Alice e la Piccola Fiammiferaia nel film muto

Due cortometraggi dei primi del novecento da vedere assolutamente. Forse è l’effetto magico del muto, forse della vecchia pellicola bruciata… ma avete mai visto una Piccola Fiammiferaia più Piccola Fiammiferaia di questa? Io da bambina ascoltando la sua terribile storia la immaginavo proprio così, con queste bolle di cinema e sogno che si accendevano ad ogni fiammifero.

La piccola Fiammiferaia, Joseph Sullivan, Stati Uniti 1912

Questa è la prima Alice del cinema, è del 1903 e precede di un secolo quella di Burton.

Alice in the Wonderland, Cecil Hepworth and Percy Stow 1903, Inghilterra

Vi invito a rivedere anche la meravigliosa e inquietante Alice di Å vankmajer.


Cartolina dal Salone di Bologna 2010 (riunione Figuredeilibri)

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Qui sopra, due momenti dell’incontro Figure dei Libri al Caffè Illustratori, durato purtroppo troppo poco a causa di una divertentissima gaffe! Ci siamo presentati, ci siamo seduti e abbiamo iniziato a chiacchierare, Simone Rea ci ha mostrato i suoi originali, non abbiamo visto il tempo passare e non ci siamo accorti che stava iniziando una conferenza, quando hanno iniziato a parlare al microfono ci siamo alzati in gruppo per spostarci ma ci hanno ripreso dicendo che non era davvero carino svuotare la sala! così siamo rimasti… Per fortuna era Faeti al microfono, che parlava di uno dei bellissimi libri vincitori del Bologna ragazzi award. L’anno prossimo ci organizzeremo meglio. Grazie a tutti per aver partecipato così numerosi, grazie a Simone Rea per averci mostrato in anteprima gli originali del suo prossimo libro, davvero superbi, e grazie a Philp Giordano per le foto!

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La conferenza di DuÅ¡an Kállay e della moglie Kamila Å tanclová. Ho visitato la loro mostra a Palazzo d’Accursio: gli originali erano da lasciare senza fiato, veramente due mostri sacri dell’illustrazione; peccato non abbiano fatto il catalogo della mostra.
Per il mio compleanno mi farò regalare questo libro, carissimo ma irresistibile: DuÅ¡an Kállay, a magical world. Vi ricordo che Kállay e Kamila Å tanclová saranno maestri in uno dei corsi di Macerata di quest’estate.

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Qui sopra, quello che viene ormai definito “il muro del pianto”(!). Una grande spazio offerto a illustratori emergenti e non, dove poter attaccare copie dei propri lavori o biglietti da visita.

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Una foto dalla Mostra Illustratori 2010, di cui parlerò nei prossimamente.

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Due foto dal bellissimo negozio Hoffmann giochi e giocattoli, che ho visitato per la prima volta (a bocca aperta) in via Altabella 23 a Bologna. Il negozio è stato allestito all’interno di uno spazio disegnato da Carlo Scarpa. I giochi in vendita sono giochi raffinatissimi, il meglio del gioco d’artista, se si può parlare di gioco d’artista come si parla di libro d’artista. La propietaria è gentilissima e instancabile nel mostrare ai visitatori tutte le novità più belle. Il negozio ospitava una piccola mostra e offriva un aperitivo.

Forse non c’è tipo di “festa” che io ami di più, di queste serate bolognesi durante i giorni di Fiera, dove all’illustrazione si mescolano i vernissages, le chiacchiere, le presentazioni di persone stupende, le cene e il parlare di libri…

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Bologna al mattino che svapora nell’aria già primaverile, vista da una finestra del mio albergo. Non vedo già l’ora che sia l’anno prossimo. Unica nota negativa: veramente troppi gli appuntamenti (e tutti interessantissimi) durante questi giorni di Fiera, è davvero frustrante non avere il tempo materiale per assistere a tutto.


L’arte dei bambini: interviste a B. Alemagna, B. Jacques, A. Marinoni

Alcuni estratti di queste interviste sono comparsi nel mio articolo “Una riflessione sull’arte dei bambini” apparso sulla rivista Hamelin, n°25 “Aprire gli occhi. Pratiche dello sguardo”. Qui di seguito la versione completa delle interviste.
Vai all’articolo:
Una riflessione sull’arte dei bambini

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Benoît Jacques, Le jardin du trait

“Molti bambini credono allora che non avendo una visione “conforme†(e gli adulti si impegnano molto a dimostrargli che è vero) non sanno disegnare e così abbandonano il disegno. Sono gli stessi bambini che una volta diventati adulti dicono: non so disegnare.
Questa nozione del “non saper disegnare” è per me una vera catastrofe. E’ altrettanto grave che se dicessimo a un bambino che sta imparando a parlare: tu sai paralre o tu non sai parlare.” B. Jacques

Quando disegni, o scrivi una storia, senti di recuperare la grande libertà di visione dell’infanzia?

Benoît Jacques: Sì. L’infanzia è per me un’immensa soffitta piena di tesori. Il mondo delle sensazioni legate alla mia infanzia è talmente potente da aver lasciato nel mio cervello una specie di segno indelebile. Il modo migliore per spiegare questo fatto è raccontando un episodio: mi ricordo esattamente l’impressione incredibilmente forte che mi ha lasciato la presa di coscienza, quando ero molto piccolo, della scoperta del blu del cielo. Ero sdraiato nell’erba e faceva bel tempo, guardavo affascinato le nuvole nel cielo e tutto quel blu… quel blu incredibile. Ricordo che nella mia testa di bambino avevo l’impressione di fare una scoperta straordinaria, come se la realtà del colore blu mi venisse rivelata. Mi dicevo: è pazzesco questo blu, è blu. Ero sconvolto da quel blu. Questo genere di presa di coscienza è portato dalla freschezza dell’infanzia. E’ per questo che l’infanzia è un momento così importante. Se l’infanzia trascorre in buone condizioni, cioè in condizioni di serenità, è naturale che cerchiamo poi con nostalgia di ritornare a quei momenti incantati.

Beatrice Alemagna: Si, senza alcun dubbio, nel disegnare, ripiombo nella mia visione infantile e per me, a volte, è un atto doloroso. Innanzitutto non è sempre immediato e può richiedere lunghi passaggi a vuoto. Poi, la difficoltà, non è solo di accedere allo sguardo che si aveva da piccoli, ma anche di riconoscersi intimamente come ancora bambini, ritrovare la propria debolezza, l’inconsistenza, la fragilità dell’essere piccoli, porsi davanti al foglio con la totale incoscienza di chi ancora deve imparare e capire tutto. Questa metamorfosi  può rivelarsi molto frustrante, soprattutto se infruttuosa… se invece porta segni sinceri e sorprendenti, può dare grandi soddisfazioni. Resta il fatto che secondo me lo “sguardo ritrovato” funziona solo se istintivo e dunque autentico.

Antonio Marinoni: Se penso ai miei disegni dell’infanzia mi ritornano in mente – più che la libertà di visione – il senso del piacere e il gusto del gioco che provavo mentre li facevo. Oggi, non è sempre così facile assaporare quelle sensazioni: lo è stato, però – e in modo molto appagante – quando ho ideato e disegnato Velluto, il mio primo picture book. In quel caso ho immaginato la storia a partire dalla volontà di recuperare uno dei soggetti – le vedute di interni – che prediligevo da bambino. E ho davvero sentito di recuperare, insieme al tema, quelle sensazioni che mi facevano compagnia quando disegnavo da piccolo.

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Beatrice Alemagna, Après Noël, Autrement 2001

“La difficoltà non è solo di accedere allo sguardo che si aveva da piccoli, ma anche di riconoscersi intimamente come ancora bambini, ritrovare la propria debolezza, l’inconsistenza, la fragilità dell’essere piccoli, porsi davanti al foglio con la totale incoscienza di chi ancora deve imparare e capire tutto.” B. Alemagna

Disegnavi molto quando eri bambino/a? Hai dei ricordi sul modo che avevi di percepire il mondo? Era differente da oggi?

Benoît Jacques: Disegnavo moltissimo, ma dicendo così non dico niente di speciale, dal momento che la maggior parte dei bambini disegna molto. C’è un momento importante nell’evoluzione del rapporto dei bambini con il disegno. E’ il momento quando, di solito in corrispondenza della scuola elementare, si fa entrare a forza nello spirito dei bambini l’idea di saper o “non saper fare le coseâ€. Questo concetto di “non saper disegnare†viene di lì. Molti bambini credono allora che non avendo una visione “conforme†(e gli adulti si impegnano molto a dimostrargli che è vero) non sanno disegnare e così abbandonano il disegno. Sono gli stessi bambini che una volta diventati adulti dicono: non so disegnare.
Questa nozione del “non saper disegnare” è per me una vera catastrofe.
E’ altrettanto grave che se dicessimo a un bambino che sta imparando a parlare: tu sai paralre o tu non sai parlare. La verità è che tutti i bambini, prima che gli si inculchi questo concetto del saper o non saper fare, provano un piacere immenso a disegnare, perché capiscono (e spesso nello stesso tempo in cui scoprono il linguaggio parlato) che il disegno è una modalità di espressione completa in se stessa. Un modo unico, molto particolare, di esprimere certe sensazioni o certe esperienze. Al di là dei criteri estetici la pratica del disegno dovrebbe essere mantenuta durante tutto l’arco di una vita, libera dalla paura di saper o non saper fare, così come la musica e la cucina.

Beatrice Alemagna: Disegnavo sempre e ovunque. Tutti i bambini disegnano tanto ma alcuni smettono di farlo, ad una certa età. Durante tutta la mia adolescenza, disegnare per me era ancora un atto degno di grandissimo interesse, capace di darmi forti emozioni… forse più che stare con gli amici o andare in bicicletta. A momenti, è probabilmente diventato una protezione: una gabbia dorata nella quale mi rinchiudevo per dimenticare la rabbie o le paure che provavo all’esterno.

Antonio Marinoni: Disegnavo moltissimo. Avevo la tendenza a costruire elenchi di immagini. Nel corso degli anni dell’infanzia cambiavano i temi ( le case, gli stili dei mobili, le chiese e i castelli, le città, i personaggi storici ecc. ) che richiamavano la mia attenzione, ma non variava di tanto l’approccio: molta osservazione della realtà e raccolta di documentazione. Ho iniziato prestissimo – e non ho più smesso – a ritagliare immagini dai giornali e dalle riviste, a riempire i libri dei grandi, specialmente i volumi delle enciclopedie, di segnalibri per ritrovare poi prontamente le fonti di ispirazione che di volta in volta scoprivo. Poi, le immagini raccolte venivano copiate e finivano in elenchi dove il vero si mischiava con il falso, spacciato come autentico; oppure ispiravano, per esempio, rappresentazioni di città possibili, situazioni probabili, prodotte dai sogni. Fantasticavo a partire da elementi verosimili ( case, monumenti, piazze ) che poi combinavo in composizioni complete di didascalie con dati forniti da una statistica immaginaria.

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Antonio Marinoni, Velluto, storia di un ladro, Topipittori 2008

“Mi sembra che i bambini disegnino, tra l’altro, per vivere momenti intensi a inseguire le loro fantasie. Mentre disegnano possono vivere emozioni collegate ai loro interessi più forti e diventano per un po’ ciò che vogliono: un bambino disegna in continuazione trattori e attrezzi agricoli e si sente contadino, un altro traccia dettagliatissimi schemi figurati di tattiche calcistiche e probabilmente si sente allenatore tecnico.” A. Marinoni

Perché, secondo te, i bambini disegnano? Un artista adulto disegna per le stesse ragioni?

Benoît Jacques: I bambini disegnano perché è un atto naturale. Gli esseri umani, appena sono in grado di tenere un oggetto nelle loro mani, scoprono il meraviglioso potere che questo comporta. Possono allora esprimere se stessi attraverso questi strumenti.
Ogni artista ha la sua ragione personale di disegnare. Alcuni ricercano una particolare estetica. Altri sono completamente incastrati nella nozione di “saper fare†e diventano guardiani di questa nozione.
Rispetto a me, disegnare è una forma di scrittura. Ed anche un modo di restare a contatto con l’essenziale. E’ una pratica in cui si mettono a contatto certe parti del mio corpo con certe parti del mio cervello. Inutile aggiungere che non credo affatto alla nozione di “saper†o “non saper†disegnare.

L’atto di disegnare non ha una giustificazione in sé. E’ uno dei modi che utilizzo per essere al mondo. Disegnare, lasciare una traccia con un pezzo di legno, nella sabbia, nell’acqua, su un foglio di carta o nell’aria è un atto semplice e magico nello stesso tempo, nel quale si esprime una parte di ciò che siamo.  Abbiamo tutti accesso a questo linguaggio. Non c’è un saper o non saper fare. Più si esercita il disegno, più esso si farà vicino  a quello che noi siamo.

Beatrice Alemagna: Secondo me si disegna sempre per mille motivi diversi, ma in fondo, quello che il disegno porta sempre, è un piacere indescrivibile e una forma di onnipotenza… Da piccola disegnavo per creare tutto quello che volevo, per fare andare le cose così come avrei voluto che fossero nella realtà (disegnavo personaggi di carta che poi utilizzavo come attori di un teatro immaginario) o per distrarmi, per viaggiare lontano. Oggi, in fondo, non disegno con uno spirito molto diverso: è ancora intera in me quella necessità di sogno e quella voglia di libertà che ritrovo non sempre, ma per fortuna ancora molto spesso.

Antonio Marinoni: Mi sembra che i bambini disegnino, tra l’altro, per vivere momenti intensi a inseguire le loro fantasie. Mentre disegnano possono vivere emozioni collegate ai loro interessi più forti e diventano per un po’ ciò che vogliono: un bambino disegna in continuazione trattori e attrezzi agricoli e si sente contadino, un altro traccia dettagliatissimi schemi figurati di tattiche calcistiche e probabilmente si sente allenatore tecnico.
Per un adulto – penso a me stesso – possono valere le stesse ragioni. A volte, in certi momenti di grazia, è piacevolissimo perdersi nei mondi che si stanno disegnando. Pensando alla mia esperienza, mi sembra di capire che questi stati di grazia si presentino più facilmente – ma non so se questa sensazione sia generalizzabile – nel corso di lavori che mantengono vivi i legami con lo spirito dell’infanzia.

Ritorna all’articolo: Una riflessione sull’arte dei bambini.


Premio Compostela 2010: ha vinto “La familia C”

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Ha vinto il III Premio Compostela il libro La familia C., scritto da Pep Bruno e illustrato da Mariona Cabassa.

Sul blog di Kalandraka trovate i progetti finalisti con menzione speciale:  Manual del buen paseante. Descripción en veinte puntos, di Raimon Juventeny Corberó:

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e Bailar en las nubes, di Vanina Soledad Starkoff:

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Complimenti ai vincitori!


The winners! Salone di Bologna 2010

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Philip Giordano è il vincitore del permio Internazinale di Illustrazione SM della Mostra Illustratori 2010. Quando l’ho saputo (per una soffiata in anteprima) mi sono venuti i lucciconi. Ero davvero strafelice che un premio così importante venisse dato a Philip Giordano, mi sembrava meritatissimo. Se avessi dovuto scegliere un giovane da incoraggiare nella Mostra Illustratori di quest’anno, avrei scelto senz’altro lui. Il suo universo giovanissimo è già maturo e originalissimo. Motivazioni della giuria:

La Giuria Internazionale ha deciso di assegnare il Premio di Illustrazione della Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna/Fundación SM a PHILIP GIORDANO, ponendo l’accento su varie motivazioni. Si tratta di un autore che sa oscillare sapientemente tra un colto passato, da cui ricava la grazia alchemica di delicatissime allusioni pittoriche, e un raffinato presente che gli suggerisce citazioni tratte da altissimi momenti dell’arte moderna. Sono riconoscibili in Giordano gli esiti derivati da certe secrete presenze di quello che fu definito l’Antirinascimento italiano, ma essi però si congiungono con le derive di trenta anni di recente illustrazione, dove appare un nuovo Fantastico, pieno di materia pittorica che oscilla dal Surrealismo alla Pop Art, che cerca ornamenti elegantissimi, che fa propria la storia di una grafica intensa e provocatoria ben inserita nelle ricerche più valide e più nuove.

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Philip Giordano, disegno vincitore del premio Internazionale SM della Mostra Illustratori 2010
lefiguredeilibri.Illustration1Philip Giordano, disegno vincitore del premio Internazionale SM della Mostra Illustratori 2010

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Philip Giordano, disegni vincitori del premio Internazionale SM della Mostra Illustratori 2010


Kitty Crowther/CKitty Crowther

Kitty Crowther, vince  il “Nobel della letteratura per ragazzi”: l’Astrid Lindgren Memorial Award. Il più alto riconoscimento dato a un illustratore.

Qui il video della premiazione.
Qui il blog dell’Astrid Lindgren Memorial Award ricco di foto sui momenti della premiazione.

Il premio è di circa 500.000 euro. L’anno scorso Kitty Crowther aveva già vinto il premio Baobab in Francia con Annie du lac, edito dall’École des loisirs. Vi ricordo che l’unico libro disponibile in italiano di questa grandissima artista è: Dentro me (Topipittori 2008), nel 1998 AER aveva tradotto Il mio amico Jim, ma è fuori catalogo. Nel 2002 Feltrinelli aveva tradotto “Il compleanno dello scoitattolo”, ma anche questo è difficile da reperire, mi dicono: su Google libri però, potete leggere e vedere la versione integrale di questo delizioso libricino.

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Annie du lac, Kitty Crowther, École des loisirs 2009


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Hans Christian Andersen  Medal

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L’angelo del nonno, Jutta Bauer, Salani editore

Jutta Bauer vince il premio Hans Christian Andersen per la sezione illustrazione. Vi ricordo che la shortlist era composta da: Etienne Delessert, Svjetlan Junakovic, Carll Cneut, Roger Mello. Al momento della decisione finale c’è  stato un braccio di ferro all’interno della giuria tra Carll Cneut e Jutta Bauer, ma alla fine alla Bauer è stato riconosciuto un plus di anziantià professionale.
La sezione letteratura per ragazzi dell’Hans Christian Andresen Award è stata vinta da David Almond.


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La casa sull’albero, Marije e Ronald Tolman, Lemniscaat 2010

Il vincitore della sezione FICTION del Bolognaragazzi Award è stato il bellissimo libro senza testo: La casa sull’albero, di Marije e Ronald Tolman, Lemniscatt 2009
Motivazioni della giuria:

Con De boomhut si ha un esempio poetico, limpido, assai sapiente, di come oggi un grande topos dell’immaginario possa essere ancora una volta rivisitato con nuovi argomenti che ne ribadiscono la grande rilevanza culturale. Marije e Ronald Tolman hanno nuovamente creato una “casa sull’alberoâ€, ma l’hanno arricchita di citazioni finissime, dedotte dalla pittura simbolista così come dalla grafica più raffinata del novecento. Un libro che si vale dei sussurri, ma riafferma però il grande tema di una ecologia sapiente e raffinata, in cui il rapporto con la natura è intenso, partecipe, ma non rinuncia all’eleganza, alla ricerca, alla forza della civiltà dello spirito.

Qui potete vedere le altre menzioni.


Petizione per non tagliare i fondi al Salone di Montreuil

AGGIORNAMENTO del 9/04/2010: Grazie alle firme raccolte (1300) i fondi al Salone di Montreuil non sono stati tagliati. Non è più necessario firmare. Grazie a chi lo ha fatto.

SaloneMontreuil

Il Salone di Montreuil rischia dei fortissimi tagli dai finanziamenti pubblici, il voto per approvare questi tagli avrà luogo l’8 aprile. Una cospicua raccolta di firme potrebbe fermare la proposta. Vi invito calorosamente a firmare. Qui di seguito la traduzione della petizione:

Petizione per il Salon du livre et de la presse jeunesse

Il programma culturale del Salone del libro  e della stampa per ragazzi (Salone di Montreuil, ndr), e le centinaia di azioni culturali portate avanti dalla sua équipe in Seine-Saint-Denis durante il resto dell’anno, sono minacciati.

Per far fronte alle sue difficoltà finanziarie, il Consiglio Generale di questo dipartimento prevede, al momento del voto dell’8 aprile, di ridurre drasticamente le sue sovvenzioni al Salone del libro, così come a molte altre azioni di promozione alla cultura del dipartimento.
In Saint-Denis, più che altrove, è primordiale mantenere una politica di cultura pubblica inventiva e ambiziosa. Nessuna delle mediazioni culturali del Salone del libro è un lusso. Ognuna di queste mediazioni è fragile, lunga da consolidare, facile da distruggere.
I bambini hanno bisogno di libri per diventare grandi! I bambini e i ragazzi di questo dipartimento hanno il diritto di accedere alla ricchezza della cultura. Questo diritto riguarda il presente e il futuro di tutti noi.

NON TARPATE LE ALI AL SALONE DEL LIBRO E DELLA STAMPA PER RAGAZZI
Firmate la petizione