Ciao papà dei Barbapapà, buon viaggio

Il 19 febbraio scorso è morto a Parigi Talus Taylor, marito di Annette Tison. Talus e Annette, insieme, hanno dato natali e vita a una delle famiglie più belle della storia dell’illustrazione: I Barbapapà.
Per salutare Talus Taylor e rendergli un tardivo omaggio con un post, vorrei condividere con voi il ricordo di un suo libro.
Avevo sette anni circa quando mi regalarono Barbapapa’s ark. Non ricordo se fosse il primo libro o uno dei tanti con i Barbapapa come protagonisti, fatto è che diventò in fretta uno dei miei preferiti.

Barbapapa’s ark (L’arca dei Barbapapà) racconta di una fuga dei Barbapapà dalla terra.
Nelle prime scene, La famiglia vive felice in una terra simile a un paradiso terrestre: tutto è luce, colori, alberi da frutto e lieve brezza sulla loro nuca tonda. Nuotano, dipingono, leggono, fanno picnic. È la terra, ma come la si conosce quando si va in campagna, lontani dal caos della città.
Poi qualcosa accade: a poco a poco, il fiume su cui facevano gite si tinge di petrolio, le strade vengono affumicate dallo smog, gli esseri umani non pensano più che a sporcare, uccidere gli animali, sradicare foreste per costruire orrende città, cacciare.
Gli uccelli muoiono e i pesci soffocano. I Barbapapà improvvisano un ospedale veterinario: Il rifugio dei Barbapapà. Ma non basta. Il mondo è così sconvolto dallo smog e dall’odio, che non si riesce più a porvi rimedio. I Barbapapà decidono di partire per un altro pianeta, portandosi dietro alcuni amici.
Un esodo. Passa un po’ di tempo e sulla terra gli uomini si rendono conto del disastro fatto. A molti viene nostalgia dei Barbapapà. L’umanità inizia a cambiare. Bonifica, distrugge fabbriche, ripianta alberi…
Dal loro nuovo pianeta, con un grande cannocchiale, i Barbapapà vedono che la terra è di nuovo verde. Anche loro hanno nostalgia della terra, e decidono di tornare.

Ricordo con che attenzione al minimo dettaglio guardavo queste illustrazioni e provavo empatia per i poveri animali feriti, empatita per dolcezza dei Barbapapà (così naturale e giusta, scevra di moralismo). Ovvio che sapevo da che parte stare, chi erano i buoni, chi i cattivi. Come si può uccidere una zebra per farne un tappeto?
Credo sia tipico di tutti i bambini di quell’età avere un fortissimo senso morale, il mio era, a quell’epoca, iper sviluppato. Avevo persino adattato una radura tra gli alberi ad hangar per un piano di bonifica del mondo. Il mio piano era ‘semplice’: nascosta dalle fronde dei rami, avrei progettato e costruito un robot che avrebbe distrutto tutte le fabbriche del mondo (ossimoro).
Sapevo che il libro dei Barbapapà mi parlava del mondo così come era, e che non era finzione. Meno chiaro per me, a quell’epoca, era che fosse impossibile lasciare la terra con un razzo e poi ritornare e trovarla rinata. Mi sembrava così semplice essere come i Barbapapà, e non mi davo pace di quanto fossero stupidi gli uomini.
Il libro dei Barbapapà, sfogliato infinite volte, mi dava, ad ogni giro, una boccata di speranza.

Barbapapa’s ark
Talus Taylor, Annette Tison
I Barbapapà abbandonano la terra inquinata
26,06

Chi si somiglia si piglia (leggi percettive del colore e della forma)

Wolf Erlbruch

Sabato ho tenuto a Milano (Spazio B**K) il primo corso sull’album illustrato per non-illustratori (Capire come funziona l’album illustrato). Nel corso ho mostrato molti esempi di leggi compositive applicate all’illustrazione. È stato molto divertente.
Una di queste leggi vuole che la nostra percezione senta come ‘amici’ forme, toni e colori uguali.

Grafico di Anna Castagnoli (per favore, non esportatelo da questo blog)

Nel grafico che ho realizzato per il corso, qui sopra, chiedetevi chi sono ‘gli amici’ nella prima striscia, nella seconda e nella terza. La risposta è scontata nella prima e nella terza striscia, potrebbe essere incerta nella seconda, perché tono e forma si contendono l’amicizia. Nel caso delle forme che ho realizzato, il colore è l’informazione più forte: infatti, usare il colore per indicare amicizia o familiarità nei personaggi, è uno dei trucchi più spesso usati dagli illustratori per indicare percettivamente il desiderio.
Piccolo Blu, Piccolo Giallo di Lionni, invece, gioca sull’attrazione della forma.

Leo Lionni

Potete divertirvi anche voi a trovare esempi nei libri illustrati che avete.
Pubblico qualche illustrazione ad esempio, e ricordate: se volete illustrare qualcuno che desidera o è amico di qualcun altro, ricordatevi di mettere un po’ del colore dell’uno nell’altro, e viceversa, e il gioco è fatto.

Wolf Erlbruch

Potete anche dare a due orsi il peso di una nuvola. (Nel corso abbiamo visto tutte queste immagini alterate in photoshop, per vedere in concreto cosa cambia se cambia il colore: provate anche voi a colorare di marrone o nero o di un colore che non sia quello delle nuvole a fianco, i due orsi).


Wolf Erlbruch
Elena Odriozola
Pablo Auladell
Phoebe Wahl
Paul Rand

 

Lorenzo Mattotti

E chi non si somiglia non si piglia!

Jean de Brunhoff
Lionel Le Néouanic
André François

Se vi interessa studiare queste leggi, potete partire da Rudolf Arnheim.
In questo post una ricca bibliografia di libri utili.

Arte e percezione visiva
Rudolf Arnheim
Le leggi della percezione dell’immagine
25,73

Un esercizio interessante per capire l’album illustrato

In questi giorni sto tenendo un corso sull’album illustrato all’istituto IED di Torino, e sabato mi aspetta il corso a Milano per non-illustratori (qui).
Per spiegare come funzionano le immagini in sequenza, – in particolare: la ripetizione della composizione all’interno della doppia pagina, il ritmo e il tempo – ho fatto disegnare su lucido tre pagine consecutive nei punti nodali della storia; e chiesto ai ragazzi di scoprire da soli, e poi spiegare alla classe, che trucco ha usato l’illustratore per raccontare la storia attraverso le immagini e regalare emozioni e sorprese ai lettori.
Vi consiglio di provare!

(Il libro analizzato da Gabriele, Ilaria, Giulia è: Icinori, Promenade au musée, RMN collection Ramino, 2012)


Magliette Città del Sole: come ho trovato uno stile alla moda e un lavoro in tre settimane

Come adattare il proprio stile a una commissione.Ripubblico questo post del 2013.

Dal blog di moda per bambini Les Zigouis

Come alcuni di voi ricordano, nel 2009 ho realizzato il Calendario per i negozi Città del Sole vincendo il concorso L’illustratore dell’anno.
Nel 2012 La Città del Sole mi contatta di nuovo per domandarmi se volevo partecipare a un mini concorso interno per disegnare 9 numeri illustrati per il progetto Magliette del compleanno (ogni bambino iscritto al programma, il giorno del suo compleanno, riceve in regalo una maglietta con il numero dei suoi anni).
Ora vi racconto come mi sono improvvisata disegnatrice di magliette per bambini…

Anna Castagnoli, Calendario Città del sole 2009

Mi si chiedeva di mettermi in gara con i precedenti vincitori del concorso L’illustratore dell’anno spedendo un’immagine di prova. Il prezzo proposto per questo lavoro era notevole.
Mi sono informata meglio e ho scoperto che il buy-out totale (cioè la rinuncia a tutti i futuri diritti) di un disegno per un prodotto di moda parte da un minimo di 1500/3000 euro a disegno. In questo caso, il prezzo era un po’ meno del minimo perché le magliette non sarebbero state vendute. Ma per me, abituata ai miseri anticipi delle royalties di un libro, restava notevole.
Ma che cosa terribile una gara per un appalto! : 1) che ansia 2) c’è sempre qualcuno che perde.

Ma i tempi sono quelli che sono e bisogna mettersi il coltello tra i denti, stile Indiana Jones. Faccio due calcoli tra me e me stessa, inghiotto l’ansia, e decido che avrei vinto. Non partecipato, sia chiaro. Vinto.

Anna Castagnoli, schizzo preparatorio
Anna Castagnoli, Maglietta del Compleanno, Città del Sole

E’ una strana decisione quella di partecipare a una gara e decidere di vincerla, ma chi mi conosce sa che per me è l’unica possibile: non so perdere. Posso passare intere settimane in uno stato di cupezza totale, trascinandomi in casa con i capelli a serpentelli e idee suicida, se perdo una gara. E’ un vero difetto di carattere. Qualcuno soffre della stessa sindrome?
Questa volta non volevo gettare la spugna (lo faccio quasi sempre, e trovando ottime scuse). Ma non volevo neanche passare un mese coi capelli a spaghetti. Non mi restava che vincere.

Via blog Vintage for kids

Ma avevo un problema enorme, anzi due: non sapevo disegnare a tinte piane (cioè senza ombre e profondità di campo), né a mano, né con photoshop, cosa richiesta per poter stampare su magliette, e non sapevo niente di moda infantile. Come fare?

Avevo tre settimane di tempo. Decisi, per iniziare, di risolvere il problema numero 2: la moda infantile.
Contattai un paio di amiche che sapevo si occupavano di moda infantile e chiesi loro gli indirizzi dei blog “must” del settore. Les Zigouis faceva al caso mio. Se scorrete la blog-list di Les Zigouis, o di Kickcan and Conkers, scoprirete tutti i blog imperdibili sulla moda infantile. Oppure potete scegliere di perdervi tra le pagine di Pinterest sezione Kids.


Il logo del blog Les Zigouis

Strano mondo quello che scoprivo su questi blog. A me, cresciuta a bistecche col grasso e tute da ginnastica, in un’infanzia anni ’70, tutti quei bambini usciti da una nuvola, con contorni sfumati, sembravano piccoli alieni. Mi chiedevo, scorrendo decine e decine di blog: ma esistono veramente stanze così? Lettini in teak ecologico? Bambini così belli? Polpette e piselli che sembrano disegnati da un artista? Forchettine così deliziose?

Slowwood
Via il blog Les Zigouis

Ho scoperto che illustrazione, arredamento, giochi e moda infantile formano un connubio esplosivo: illustratori come Camilla Engman, Nathalie Choux, Ana Ventura, Katsumi Komagata e molti altri, sono osannati da blogger, designer, mamme e declinati in ogni salsa, cucina, stanzetta, maglietta, brocca, piattino, cappellino…


Camilla Engman & Elisabeth Dunker, via Imaginative bloom
Via Vintageforkids.blogspot.com

… con un giro d’affari che immagino sbalorditivo, visto che molti blog alla moda sulla moda per bambini hanno decine di migliaia di visitatori al giorno, quando non sono centinaia di migliaia. Ecco a chi erano destinate alcune bellissime riviste di illustrazione e moda infantile che avevo visto in giro (sia su carta che on line), come Milk o Georges, tanto care nella versione cartacea che mi ero sempre chiesta: ma chi le compra?


La rivista Georges

La rivista Milk

Ci sono, su questi blog e riviste, oggetti d’arredamento, atmosfere, giochi, pupazzi, affiche così belli, che qualsiasi visitatore, per la frustrazione di non poter essere adottato subito e a vita da una di queste famiglie bobo-chic, finisce che si compra un poster, una rivista, una maglietta o un tovagliolino, pur di avere un pezzetto di questo mondo a casa sua. Per non parlare dei guadagni pubblicitari.

Insomma, scoprivo un mondo parallelo a quello del libro illustrato dove l’illustrazione regnava sovrana come una principessa in tutù di tulle.


Affiche Bird, in vendita qui.

Cloth and Thread

Passai due settimane solo guardando blog, tutto il giorno, fino a notte fonda. Ero incantata, affascinata, avevo gli occhi che diventavano stelline, ma pregavo fortemente di non morire di un attacco di diabete visivo prima di aver trovato il mio nuovo stile a tinte piatte.
Delizioso, carino tutto, ma questi stili alla moda non mi assomigliavano per nulla! Chi erano questi nuovi bambini che imitavano con il loro finto stile anni ’70 i colori e i sapori della mia infanzia? Instagram (un’applicazione che permette di fare foto in stile vecchia polaroid) ha avuto un successo strepitoso: ma è un furto storico! Noi bambini anni ’70 non avevamo quel finto non-so-ché di povero e un po’ dimesso: noi eravamo sfigati sul serio!


Da sinistra: mia sorella, io, e il nostro amico Andrea, nel 1975

Non dovevo scoraggiarmi. Incominciai a prendere appunti su un grande album aperto davanti al computer. Tutte le volte che un’illustrazione o una forma mi colpiva, la copiavo e cercavo di capire come era fatta. Cosa sono, insomma, queste tinte piatte che vanno tanto di moda? Quanto grossa deve essere la linea di contorno? Quali sono le forme e i colori più trendy?


Anna Castagnoli, studi

Anna Castagnoli, studi

Ci deve essere per forza una linea di contorno? No, vedo che molti illustratori non la usano… sembra essere alla moda non usarla, provo a vedere come fanno. Copio, copio, copio. Mi viene istintivo cercare l’ombra per dare volume alle forme. Riprovo.


Marion Barraud, via la sua pagina Pinterest

Anna Castagnoli, una copia di non ricordo quale illustratore ( forse era Violeta Lopiz?)

Osservando, copiando, studiando, ho capito che l’illustrazione per la moda destinata ai bambini di oggi esige un equilibrio di precisi pesi tra il bianco e il colore, il vuoto e la forma. Bandierine colorate, stelline, fiori, nuvole, gocce… devono essere contornati da tanto bianco, oppure da colori chiarissimi. Bisogna saper lasciare spazio allo spazio. Ma che il vuoto non sia vero vuoto (pericolosissimo), che sia protetto e contornato dal profilo pulito di una sedia minimalista, dal tetto di una casina di bambola, da un nastrino di raso…
Forme imprecise e macchie devono sempre rigorosamente mescolarsi a segni puntuali: quali lettere dell’alfabeto, numeri, cerchi, quadrati, triangoli…


Anna Castagnoli, schizzo preparatorio

L’ultima settimana l’ho passata a provare matite colorate e pennarelli su carte diverse per fare questa benedetta tinta piana… e alla fine, quasi a tempo limite, è uscito qualcosa che mi convinceva: un compromesso tra il “fighetto” di certe immagini bobo-chic e la naturalezza delle mie tute anni 70′ (quelle autentiche!). Matita colorata per i corpi degli animali, senza contorno, e il resto fatto a collage con carte colorate (anche i numeri).
Non era ancora all’altezza di certe stanze con sedie in teak ecologico, ma mi sembrava uno stile dignitoso, e – soprattutto- lo sentivo mio.

Ho scelto di legare le 9 magliette col tema del circo (anche questo molto mio, essendo stata, in un lontano passato, trampoliera). Infine ho spedito all’editore, nei tempi stabiliti: uno schizzo di tutte e 9 le magliette e due immagine definitive: la numero 6 e la numero 1.
Andavano bene.

Io coi trampoli durante una pausa
Anna Castagnoli, disegno definitivo per le Magliette del Compleanno, nei negozi Città del Sole
Anna Castagnoli, disegno definitivo per le Magliette del Compleanno, nei negozi Città del Sole
Anna Castagnoli, disegno definitivo per le Magliette del Compleanno, nei negozi Città del Sole
Anna Castagnoli, disegno definitivo per le Magliette del Compleanno, nei negozi Città del Sole

Se per caso volete iscrivere i vostri bambini al gioco Magliette del compleanno, e ricevere in regalo una mia maglietta nel giorno del loro compleanno, è gratuito e potete farlo direttamente nei negozi Città del Sole.
E una nota: sia per il lavoro del Calendario, che per queste magliette, mi sono trovata benissimo a lavorare con La Città del Sole. Serissimi, competenti e appassionati. Tre virtù sempre più rare.


Anna Castagnoli, Magliette del Compleanno, nei negozi Città del Sole

Scrivere per i bambini, alcuni errori da evitare

Pubblico un estratto di un lungo discorso, diviso in tre post, che avevo postato un paio di anni fa sul blog.
Qui sotto trovate i link per leggere la prima parte, il post completo e la terza parte di questa riflessione.

SCRIVERE PER BAMBINI. PARTE 1. ALCUNE SUGGESTIONI
SCRIVERE PER BAMBINI. PARTE 2. ATTENTI ALLA METAFORA
SCRIVERE PER BAMBINI. PARTE 3. IL SOGGETTO

Lorenzo Lippi, Allegoria della Simulazione (1642)

Continuo le mie riflessioni sullo scrivere per bambini e vi ricordo di non prenderle per oro colato. Sono solo un punto di vista personale. In questo post vorrei parlarvi delle principali forme retoriche e del loro uso nei libri per bambini. Spesso, soprattutto quando siamo scrittori alle prime armi, viene abbastanza naturale voler trasmettere messaggi ai bambini sui grandi temi dell’esistenza (la vita, la paura, l’amore, etc) usando immagini metaforiche. Per noi adulti è facile dire “vita” e capire la densità emotiva che si condensa in questa parola. Il problema è che i bambini non hanno una conoscenza del mondo e dei sentimenti tale da permettergli di comprendere parole o concetti troppo metaforici/simbolici. Vi faccio qualche esempio…

Sì alla SIMILITUDINE, no alla METAFORA, si all’ALLEGORIA

La similitudine: La similitudine è una figura retorica basata sulla somiglianza, fantastica o logica, di eventi, paesaggi o pensieri, e di solito è retta da “come”. I racconti per bambini sono ricchi di similitudini:

C’era una volta un vecchio volpone che volle vedere se la moglie gli era fedele. Si coricò sotto la panca e non si mosse più come se fosse bell’e morto. (Grimm, La signora volpe). Le grandi finestre d’ambra erano aperte, e i pesci entravano nuotando, proprio come fanno le rondini da noi, che volano dentro le finestre aperte. (Andersen, La sirenetta).

In entrambi i casi sopra citati la similitudine è una pennellata aggiuntiva, che rende più viva la scena descritta. Un volpone che sembra bell’e morto ma sappiamo che è vivo, e molto più divertente di un volpone che semplicemente si accuccia sotto una panca. In Andersen l’immagine delle rondini (più familiare a noi di quella dei pesci) dà aria alla scena e subito ci trasmette la sensazione di “volo” del branco di pesci. Le similitudini sono fatte per colorare, arricchire o spiegare meglio, e vanno bene nei testi per bambini quando sono “visibili”, quando, cioè, aiutano a raffigurarsi la scena. Non vanno bene quando sono troppo astratte. Esempio: La bambina piangeva e il suo pianto era come un silenzio finalmente liberato dal buio della notte. (??) La metafora: La metafora (cito il Devoto-Oli) è la sostituzione di un termine proprio per uno figurato, in seguito a una trasposizione simbolica di immagini. Esempio (mio): Da quando era stato abbandonato, era una nave senza più porti. Secondo me, le metafore vanno evitate il più possibile nei libri per bambini, perché il bambino non ha un repertorio di conoscenze adatto a cogliere il salto di significato offerto dalla metafora, e il suo contenuto “simbolico”. Di più: il bambino è sempre nel qui e ora, il rinvio improvviso verso un mondo altro, concettuale, non è qualcosa che può capire facilmente. Una trasformazione, in un libro per bambini, ha sempre bisogno di essere “spiegata”, o ha bisogno di un mago. Nel caso della metafora, il bambino non può capire che lo snodo della trasformazione, il suo incantesimo, è nascosto nella struttura del linguaggio. Attenzione, non sto dicendo che un bambino non può capire che un uomo abbandonato si sente perduto come una nave in mezzo al mare. Un bambino può capire tutto o quasi tutto. Sto solo dicendo che il messaggio va veicolato da un racconto che procede per immagini, senza usare concetti troppo astratti.
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Preparazione del corso di Milano

Carissimi,

in questi giorni sto preparando il corso per non-illustratori sull’album illustrato, che si terrà presso lo spazio B**K il 28 febbraio a Milano (ne terrò un altro in primavera, se volete iscrivervi alla lista di attesa, scrivete qui: info@spaziobk.com).
È la prima volta che adatto la mia teoria sull’album a un pubblico che non ha mai disegnato, è appassionante e mi sta prendendo tutto il tempo, perché, nel frattempo, sto facendo ricerca e capendo nuove cose super interessanti.
Questo venerdì parto per l’Italia perché la prossima settimana, invece, tengo un corso per illustratori allo IED di Torino. Sono concentratissima e non riesco a trovare il tempo di aggiornare il blog prima di partire. Se vedrete sul blog post antichi ri-pubblicati, sono stata io: non riesco a vedere il blog fermo, soprattutto ora che la pagina Facebook del blog è così movimentata.

Anna Castagnoli, studi di composizione su Giorno di neve di Komako Sakai