua esperienza di giurato alla Mostra 2011:
HO DETTO «NO» NOVECENTOVENTI VOLTE AL GIORNO


Selezionare la Mostra Illustratori 2014. Diario del giorno 3: la discussione

READ ENGLISH TRANSLATION (thanks Sergio Ruzzier!)

Terzo giorno
La grande sala stava cambiando aspetto, i nostri movimenti erano concentrati intorno a pochi tavoli. Altri erano stati liberati per ospitare la selezione finale. In un’altra ala, in fondo, c’erano alcune persone che con grande attenzione raggruppavano i disegni scartati nei giorni precedenti e li mettevano dentro delle cartelle.
La Mostra doveva contare un’ottantina di illustratori, più o meno. Tra i 160 lavori con post-it sopravvissuti alla selezione dei giorni precedenti, dovevamo sceglierne, quindi, una settantina (una decina era già stata messa da parte perché aveva 4 post-it). Abbiamo iniziato il lavoro di discussione: il lavoro di un giurato non è avere delle preferenze ed esprimerle, ma è quello di tradurre, in un linguaggio chiaro e condivisibile, il perché e il per come di ogni sua singola idea, gusto o sensazione.

Il livello della discussione era altissimo. Avevamo argomenti convincenti e li usavamo con passione, eravamo anche un po’ agitati. Eravamo tutti e quattro così abili a difendere le nostre posizioni, che abbiamo rischiato di fare corto circuito. Dopo il terzo lavoro discusso, abbiamo deciso di fermarci per ritrovare la calma. E’ Isabel Minhos che ancora una volta ha trovato le parole giuste. Lo scopo non era far prevalere le proprie ragioni su quelle degli altri, e non era grave se qualcuno degli illustratori che piaceva a uno di noi non sarebbe passato. Non avremmo potuto avere la Mostra che sognavamo.
Credo sia stato in quel momento che è nata in me la sensazione forte che eravamo un gruppo, e che sarebbe stato quel gruppo a selezionare la Mostra, non ognuno di noi sommato agli altri. Questo significava mettere se stessi un po’ da parte. La Mostra sarebbe stata preziosa perché specchio di qualcosa che nessuno di noi avrebbe potuto prevedere prima del nostro incontro. Ed è andata così.

L’illustrazione cambia con un testo a fianco
Ci siamo ritrovati a sparpagliare illustrazioni per terra e inventare storie per capire se quelle immagini avrebbero funzionato bene dentro un libro per ragazzi, consapevoli che la presenza di un testo influenza tantissimo la percezione dell’immagine. A volte non c’era modo di capire con che storia sarebbero andate d’accordo le immagini: – Sono troppo cartoline, non momenti di una possibile storia! – diceva uno (con un po’ di rammarico se le immagini erano molto belle). – Potremmo affiancarle a delle poesie? –  Proponeva un altro, non troppo convinto. – E se le mettessimo nella categoria non-fiction? – No, non sono abbastanza descrittive, non possiamo. –  Passiamo al prossimo.


Un momento della discussione.

Un’illustrazione non è un quadro né un poster
Le immagini dovevano avere quelle caratteristiche che fanno sì che un’illustrazione sia un’illustrazione, e non: un poster, un quadro per un museo, un’immagine da rivista di tendenza. In un libro, ogni singola pagina è un momento di una storia, questo fa sì che l’immagine debba avere una certa leggerezza narrativa, essere, in qualche modo, un passaggio incompleto (sarà la sequenza di tutto il libro a completarla).

Un’illustrazione dalla Repubblica Ceca che vedrete in Mostra

Ma il linguaggio dell’illustrazione per ragazzi sta cambiando. Lo stile “nuove tendenze” di cui molti si sono lamentati nelle scorse edizioni della Mostra, non era solo responsabilità dei giurati. Era davvero difficile trovare delle modalità narrative classiche in quelle migliaia di immagini. Dovevamo trovare queste caratteristiche prestando orecchio ai linguaggi nuovi, e provando ad ascoltarli espressi in “lingue” che non conoscevamo (Iran, Giappone, Corea, Cina, Argentina…). Ci voleva tempo per capire, e lo prendevamo. A volte, leggevamo il titolo dell’opera dietro il foglio per essere aiutati maggiormente. Discutevamo moltissimo. C’era però una caratteristica che ci sembrava imprescindibile: l’abbiamo chiamata “entrare dentro“.

Una delle immagini che saranno in Mostra (non ricordo il nome dell’illustratore)

Entrare dentro un universo coerente e credibile
C’erano immagini dentro cui si aveva la sensazione di entrare (o, siccome le guardavamo dall’alto: cadere). Anche se avevano tinte piane e nessun gioco prospettico, ci chiamavano dentro e ci coinvolgevano.
Il mondo che vi era rappresentato aveva delle leggi tutte sue, magari assurde, ma coerenti. In qualche modo era un mondo credibile. Altre immagini, invece, restavano sul foglio, non ci sembrava dessero vita a un mondo. Più semplicemente, non leggevamo in esse (con l’espressione usata spesso da Kitty Crowther) un’anima.
Cosa, da un punto di vista stilistico, riusciva a contribuire a questa qualità un po’ misteriosa, è difficile dirlo; ma vi riassumo qui alcuni punti salienti che mi hanno inviato, nei giorni successivi alla selezione, Kitty, Isabel e Errol, per il brano collettivo che devo redigere per il catalogo:

  • Qualità della tecnica usata
  • Controllo dello stile: coerenza stilistica nelle diverse tavole, ritmo, capacità di mettere lo stile a servizio del messaggio
  • Ricchezza e varietà della composizione (piani, espressioni, dettagli, varietà delle espressioni emotive dei visi)
  • Onestà (non copiare stili già visti: un conto è avere referenze, altro copiare soluzioni trovate da altri ; non pretendere di essere o di dire qualcosa che non viene da un movimento profondo e sincero di sé. Scartavamo tutto quello che ci sembrava già visto, cliché)
  • Capacità di sperimentazione e ricerca di linguaggi innovativi
  • Storytelling, capacità di narrare qualcosa attraverso una o più immagini
  • Capacità di catturare il lettore: freschezza, energia; capacità di sorprendere, coinvolgere lo spettatore, financo disturbare
  • Capacità di empatia col mondo dei bambini e il loro bisogni di esagerazione, avventura, sentimenti profondi (con un’attenzione anche al genere maschile e femminile: ci siamo chiesti se i maschi hanno bisogno di illustrazioni diverse, più avventurose, forti, meno infiocchettate)
  •  Avere un contenuto “solido”: non avere la sensazione che si voglia nascondere qualcosa ai bambini, edulcorare la verità della vita
  • Attenzione alla relazione tra i personaggi
  • Abbiamo cercato di ascoltare il dialogo che ha avuto l’illustratore con la sua illustrazione, quali emozioni ha trattato, cosa voleva dire, in fin dei conti

 (Se volete, possiamo discutere e approfondire qualcuno di questi punti nei commenti a questo post).

Una delle immagini che saranno in Mostra (non ricordo il nome dell’illustratore)

Avevamo deciso che ognuno di noi aveva un Joker. Cioè, in un solo caso, avrebbe potuto far passare un illustratore anche se non piaceva a nessun altro. Ce lo tenevamo stretto e non volevamo giocarcelo subito. Era più divertente riuscire a spiegarsi e far cambiare punto di vista agli altri. Ci riuscivamo spesso. Bastava che uno di noi trovasse le parole giuste per dire perché un’immagine gli “parlava”, e zac!, capivamo. Cambiava proprio il nostro sguardo su quell’immagine. Era incredibile, per me, imparare così tanto. Anche gli altri giurati hanno avuto la stessa sensazione: di crescere, di imparare a spostare il punto di vista.
Era bello affidare i “sì” alle braccia di qualche organizzatore o di Deanna, sempre pronti dietro di noi. – E’ un sì? – Chiedevano pieni di speranza. E noi: – sì, sì,  è un sì! – , con un sospiro di sollievo, quasi porgessimo un neo-nato in salute. Piano piano, il tavolo che ospitava la Mostra si stava popolando di immagini.

Qualcosa che non stanca mai, che sfugge…
Molte immagini a cui alla fine abbiamo detto “sì” avevano questa caratteristica: non ci stancavamo di guardarle. Si ritornava volentieri, ancora e ancora, a interrogarsi su di esse. Non erano per forza perfette o bellissime, a volte avevano anche dei difetti. A volte, addirittura, non ci piacevano. Ma qualcosa come un quid che non si riusciva mai a chiarire del tutto dava loro una vibrazione, un’intensità, una forza, che non si esaurivano. Allora, dicevamo sì.

Il plagio
Un motivo di esclusione era quando si sentiva troppo presente, nell’immagine, un altro illustratore conosciuto. Abbiamo trovato: 3 falsi Géraldine Alibeu, 1 falso Maurizio Quarello, 1 falso Quentin Blake, così Quentin Blake che per un attimo ci è venuto il dubbio che fosse lui che usava uno pseudonimo per metterci alla prova, 2 falsi Beatrice Alemagna, 1 falso Isabelle Arsenault, 1 falso Jockum Nordström, e 2 falsi Wolf Erlbruch dalla Germania.
Per gli altri continenti, forse qualche falso-illustratore ci è scappato. Ma su quelli europei eravamo ferratissimi.

Ma. C’è un ma. A una tratto ci balzano davanti agli occhi 5 bambine giganti, una per foglio. Danzano, o semplicemente sono lì (non le ho fotografate). Hanno un occhio solo come dei ciclopi. Sono dolci, simpatiche, enigmatiche con quel solo occhio. Fresche. La tecnica con la quale sono realizzate è molto simile a quella di Beatrice Alemagna: simile modo di usare il collage, i colori, il segno. Ma in quelle figurine c’è qualcosa di nuovo e originale. Decidiamo che le vogliamo in Mostra. Vola la battuta: chi è poi che se la vede con Beatrice?! :)

Insomma, abbiamo pensato che non è detto che non si possa copiare un po’, se poi quello che si ha da dire è nuovo e originale.
(@ Beatrice: sii clemente!).

Il digitale
La percentuale di immagini in digitale era bassa. Forse il 10% . Per le prossime edizioni sappiate che la Fiera incoraggia la scelta di immagini originali, essendo il fine primo della selezione una mostra.  Ma, naturalmente, se la qualità era alta, non facevamo differenza. Il problema era che la maggior parte dei lavori era mal stampata, su fogli A3 sottili e stropicciati, con colori sbiaditi e pixel sgranati. Se volete partecipare con stampe digitali, stampate su carta di buona grammatura, possibilmente mat, e allegate i disegni preparatori, se ci sono. Di un’illustratrice inglese, abbiamo messo in Mostra i bozzetti preparatori che abbiamo trovato nella busta (gli organizzatori le chiederanno il permesso, ovviamente).

Gli illustratori già selezionati nelle scorse edizioni
C’erano molti illustratori che avevano già vinto nelle scorse edizioni della Mostra. In alcuni casi non ci convincevano. In altri ci convincevano ma andavamo a guardare nei vecchi cataloghi se avevano partecipato proponendo un’evoluzione nel loro stile. Se proponevano lo stesso stile identico, li scartavamo per lasciare più spazio a illustratori mai selezionati.

Il pranzo lo abbiamo saltato, abbiamo mangiato solo qualche salatino dal vassoio delle paste. C’era troppo lavoro. A me sembrava di esplodere di gioia: il lavoro critico che stavamo facendo è quanto più mi piace del mio mestiere. Il confronto e la condivisione messi a servizio di una comprensione sempre più profonda del linguaggio proprio dell’illustrazione per ragazzi, per definirlo, capirlo, venirne sedotti. Per una volta mi sono dimenticata del mio calo di zuccheri.

Nel prossimo (e ultimo) post vi parlerò nel dettaglio di alcune scelte fatte perché, a nostro parere, aprivano la strada a nuovi linguaggi dell’illustrazione. E poi concludo.
Leggi il seguito…

Leïla Chaix (Francia). Una delle immagini che saranno in Mostra

Selezionare la Mostra Illustratori 2014. Diario del giorno 2. I nostri criteri

Da sinistra a destra, i giurati della Mostra Illustratori 2014:
Anna Castagnoli, Isabel Minhos, Kitty Crowther, Errol van der Werdt

READ ENGLISH TRANSLATION (thanks Sergio Ruzzier!)

Secondo giorno
Alle cinque del mattino, in albergo, un pensiero mi ha tirata via dal sonno: presa dall’eccitazione dell’invito a Bologna, mi ero completamente dimenticata di pensare a che senso aveva per me, davvero, essere giurata di una mostra così prestigiosa. Ho provato a riaddormentarmi, ma niente. Pensavo a cosa aveva rappresentato per me l’illustrazione, il blog e tutto quello che mi aveva portata lì. Pensiero dopo pensiero sono arrivata a una me di sette anni, mentre sfogliavo un libro di immagini. Quella meraviglia primitiva, assoluta, di avere tra le pagine un mondo tutto per me, abitabile e rivisitabile se non avevo capito qualcosa. I libri illustrati mi avevano aiutata. L’infanzia non è quel regno felice che molti credono. Ecco, il senso vero di essere lì, per me, era quello: avrei difeso immagini preziose.

Una delle immagini che saranno in Mostra (non ricordo il nome dell’illustratore, giapponese)

Così, alle otto, sono scesa a colazione e trovando Kitty già seduta ho attaccato a parlarle, fitto fitto, dell’importanza di dare ai bambini una cultura vera e profonda (a Kitty Crowther! una delle più coraggiose illustratrici del mondo, “premio nobel” dell’illustrazione, lo stavo dicendo…) e della grande responsabilità che avevamo come giurati, con la sicurezza che dietro i suoi grandi occhi spalancati si nascondesse il pensiero: questa, è matta.
Invece no, ha aspettato che finissi e ha iniziato a raccontarmi il suo sogno. Aveva sognato che eravamo noi a dover essere giudicati per dei dolci che avremmo dovuto cucinare (!).

Quando Isabel e Errol sono arrivati, abbiamo continuato il discorso; Isabel si è illuminata di colpo: “Ai bambini dobbiamo parlare di quello che è importante per noi, non creare una cultura su misura per loro”. Ha detto, più o meno. Errol, pragmatico, ha parlato dell’importanza di insegnare ai bambini la capacità di cambiare punto di vista: è questa l’essenza della creatività. Il mondo di domani sarà salvato da persone creative, capaci di abbordare i problemi da più punti di vista.
La lingua di scambio oscillava tra il francese e l’inglese. Io gongolavo per la nostra sintonia: non potevo sperare in colleghi giurati più squisiti.
Poi abbiamo guardato l’ora ed era tardissimo, l’autista della Fiera ci aspettava.


Una bellissima immagine tra quelle vincitrici. Non ricordo il nome dell’illustratore, giapponese.

Quando siamo arrivati in Fiera, abbiamo finito i tavoli che restavano dal giorno prima. Ormai, la grande sala mi era diventata familiare. All’idea di un altro lungo giorno di lavoro mi sentivo quella stanchezza felice nelle braccia che si prova quando si fa un lavoro fisico all’aria aperta. Ma con la sensazione, adesso, di dominare meglio gesti ed emozioni.

La stesura dei criteri
Finiti i tavoli, erano già le undici. Gli organizzatori ci hanno detto di sederci a tavolino, prenderci un’ora e buttare giù i criteri con cui la nostra giuria avrebbe selezionato la Mostra. Non avevamo obblighi di sorta verso nessuna nazione, categoria Fiction o Non Fiction, o altro. Eravamo liberi di inventare la nostra Mostra, così come la volevamo.
Ci siamo guardati e ci siamo sorrisi. Nell’essenza, i criteri, li avevamo già! Abbiamo trovato una parola che li riassumeva tutti: onestà.

Avremmo privilegiato le illustrazioni dove si sentiva che l’illustratore si era messo in gioco, cercando di dire qualcosa di importante per lui. Qualcosa di sincero, personale, al di là delle mode.
Errol ha sottolineato la difficoltà di mettere a confronto illustrazioni estratte da libri, da altre inedite, da altre create in sequenza per il concorso. Così, abbiamo deciso che ci saremmo comportati come editori che ricevono una valanga di immagini diverse: avremmo valutato se le immagini potevano dar vita a un libro illustrato per bambini.

Roberta Chinni, direttrice della Fiera, ed Errol van der Werdt, durante la stesura dei criteri

Roberta Chinni ci ha spiegato che la Fiera accoglie editori che lavorano per una fascia di età che va da 0 fino a 16 anni circa. Bene. Avremmo scelto le migliori immagini per libri per ragazzi da o a 16 anni, sulla base della sincerità con cui erano state fatte e della novità che portavano nel panorama internazionale (se pensate che abbiamo scartato un illustratore che aveva realizzato 5 tavole s.t.u.p.e.n.d.e, ma in tutto identiche a un lavoro che avrebbe potuto essere stato fatto a fine ‘800, vi rendete conto dell’importanza dei criteri).
Poi: la tecnica doveva essere buona, ma non svettare civetta a scapito della spontaneità del messaggio.
Poi: sopra una certa soglia di qualità (abbastanza chiara a tutti e quattro) avremmo privilegiato  immagini in cui sentivamo che l’illustratore aveva preso un rischio.
Altri criteri li avremmo defniti durante il lavoro di selezione.

Una delle immagini che saranno alla Mostra, piaciuta all’unanimità (non so il nome dell’illustratore)

Prima di andare a pranzo, abbiamo risposto ad alcune domande dei ragazzi del MiMaster, venuti a conoscerci.

Satoe Tone, vincitrice del premio Fondazione SM 2013

A tavola, con piacevole sorpresa, ci aspettava Satoe Tone, che era lì per lavorare al libro con la Fondazione SM (il premio SM comporta i famosi 30.000 euro ma anche la realizzazione di un libro che viene poi presentato alla Fiera dell’anno successivo in anteprima assoluta. Satoe ha vinto il premio l’anno scorso). Deliziosa.

Dopo pranzo, gli organizzatori ci hanno riforniti di post-it colorati. Ognuno di noi aveva un colore. Il primo passaggio sulle 200 e passa illustrazioni ancora in gara avremmo dovuto farlo da soli, esprimendo il nostro giudizio così: con un post-it intero se eravamo sicuri al 100% , un post-it a metà se avevamo dei dubbi, e nessun post-it se il lavoro non ci convinceva più.

Alla fine, avremmo visto quali immagini avevano 4 post-it e potevano già essere messe da parte per la Mostra, su quali avremmo dovuto discutere per convincere gli altri giurati o lasciarci convincere, su quali nessuno voleva più discutere.

Con mia grande sorpresa, girare tra le immagini con i criteri in testa, cambiava il mio modo di guardarle. Non era più solo “mi piaceâ€, ma: “era sincero l’illustratore o voleva solo piacere?â€, “mi sarebbe piaciuto quando avevo otto anni? O tredici?â€, “E’ un lavoro dove si è cercato qualcosa di nuovo”?
Era importante (e difficile) cercare di ascoltare la sincerità espressa in lingue e stili molto lontani da quello europeo, perché c’erano 191 paesi in gara.

Una decina di illustratori (forse anche meno) hanno ricevuto 4 post-it tutti interi.
Erano tavole che già al primo sguardo, il primo giorno, ci avevano convinto senza esitazioni.

Le abbiamo disposte su due lunghi tavoli liberi. Che sconforto! Era la più piccola mostra di illustrazione mai vista. Ci siamo consolati accarezzando con lo sguardo tutte le illustrazioni con tre post-it: un’altra decina. Solo venti illustrazioni su cui eravamo quasi tutti d’accordo? E le altre? Come avremmo fatto ad arrivare a ottanta? Ma erano quasi le sette di sera ed eravamo stanchissimi. Io sognavo una doccia bollente e la cena. Chi mi conosce sa che faccia ho quando ho fame. Per mia gioia, siamo stati trattati come principi: non facevo in tempo a diventare pallida che l’indispensabile Deanna Belluti arrivava da dietro con un vassoio, chiedendo distrattamente: chi vuole una pasta?

Se ora devo scegliere un’illustrazione, tra quelle che avevano ricevuto 4 post-it, per darvi un esempio palpabile della nostra unanimità, scelgo questa di Arianna Vairo. La forza e la freschezza dei suoi lavori è impeccabile, il coraggio e l’onestà, fuori discussione.

Un’immagine di Arianna Vairo, che vedrete in Mostra.

Nel prossimo post, vi racconterò la terza giornata, che è stata la più bella. Quando abbiamo dovuto iniziare a discutere sul serio e appassionatamente dei “perché sì” e “perché no” di ogni gruppo di illustrazioni.
Leggi il seguito…


Selezionare la Mostra Illustratori 2014. Diario del giorno 1. I giurati si conoscono

Una premessa a tutti gli illustratori non selezionati: una giuria esprime un giudizio a sua immagine e somiglianza, non è un giudizio assoluto. Un’altra giuria avrebbe forse fatto scelte diverse. Quello che segue è il racconto delle nostre scelte: lo condivido perché mi sembra contenere riflessioni preziose sull’illustrazione e i suoi linguaggi.

READ ENGLISH TRANSLATION (thanks Sergio Ruzzier!)

Dovevamo essere 5, come sempre nella giuria della Children’s book fair, ma a Nadine Touma, dal Libano, purtroppo, non hanno concesso il visto. Così ci siamo trovati in 4, e tutti europei. La sera del primo incontro, il 12 gennaio, siamo andati a cena insieme agli organizzatori della Fiera. La selezione sarebbe iniziata l’indomani, per durare tre lunghi giorni.


da sinistra a destra: Errol van der Werdt, Kitty Crowther, Isabel Minhos, Anna Castagnoli

Eravamo:
Kitty Crowther, premio alla carriera ALMA 2010. Durante la cena, Kitty ci ha raccontato per filo e per segno il giorno in cui ha ricevuto Il premio (500.000 euro), ed era ancora emozionata.
Isabel Minhos, editrice di Planeta Tangerina, la casa editrice portoghese che l’anno scorso ha ricevuto il premio BOP dalla Fiera di Bologna come miglior editore europeo: silenziosa, con due occhi attenti e penetranti nascosti dietro occhiali dalla montatura scura.
Errol van der Werdt
, direttore del museo olandese Textilmuseum, dove arte e ricerca tecnica in campo tessile si uniscono dando vita a vestiti che cambiano colore a seconda dell’umore, o a ponti di filo sottile. Un uomo con una cultura umanistica e artistica di sterminata raffinatezza, ma che si affacciava al mondo dell’illustrazione per la prima volta.
Ed io, Anna Castagnoli, che credo di aver ricevuto questo prestigioso invito per quello che ha significato il lungo lavoro de LeFiguredeLibri in tutti questi anni (devo quindi ringraziare anche voi, cari lettori).

Il mix è risultato esplosivo, in senso buono, ma abbiamo anche avuto chiaro quanto possa essere sottile il confine tra collaborazione costruttiva e tensione. Per fortuna, siamo stati tutti accomunati dal desiderio di promuovere ciò che abbiamo creduto dei valori: difetti, caratteri e fatica personali sono stati messi in coda.

Ma iniziamo dall’inizio. La mattina del 13 gennaio le porte del padiglione 18 della Fiera di Bologna si sono spalancate offrendoci il panorama mozzafiato di un immenso hangar stracolmo di lunghissimi tavoli, stracolmi di illustrazioni. Per l’esattezza: 15940 illustrazioni, per un totale di 3188 illustratori partecipanti da 191 paesi del mondo. Ci è venuto un colpo: come avremmo fatto a valutare tutto in soli tre giorni?
Per fortuna, l’esperienza degli organizzatori, materializzata nella figura di Deanna Belluti, una signora franco-italiana elegante, gentilissima, ma dal polso fermo, ci ha assistiti: senza la sua guida decisa e sapiente non ce l’avremmo mai fatta.

Ore 9: ammirare in solitudine
Il primo consiglio ricevuto è stato quello di prenderci, ognuno per sé, un’ora e mezza abbondante per girare tra i tavoli e farci un’idea soggettiva delle opere in concorso

Io sono partita subito per l’avventura. I tavoli erano divisi per paesi, per opere pubblicate e non pubblicate, per scuole. Il tono generale dei lavori, lì per lì, mi è sembrato alto e pieno di sorprese. Avevo quella sensazione nel petto che si prova quando si è innamorati: una felicità assoluta girare in quell’oceano di immagini; mi sembrava di nuotare tra frammenti di luce e colore. So bene quanto ogni illustrazione è, per l’illustratore che l’ha realizzata, un frammento di sé. Quante emozioni salivano da quei tavoli!

C’erano 4 lunghi tavoli dove erano stati raggruppati i disegni considerati non idonei alla selezione: una pre-selezione effettuata dai grafici della Fiera per aiutarci a smaltire un po’ il lavoro. Ma non dovete pensare che quei lavori fossero scartati: erano in ordine e ben disposti come tutti gli altri e siamo stati invitati a visionare con cura anche quelli, per assicurarci che non ci fosse qualche illustratore finito lì per sbaglio.
La preselezione era stata fatta con scrupolo. Molte immagini non erano illustrazioni: tanti tatuaggi, scarabocchi, dilettanteschi ritratti. Da subito Kitty, Isabel e io siamo state prese dalla smania di “salvare” gli illustratori finiti in quel gruppo. Ne abbiamo trovati una decina in tutto, ma è stato più l’entusiasmo del salvataggio che un buon occhio, perché, se non ricordo male, nessuno di quei dieci ha poi passato la selezione finale. Il viaggio in solitario è durato quasi due ore. Alle 11 abbiamo fatto una pausa caffè e ci hanno spiegato la seconda tappa.

 

Ore 11: il gruppo si riunisce per la prima selezione
Dopo il caffè, ci hanno invitati a cominciare il lavoro di gruppo. Insieme, saremmo dovuti passare per i tavoli e, per ogni gruppo di immagini che ritenevamo non idonee (ricordo a chi non conosce questo concorso che ogni illustratore deve inviare 5 tavole), “girare” (mettere a pancia in giù) il primo disegno della pila: significava che l’illustratore era fuori concorso. Abbiamo deciso che se anche uno di noi aveva un solo piccolissimo, vaghissimo dubbio, lasciavamo l’illustratore in concorso. In caso contrario, avremmo girato l’immagine. Da questa tappa non si tornava indietro: non avremmo più potuto ripescare i disegni girati.
Siamo stati quindi scrupolosissimi: al minimo dubbio passavamo oltre senza “girare”. Siamo stati attenti, ma veloci. Dandoci i turni, aprivamo le 5 immagini, se nessuno diceva nulla, giravamo la prima. C’era una soglia minima di qualità che era chiara a tutti e quattro, senza neanche doverne discutere.

Kitty e io ci siamo contese la smania di aprire e toccare le illustrazioni. Isabel faceva puntali e precisissimi commenti. Errol ci seguiva senza dire niente: in mattinata aveva dichiarato che durante il primo giorno avrebbe preferito ascoltarci.
Uno di noi chiedeva: giro? E gli altri rispondevano: sì. Qualche volte qualcuno diceva: Aspetta! Ho un dubbio, val la pena guardarlo con più calma. E passavamo oltre senza girare. Dopo qualche ora, anche Errol ha cominciato a esprimere qualche parere, chiedendo di lasciare in gara qualche illustratore che aveva adocchiato: con sollievo ho visto che il suo sguardo sul linguaggio dell’illustrazione era molto più acuto di quanto avevo temuto in un primo momento. Anzi, aveva un occhio di lince: le poche immagini che ha scelto avrebbero poi passato anche la seconda selezione. Ma questo non lo sapevamo ancora.
Alle sei di sera, dopo molte ore di lavoro, non avevamo ancora finito i tavoli. Ci siamo guardati intorno: una strage.

Alla fine della giornata su 3188 illustratori ne erano rimasti “in gioco” circa 260. Tra questi 260, solo un’ottantina avrebbero raggiunto il traguardo finale.

La sera, in albergo, ho provato una certa pena per tutte quelle immagini “girate”. In molte si vedeva il potenziale, ma non bastava. Magari c’era un’immagine buona, ma le altre 4 non abbastanza. Certe volte, avremmo voluto incollare sui fogli un bigliettino indirizzato al giovane illustratore per dirgli: non mollare!
Mentre visionavo tanti lavori, mi sono rivista, molti anni prima,  andare a ritirare le mie illustrazioni allo stand della Fiera, mogia mogia e delusa della non selezione: mi ricordo che mi sembravano belle, le mie tavole. Perché non avevano vinto? Ora, dopo molti anni passati a guardare illustrazioni e libri, girando tra quei tavoli, capivo il perché: non passavano la soglia minima di qualità. Erano dilettantesche, scolastiche, retoriche, anatomicamente imprecise, tecnicamente mal realizzate, digiune di un linguaggio stilistico proprio dell’illustrazione per bambini che deve essere (almeno un po’) digerito e capito. Erano un inizio.
(Approfitto di questo post per dirvelo: non mollate! Abbiamo visto bellissime cose a cui mancava solo un po’ di lavoro e di esperienza!).

Dietro di noi, potete vederli nelle foto qui sopra, gli editori della Fondazione SM (Spagna) passavano per cominciare a farsi un’idea della futura Mostra. Saranno loro che affideranno il premio di 30.000 euro al miglior selezionato under 35, scegliendo per l’occasione una apposita giuria.

Nel prossimo post vi racconterò che criteri abbiamo usato per la seconda selezione…
Leggi il seguito…