Una riflessione personale sull’attentato a Charlie Hebdo

The Dead Bird. By Margaret Wise Brown e Remy Charlip, 1958

Sconvolta, come tutti, dal massacro di Charlie Hebdo, non posso riaprire il blog senza fermarmi a riflettere sulla responsabilità che abbiamo noi tutti, e in particolar modo noi che ci occupiamo di cultura dedicata ai bambini, o di bambini, verso quello che è successo.

Non voglio ridurre la complessità e l’enormità di questo attentato ad una dimensione individuale e psicologica, ciò nonostante, è un ricordo personale quello che è sorto durante le ore dell’assedio a Vincennes e Dammartin.
Prima di diventare autrice e illustratrice, sono stata responsabile per qualche anno di un centro che si occupava di dare accoglienza a donne senza dimora, a Genova.
Quando abbiamo aperto il centro ci aspettavamo di ricevere le ‘barbone’. Invece, la maggior parte delle donne che arrivavano, erano ragazze di diciotto anni. Avevano passato l’adolescenza, e spesso l’infanzia, in un qualche istituto statale: diventate maggiorenni, non potevano più essere accudite dallo Stato e arrivavano da noi.
Leggendo la storia dei fratelli Kouachi, rimasti orfani giovanissimi (un educatore che li aveva in carico in un istituto poco dopo che avevano perso la madre, li ha descritti come due ragazzini educati, molto legati tra loro, persino motivati nello studio), ho ripensato alle ospiti del dormitorio che dirigevo, alle loro storie, così simili.
Mi ricordo l’espressione dei loro visi – a tavola, o durante una partita a carte, o parlando di un fatto accaduto durante il giorno –  quando mettevano da parte, per un attimo, la corazza che li faceva imbronciati, sussiegosi, impenetrabili: una vertigine di paura e solitudine.
Un vuoto siderale di riferimenti, di affetti, di prospettive sulla vita che avevano davanti. Ma anche il bisogno disperato, ormai agli sgoccioli, di potersi ancora fidare di qualcuno. Di poter essere accolte, adottate, viste, riconosciute nella loro unicità.
(A proposito di questa ‘adozione’ mancata e sulle sue conseguenze, vi invito a guardare la bellissima conferenza dello psicanalista Massimo Recalcati intitolata L‘amore malato).

È facile pensare che i fratelli Kouachi e Coulibaly fossero dei terroristi, dei barbari, delle bestie. Lo sono diventati, forse.
Ma è così facile, chiamandoli bestie, terroristi, barbari, metterli in una casella a parte; una casella lontana da noi anni luce; da noi giusti, da noi dalla parte dei giusti, mai razzisti, sempre tolleranti verso i punti di vista e le idee diverse dalla nostra (davvero?).
Più difficile sarebbe avere tra le mani una loro fotografia a quattro, cinque o sei anni. Incontrare i loro occhi di bambini: gonfi, come tutti gli occhi dei bambini, di domande, di sete di capire, di bisogno di affetto specifico, non generico. Di affetto per quella faccia lì e non un’altra.

Ho provato dolore per l’iperbole impazzita della vita di quei tre bambini: Chérif, Said, Amedy, che si è portata dietro così tante vite inestimabilmente preziose, la loro inclusa. Dolore e tardiva impotenza.
“Finché un uomo ti incontra e non si riconosce”, scriveva Fabrizio De André. Se solo qualcuno li avesse riconosciuti in tempo.

 

Anna Castagnoli


Buon inizio 2015 a tutti!

Ci ritroviamo tra pochi giorni.
Anna

 


Buone feste a tutti! Ci ritroviamo il 12 gennaio

Carissimi,
un saluto caro e Buone Feste a tutti voi.

Anna

Philip Giordano

Tendenze editoriali dalla Francia: i libri più belli. parte 2 (ultima)

Come vi raccontavo nel post della scorsa settimana, a lato di un revival di libri vintage e antichi, l’album contemporaneo è alla ricerca di nuove forme narrative. Un po’ come è successo al romanzo, con esisti più o meno riusciti. Vediamo alcuni esempi tra le novità presenti al Salone di Montreuil 2014.

Inizio dai miei due libri preferiti di quest’anno, in qualche modo simili. Entrambi hanno come tema centrale la paura. Entrambi rielaborano una tensione narrativa tra antagonisti proverbiali: il leone e il topo; il gatto e i topi. Entrambi usano il finale per sorprendere il lettore e costringerlo a rivisitare il senso della storia letta.
Il mio premio ‘simpatia assoluta’ va a  Voilà le chat! di Vladimir e Frank Asch. Quello ‘raffinatezza narrativa e poesia’ visuale a La chambre du lion di di Adrien Parlange.


Voilà le chat! (Arriva il gatto!). La stranezza narrativa di questo album è il testo. Un fumetto in tre lingue: francese, russo, inglese, che dice solo «Arriva il gatto!» e lo ripete instancabilmente per tutta la durata della storia. Sono le immagini a reggere la narrazione, il testo è una sorta di puntello, di manifesto, che crea la tensione. L’ultima immagine, l’arrivo del gatto, ridefinisce tutto il senso semantico del testo: abbiamo creduto, fino a quel momento, che il testo fosse un allarme, e non lo è.
Bellissimo anche il mélange tra l’ambientazione delle scene, quasi ottocentesca, e la freschezza stilistica dei personaggi, vicina al fumetto (Maus di Spiegelman).
(L’edizione originale è del 1989. È stato edito da Orecchio Acerbo nel 2013: Arriva il gatto!)

Voilà le chat!, Vladimir e Frank Asch, Cambourakis 2014

La chambre du lion (La camera del leone) è l’esplorazione di uno strano geroglifico: quello che compare nell’ultima pagina del libro, quando la luce si spegne. Anche qui l’ultima immagine ridefinisce il senso del libro.
Il testo parla di un bambino che decide di visitare ‘la stanza del leone’ perché il leone è assente. Non è un incipit di incredibile forza narrativa? Un topo, esopiano antagonista del leone, scappa quando sente entrare il bambino. (Vi ricordo che nella fiaba favola di Esopo il leone e il topo scoprono che è meglio essere amici che nemici).


A sua volta, il bambino sente un rumore e, spaventato, si nasconde. Sono i passi di un altro bambino che si è avventurato nella stanza. Così via, in una somma sempre più esponenziale di bambini e animali che entrano a curiosare la stanza del leone, sentono un rumore, e poi si nascondono.
Stampi che sembrano decorazioni di pagine miniate o geroglifici separano gli avventori. Questi margini sono il nascondiglio caldo e segreto che ogni bambino conosce per aver giocato a nascondino (l’emozione di essere separati, tramite una membrana sottile, dal mondo esterno; l’intimità del buio; il desiderio e la paura di essere scoperti).
Parentesi quadre, graffe, confini: metafore della paura dell’Altro, della pelle che ci separa dal mondo.


Ma piccoli errori di stampa (lo stampo della paura è sempre lo stesso, a furia di ripeterlo si consuma), sbavature, buchi, permettono piccole avventure di contatto, esplorazioni, scoperte. L’errore di stampa, come l’imperfezione, è una porta che si apre: verso l’imprevisto, verso l’esplorazione di nuovi significati.
A un tratto ritorna il leone, si mette a letto, ma guardando la stanza si accorge che qualcosa è cambiato. Lo specchio non è più al suo posto, un oggetto dondola, il suolo trema impercettibilmente. Capita così quando l’Altro, l’estraneo, entra: lo specchio non ci riflette più con precisione, qualcosa si muove.


Anche il leone si spaventa e si nasconde. Lui, che era l’oggetto della paura di tutti. Si rincantuccia ben bene sotto le coperte.
È a questo punto che torna il topo. Dice il testo. Tutto è tranquillo, la tenda è tirata, non un solo suono. Anche il topolino si infila sotto le coperte e la luce si spegne. L’ultima immagine sintetizza e immobilizza in un Segno tutti i personaggi. Gli occhi ben aperti. Il topolino in bianco. Sarà lui a rodere i margini come nella fiaba di Esopo?
Un libro straordinario, sensibile, davvero nuovo sul piano della narrazione.

Vediamo altri esempi.
Nel suo ultimo libro, La belle vie, Floc’h (qui trovate un libro di Floc’h che avevo analizzato), fa entrare la bambina dal sipario che separa il lettore dal libro, come quando un attore chiama a salire sul palco uno del pubblico. È il lettore stesso a essere chiamato a salire sulla scena e costruire la storia insieme al protagonista.
«Non restare là, vieni, raggiungimi dentro la pagina». «Ecco, faremo questo libro insieme, si intitola “La belle vie”».

Floc’h, La belle vie, Seuil Jeunesse 2014

Come spiego spesso ai miei alunni (e anche qui: Coinvolgere il lettore parte uno, due, tre), la relazione attiva con il lettore è uno dei modi in cui l’album sta cercando di fare concorrenza alla ricchezza di interazione che i bambini hanno, ormai quotidianamente, con tablette e dispositivi vari, attraverso giochi o applicazioni.
L’album cartaceo risponde a questa nuova necessità: o dando un universo completamente altro (lento, silenzioso, contemplativo – penso al sublime L’oiseau sur la branche di Anne Crausaz), o trovando il modo di stimolare e sorprendere il lettore (idee narrative nuove, pop-up, occhiali colorati…).

Anne Crausaz, L’oiseau sur la branche, Memo éditions

Ci si prova con libri gioco, come il Livre tapis d’activité (Libro tappeto di attività) di Bruno Gibert, o con occhiali colorati che permettono di far scomparire alcune immagini del libro.


Livre tapis d’activité, Bruno Gibert, Actes sud
Ana Pez, Mon petit frère invisible, Agrume éditions

Molti i libri senza testo, per adulti o bambini, presentati negli stand. Uno dei più interessanti, soprattutto per il ritmo, è La chasse (La caccia) di Margaus Othats, nel quale una bambina cerca di costruire un animale con dei sassi, regolarmente fatti esplodere dai cacciatori che entrano in scena. La violenza della distruzione contro la forza della creatività.

Marguerite Othats, La chasse, Magnani 2014

La cosa divertente è che questo gran darsi da fare dell’album nell’era del digitale è incomparabilmente più ricco del poco che si è fatto con il libro digitale (o narrazione digitale). Lo stand dei libri digitali (sgabellini con alcuni Ipad sui quali il salone aveva selezionato una decina di app) era poveruccio di idee. A parte Botanicula, che è una App davvero interessante per l’equilibrio che trova tra narrazione e gioco, e la bellezza grafica e morbida di Petting Zoo di Cristoph Niemann, non c’era nulla, a mio gusto, di davvero interessante. Potete esplorare le novità digitali voi stessi sul sito che il salone ha dedicato loro: POPAPP.

Petting zoo, Chrstoph Niemann

E per chiuedere in bellezza, ecco un video realizzato da Anna Martinucci e me sul Salone, con molti illustratori che firmano i libri (in Francia sono come star).

Arriva il gatto!
di Frank Asch e Vladimir Vagin
Un gatto arriva nel paese dei topi.
12,75 Euro
La chambre du lion
Adrien Parlange
Chi ha paura della stanza del leone?
13,79 Euro
L’oiseau sur la branche
Anne Crausaz
112 pagine di oura poesia tra i rami
20,66 Euro

Mano a Mano N4: Gloria Pizzilli

Come nella migliore tradizione pittorica orientale, il gesto è tutto. Nella puntata Numero 4 di Mano a Mano Gloria Pizzilli ci mostra come la pressione e l’inclinazione del polso possono da sole costruire una figura riconoscibile, con tanto di ombre e vibrisse.

Gloria Pizzilli, toscana classe 1983, vive e lavora a Toulouse, in Francia. Laureata magna cum laude al biennio di specializzazione in Product Design all’ISIA di Firenze, Gloria entra da autodidatta nel campo dell’illustrazione nel 2009.
Nell’approccio all’immagine cerca il giusto equilibrio tra metodo scientifico e gesto istintivo, tra geometria pura e movimento fluido.
Tra i suoi clienti: The New Yorker, The New York Times, Wired Italia, GQ USA, La Stampa, Eli Edizioni, Feltrinelli, Teatro alla Scala.

Gloria Pizzilli
Gloria Pizzilli, schizzo
Gloria Pizzilli, schizzo
Gloria Pizzilli

 


Tendenze editoriali dalla Francia (Montreuil 2014). Parte 1

Premessa: in questo post e nei prossimi vi parlo di ‘tendenze’. Questo non significa che, a lato di queste tendenze, la produzione editoriale non continui ad essere ricca di sfumature e diversificata.

Lo stand delle libreria antiquarie Michel Noret e Les libraires associé, sul Salone di Montreuil 2014

È il suo canto del cigno? O il suo senso più profondo che si precisa? Il libro illustrato nell’era digitale si impone per il fatto di essere fatto di carta, e fatto da mani, e fatto per essere sfogliato con grandi bracciate.
Pagine stampate su carta di alta qualità, grandi formati, lettering realizzato a mano, colori vivi in pieno revival anni 60, colori vintage anni 20 e 30. I libri esposti al Salone di Montreuil di quest’anno avevano un gusto d’antan. Come se, davanti alla minaccia di essere trasformato in byte o pixel, il libro illustrato stesse sfoggiando tutto il suo patrimonio artigianale, storico e materico.
Parallelamente a questo sfoggio colorato di blasoni, cerca forme narrative nuove; ne vedremo alcuni esempi nei prossimi post.

Blexbolex 2014

Non è un caso se proprio quest’anno è stato allestito al secondo piano del Salone, per la prima volta, lo stand di due delle migliori librerie antiquarie di libri illustrati di Parigi: Michèle Noret e Chez les libraires associé.
Chi segue i ‘quartieri alti di Pinterest’ (definizione simpatica del direttore di Adelphi) sa che negli ultimi due anni il vintage  o antiquariato editoriale (un certo gusto grafico e cromatico dei primi decenni del 1900) ha preso sempre più piede, fino a diventare moda.


La produzione editoriale sembra essersi adattata e ha sfornato libri che si fa fatica a distinguere dai loro bisavoli di inizio ‘900. Quest’anno, in particolare, c’è un gran revival del gusto cromatico e grafico degli anni ’60.

L’Arrière-pays, Blexbolex, Orbis Pictus 2014

Blexbolex è Blexbolex, può permettersi qualsiasi cosa e resterà sempre moderno. La bellezza non ha tempo né mode.
Mentre altri esperimenti mi lasciano perplessa. Nathalie Lété in La promenade de la petite fille, libro di cui molti parlavano sul Salone (meccanismo pop-up firmato Marionne Bataille), sceglie di riprendere un certo gusto kitsch anni 50 e riesplorarlo con le note horror-pop di Atak; senza riuscire, secondo me, nell’operazione: al cocktail perfetto manca una punta di ironia.

La promenade de la petite fille, di Nathalie Lété, Les fourmis rouges 2014

Qui sott, The Garten, di Atak; Kunstmann 2013.

Atak, The Garten, Kunstmann 2013

L’album qui sotto, ‘original kitsch’, esposto nella vetrina dei libri antiquari del Salone: Rojankovsky 1941.
Girando per i vari stand, non si capiva più quali album erano contemporanei, quali riediti, quali antichi.

Mother Goose, Feodor Rojankovsky 1941

Moltissimi i libri vintage riediti: oltre ad alcuni titoli e giochi dell’illustratore e designer di giocattoli Shapur (vedi questo post), bellissimi i due album di Ipcar Dahlov, pubblicati negli anni 60 da Alfred A. Knopf e oggi riediti da Flyng Eye Books
(Orecchio acerbo ha tradotto in Italiano il primo: L’uovo meraviglioso, mettetelo nella lista dei regali di Natale perché merita).

Dahlov Ipcar
Un puzzle di Shapur riedito

La tendenza più eclatante è quella del lettering: fatto a mano, colorato, diversificato nella stessa pagina in diverse famiglie di caratteri, arabescato: l’importante è che non sia banale.
Il lettering fatto a mano in epoca digitale prende il senso di un manifesto culturale. Ecco alcuni esempi:


Qui sotto, il lettering di copertina di un libro fotografato nello stand di libri antichi. Nos frères d’Amerique, Arnoux 1917.

Ritorna il gusto per gli erbari, i bestiari, i libri-catalogo di oggetti. A dozzine. Era impressionante girare tra i diversi editori francesi e vedere tanti titoli simili. Seicenteschi cabinet de curiosité, stanze da collezionisti, wunderkammer. Come se lo spaesamento dell’epoca in cui viviamo, così rivoluzionaria per tutto quello che riguarda la bioetica, la scienza, la tecnologia, esigesse una nuova catalogazione. “Il bello, il raro, il bizzarro insieme”, come recita il catalogo Actes sud parlando del suo Cabinet de Curiosités.
In Chimère Génétiques (Poissons soluble) si tentano innesti tra embrioni e piante di lino. Esperimenti genetici. Chimere spaventose o allettanti, catalogazioni eretiche o futuribili: al lettore dare il suo giudizio.

Cabinet de curiosité, Actes sud

Chimère Génétiques, Le Poissons soluble

Animalium, Autrement Jeunesse
Cahier de Chimères, Actes sud

Ah! Cosa ci fa in questo post il bestiario di Charles Harper del 1961?! Intruso.
Segue…

Charles Harper, Golden Press, New York, 1961