Pubblicità giapponesi per bambini: da strasecolare

Sono di qualche anno fa, le ha pubblicate ieri su Facebook Philip Giordano, che vive in Giappone, e non ho resistito, ho voluto condividerle qui. Sono pubblicità per Kewpie Tarako, salsa al merluzzo rosso per bambini. Oniriche, ipnotiche, fantastiche.
Si fa sempre più forte in me la convinzione che l’occidente abbia perduto la fantasia. Ve le immaginate delle pubblicità così, da noi?


Beatrice Alemagna, esce: “La gigantesque petite chose” (video intervista)

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E’ uscito da poco (ho avuto la sorpresa di riceverlo in regalo!) La gigantesca piccola cosa (in Italia lo ha pubblicato Donzelli), l’ultimo libro di Beatrice Alemagna. Un libro molto grande, potente, su uno dei sentimenti più delicati, preziosi ed effimeri dell’essere umano.
Ma lascio a Beatrice Alemagna, alle sue parole precise, raccontare come è nata l’idea del libro, quale è il suo senso. Nell’intervista (fatta dalla libreria Mollat), potete anche ammirare degli originali del libro, e qualche dettaglio del magico studio dell’artista. Vi ho tradotto maldestramente il testo in italiano…non è facile adattare alla parola scritta le sfumature di una voce.

Video-intervista a Beatrice Alemagna:
La gigantesca piccola cosa
è un libro nato circa dieci mesi fa… normalmente ci metto, più o meno, sette o otto mesi a fare un libro.
Questo libro, in particolare, è stato molto difficile da scrivere, perché volevo parlare di questo sentimento -che non nominerò, lo lascio scoprire al lettore-, ed è uno dei sentimenti più “declamati” – possiamo dire così in francese?- uno dei più “raccontati”, “cantati”, insomma, è un sentimento di cui si parla molto. Non volevo cadere né nella banalità né nel sentimentalismo. Quello che è stato molto difficile, è stato riuscire a trovare “il tono”: non volevo essere brusca, ma non volevo soprattutto essere mielosa. Ho passato circa sette mesi a togliere, togliere, togliere tutto quello che avevo scritto all’inizio. Era un testo molto consistente ed è diventato sempre più essenziale e sintetico.

Quando mi domandano quale è il mio lavoro non rispondo autrice o illustratrice, preferisco dire che faccio dei libri, e non dei libri per bambini… dico che faccio dei libri illustrati, perché non penso che per il solo fatto di fare dei libri grandi, con la copertina rigida, con delle immagini, che ci si indirizza in particolare ai bambini… Penso che (l’album) possa comunicare qualcosa, quando abbiamo bisogno di esprimerci… L’album è la mia espressione. Faccio dei libri senza domandarmi se piaceranno ai bambini, o agli adulti, a chi piacerà… Faccio libri per diverse ragioni: a volte è una necessità per me, altre volte ho bisogno di lusingare il bambino che è in me…E nel caso di questo libro, è che ho sentito per la prima volta il desiderio di trattare questo sentimento… E’ una fase particolarmente felice della mia vita, ed è vero che questo libro è un po’ autobiografico.
Mi hanno detto che è un libro gioioso, ma anche molto nostalgico. Penso che questa nostalgia esiste perché, semplicemente, parlo di qualcosa che attraversa la vita, le persone, e che ovviamente, a un certo punto, svanisce. Ma se ne va per ritornare, per questo è così affascinante.

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La gigantesque petite chose, Beatrice Alemagna, particolare, Autrement 2011

Facendo questo libro ero davvero in uno stato di pace, serenità… e ho avuto voglia di fare delle grandi immagini, grandi campiture di colore, mostrare degli spazi grandi. Ci sono immagini dove si vedono paesaggi che sono per me sinonimi di gioia, serenità. Vediamo personaggi con ognuno il loro modo di addomesticare, vivere o conoscere questo sentimento… e ognuno lo fa a suo modo, può durare un minuto, come per il signore con l’ombrello, o la signora con il suo coccodrillo a fianco. Può essere tristezza, o ancora nostalgia. Può essere la pace completa del neonato tra le braccia della mamma… Ma più spesso è la fugacità che ho voluto evocare, l’aspetto effimero di questo sentimento.

Rispetto ai quadri, all’estetica del libro, ho voluto cercare una scrittura un po’ nuova (anche se penso che mi si possa riconoscere facilmente)… una sorta di sintesi tra Un lion à Paris e Jo singe garçon. In Un lion à Paris c’erano dei campi molto pieni, ricchi, sulla vita di Parigi, con molto collage, e molte immagini urbane, e in Jo singe garçon, all’opposto, c’era molto vuoto. In questo libro ho cercato di trovare un compromesso: ci sono parti molto ricche e altre dove il disegno sfuma, quasi scompare. Sono contenta, perché in qualche modo ho re-inventato qualcosa, e ho sempre bisogno di inventare, per emozionarmi, scoprire… per avere delle emozioni.
Penso che se non provo emozioni, è difficile poi poterle dare.

La gigantesque petite chose
Beatrice Alemagna
Un grande album sul sentimento più prezioso ed effimero
17,10 euro

Prossimamente i vincitori di Ilustrarte 2012 su LeFiguredeilibri

Daniela Murgia mi ha dato una bella idea: per chi fosse interessato, pubblico volentieri le immagini degli italiani selezionati a Ilustrarte 2012. Due a testa. Inviatemele a lefiguredeilibri(at)gmail.com con i link di blog e siti rispettivi. E nell’oggetto: “Ilustrarte + vostro nome”. 350 pixel di larghezza se possibile.

Dunque, se vi fa piacere: Alicia Baladan, Silvia Bolognesi, Chiara Carrer, Stefania Lusini, Daniela Iride Murgia, Lisa Nanni, Claudia Palmarucci, Simone Rea (Menzione speciale), Oscar Sabini, Daniela Tieni, Valerio Vidali (Primo premio), inviatemi le immagini al più presto, grazie.

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Una delle illustrazioni selezionate a Ilustrarte 2012, di Daniela Murgia

l’Italia vince Ilustrarte 2012: Valerio Vidali primo premio, Simone Rea secondo

Aggiornamento: Gli illustratori Italiani selezionati sono: Alicia Baladan, Silvia Bolognesi, Chiara Carrer, Stefania Lusini, Daniela Iride Murgia, Lisa Nanni, Claudia Palmarucci, Simone Rea (Menzione speciale), Oscar Sabini, Daniela Tieni, Valerio Vidali (Primo premio).
Aggiornamento 11 novembre: alla lista degli italiani mancavano Michele Ferri e Annalisa Bollini

Valerio Vidali
primo premio Ilustrarte 2012 con tre immagini tratte dal libro:
“Um dia, um guarda-chuva” edito da Planeta Tangerina.

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Simone Rea
secondo premio Ilustrarte 2012 con due immagini tratte dal libro:
“Esopo, Favole” edito da Topipittori

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E’ ufficiale, i primi giornali portoghesi stanno pubblicando la notizia: Valerio Vidali ha vinto il Primo Premio al concorso Ilustrarte 2012! Una menzione d’onore (che equivale a un secondo posto) è stata data a Simone Rea e alla coppia di artiste Nina Wehrle e Evelyne Laube (Svizzera), per un lavoro sulla Bibbia.
Due illustratori italiani, giovanissimi, hanno scalato la vetta di uno dei concorsi più importanti dell’illustrazione europea. C’è da esserne fieri.

La giuria era composta dagli illustratori Isidro Ferrer, Martin Jarrie e Isabelle Vandenabeele (vincitrice di Ilustrarte 2009), dall’editore Paolo Canton, e Paolo Cotrim, sceneggiatore.
E’ importante sapere che i giurati di Ilustrarte, se per caso sono gli editori di un’immagine in concorso, devono astenersi dal voto di quella immagine, per evitare conflitti di interessi.
Secondo la notizia pubblicata su questo portale, Ilustrarte 2012 ha ricevuto circa 1600 candidature, e ha selezionato 50 finalisti (i loro nomi non si conoscono ancora, ma è una questione di giorni). I disegni arrivavano da ben 65 paesi, e la quota maggiore era quella degli illustratori italiani (!), seguiti, in ordine: da Portogallo, Francia e Spagna.
Appena ho notizie sui restanti selezionati ve le comunico….

Con “Esopo” Simone Rea aveva già vinto una Bib Plaque, a Bratislava. E Planeta Tangerina è tra i candidati all’Astrid Lindgren Memorial Award 2012. Come a dire che “San Giovanni non fa inganni” :) Complimenti!

Aggiornamento 2: Ho chiesto a Simone e Valerio un commento a caldo. Valerio non sa cosa dire (è Valerio! :) e Simone ha risposto così:

Simone Rea: Ciao Anna, stavo tentando di scriverti quattro righe ma sto cercando di fare mente locale: non è facile raccogliere tutte queste emozioni. Tutte queste selezioni, in questo momento.. non so da dove cominciare.
Sai, prima era diverso, le selezioni erano delle conferme, delle gratificazioni estremamente importanti. Vere e proprie batterie per il morale e per la creatività. Sicuramente ora ho più consapevolezza dei miei strumenti e questo premio arriva in un momento particolare, lo sento molto, mi realizza in un modo che non so spiegare; è come se avessi coscientemente preso un impegno nei confronti dell’illustrazione.

Sogni futuri non ne ho. Ho solo la curiosità di scoprire giorno dopo giorno le storie che mi verranno proposte e spero siano sorprendenti, magiche, insolite, originali e anche pagate come dovrebbero.


Pierino Porcospino di H.Hoffmann: un’opera comica? parte 2

Vai a: Pierino Porcospino, un’opera comica? Parte 1
Vai a: Nascita di Pierino Porcospino

ecce_homo_ppDer stuwwelpeter e un particolare dell'”Ecce homo” di  Antonello da Messina

Dopo aver visto, nel precedente post, come H.Hoffmann, in Pierino Porcospino, utilizzi il linguaggio del comico, proviamo a vedere quale è il registro del contenuto del libro.
Fermo restando che un’opera complessa come Pierino Porcospino, che persino Freud analizza nella sua Introduzione alla Psicoanalisi, non permette una parola definitiva (e per fortuna), ancor meno nell’esiguo spazio di qualche post.

Pierino Porcospino di H.Hoffmann (per chiarezza, d’ora in avanti mi riferirò al libro con P.P.e al personaggio dalle unghie lunghe con Pierino Porcospino), nonostante sia suddiviso in 10 storielle, è una sola opera: la sua verità emerge dall’interezza del libro, che è più dalla semplice somma delle parti. Porta a risultati erronei giudicare l’opera in funzione di una qualsiasi delle sue storielle. L’opera è INTERA, racchiusa e definita da un incipit e una fine, che indicano chiaramente l’orizzonte dentro cui va letta. Vediamoli.

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Abbiamo visto in questo post come il frontespizio indichi il contenuto e l’atmosfera di un’opera. Ecco cosa recita il frontespizio (qui sopra) di P.P. :
Nella notte di Natale/ Vien dal cielo un angioletto/ A posar presso il guanciale/ Del sopito fanciulletto. E se, a tavola,  è obbediente/ Se giocar sa senza chiasso,/ Se tranquillo, fra la gente,/ Suol seguir la mamma a spasso,/ Risvegliandosi il fanciullo,/ Troverà, sul suo lettino,/ La sorpresa ed il trastullo/ D’un dipinto libriccino.

Il frontespizio ci dice che il tema del libro è il bravo bambino e la sua educazione (non fare chiasso, dare la mano alla mamma, essere obbediente a tavola). Se il bambino si comporta bene, avrà un libriccino in regalo. Il libriccino-premio è il libro P.P. stesso: lo vediamo tra le mani dell’angelo, qui sotto. Il libro è dunque un premio. Ma che un uomo sadico era H. Hoffmann per dare in premio un libro così severo e crudele?

angelo

Sappiamo, attraverso le sue memorie autobiografiche, che Hoffmann scrisse P.P. per suo figlio, perché non trovava adatti ai bambini i libri della sua epoca. Da psichiatra e da futuro creatore/direttore di uno dei centri psichiatrici per l’infanzia più innovatori dell’Europa ottocentesca, non era d’accordo neppure con la pedagogia dei suoi contemporanei.

bambino_buono

Criticava aspramente la moda di minacciare i bambini dicendo: se ti comporti così arriva il medico/poliziotto e ti porta via (o simili varianti), e criticava la noiosa e moraleggiante atmosfera dei libri illustrati, la loro prospettiva adulta e non bambinocentrica.
Un uomo di vedute così moderne, perché mai avrebbe dovuto creare un libro contrario a tutti i suoi princìpi?
P.P. non è un libro di pedagogia nera, al contrario: è una parodia esagerata, ridicolizzante, della severa educazione inflitta ai bambini dell’800. H.Hoffmann si è divertito ad esagerarne le conseguenze, per sorridere insieme al bambino lettore.

Dopo la descrizione del bambino bravo e pio nel frontespizio, la comparsa di Pierino Porcospino, nella prima storiella del libro, è sorprendente. Ma non si stava parlando di un bambino bravo e buono? Chi è questo ragazzo che non si taglia le unghie e i capelli da anni?

Incipit

C’è qualcosa di meraviglioso in questo manifestarsi selvaggio e irsuto del corpo del bambino, ma anche qualcosa di inquietante. Da una parte, il campeggiare della figura su un piedistallo, ne sancisce la regalità e legittimità. E’ lui il VERO protagonista del libro.
Il bambino che si ribella alle regole degli adulti è protagonista, ma anche martire: gli strumenti della sua tortura sono posti a mo’ di sigillo sul piedistallo: pettine e forbici.
Nella prima versione del libro (quella fatta a mano per il figlio) erano invece posti in aria, a lato del personaggio, quasi a indicarne, come simboli, l’identità di icona.

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BEATO ANGELICO e collaboratore, Imago pietatis con i simboli della Passione, 1446-50 cBeato Angelico
Pierino Porcospino e un particolare dell’Ecce Homo di Antonello da Messina

Dalla prima pagina riceviamo due informazioni (che il bambino saprà decriptare benissimo, anche se a livello inconscio):
– ribellarsi all’idea di “bravo bambino” richiesta dagli adulti è un’impresa da eroi: la possente e regale figura di Pierino Porcospino sul piedistallo, lo dichiara e rivendica il suo diritto alla libertà.
ribellarsi, subire la tortura dell’educazione senza cedere ai suoi dettami, è anche un’impresa da santi: la posizione delle braccia di Pierino Porcospino, l’espressione contrita del suo volto, e i simboli del martirio infantile (forbici e pettine), ricordano molte immagini di Passioni di Cristo e martirii, e in questa prospettiva anche il piedistallo può essere letto come un sarcofago, da cui il bambino selvaggio, risorge.

sarcofagoPP

Carmélie Jacob nella sua tesi Comique et sadisme dans le Struwwelpeter di Hoffmann (PDF), da cui sono partita, nonostante riconosca nelle forbici e nel pettine gli strumenti della tortura, e sottolinei l’aspetto mortuario di Pierino Porcospino (è ai morti, nella realtà, che crescono capelli e unghie a dismisura), non fa riferimento all’iconografia della Passione di Cristo.

E’ importante invece, secondo me, poter riconoscere i simboli di una Passione nell’immagine di Pierino Porcospino. – Una Passione a portata di bambino, certo, ma non così lontana dalla vera: si pensi alla frusta di Federico, alla mutilazione di Corrado, alla morte della fanciulla dei fiammiferi, o quella del digiuno volontario di Gasparino.- Il bambino lettore, da subito, può sentire ammirazione per questo personaggio selvaggio che è lui stesso come vorrebbe essere, e seguire con empatica partecipazione le stazioni del suo martirio in mano agli adulti.

Ho detto che tutto il libro è chiuso dalle parentesi della prima scena (Pierino martire) e dell’ultima scena, e che queste due pagine indicano come uno zenit e un nadir la giusta collocazione geo-emotiva del libro.

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Ecco il testo della storia di Roberto che vola, che chiude il libro, nella versione italiana:
Quando infuria la tempesta/ Quando piove a catinelle/ Fuor non mettono la testa/ Bambinelli e bambinelle./ Ma con stupido ardimento,/ Sfida l’acqua, sfida il vento/ Quello sciocco di Roberto /Con in man l’ombrello aperto./Su nel cielo più lontano/ È Roberto ormai perduto./ Lo cercar dovunque invano,/ E nessun l’ha più veduto.

Ma nella versione tedesca…
Wenn der Regen niederbraust, / wenn der Sturm das Feld durchsaust / bleiben Mädchen oder Buben / hübsch daheim in ihren Stuben./ Robert aber dachte: Nein! / das muß draußen herrlich sein! / Und im Felde patschet er/ mit dem Regenschirm umher.
(Ecco una maldestra traduzione di google. Se qualcuno parla tedesco, lo prego di farmi una traduzione letterale):
Quando la pioggia ruggisce, /quando la tempesta si precipita attraverso il campo / ragazze o ragazzi rimangono /belli a casa nelle loro stanze./Pensò Robert: No! /l’esterno deve essere glorioso!

C’è una vera dichiarazione di guerra nel NO di Roberto, la decisione risoluta di andare a vedere “altrove”. Non sta, come in altri casi del libro, contravvenendo a una regola, sta sfidando gli elementi per cercare un mondo diverso (l’esterno cosa è? E’ il mondo che inizia dove finisce il mondo dagli adulti? E’ un’altra vita migliore? Un mondo senza adulti?). Proprio come Cosimo, il Barone Rampante di Italo Calvino, che, ormai vecchio, piuttosto di scendere dai suoi amati alberi, s’invola via con una mongolfiera di passaggio, Roberto, il bambino VERO, dopo aver subìto, pagina dopo pagina, le vessazioni degli adulti, decide di partire per sempre. “L’esterno deve essere glorioso!”.

prima

seconda

terza

Osservate la bellissima sensazione di movimento data dalla prospettiva della macchina da presa che si allontana a velocità vorticosa dal primo piano di Roberto verso un orizzonte vastissimo. Una vera sequenza cinematografica.
Se nel primo piano la tempesta e il grigiore riempiono tutta la scena (interessante e forse non casuale la presenza di una chiesa come indicazione del paese degli adulti), allontanandoci, ampliando la prospettiva, vediamo che quel terribile temporale (vissuto emotivamente dal bambino lettore anche durante il libro) non è che un pezzo di mondo.

pre_fine

Il mondo vero è ben più vasto. Il sereno e la luce spuntano da dietro l’orizzonte, rasserenanti. La furia terribile del temporale resta a sfogarsi sulla casa/chiesa degli adulti (o a fianco? Quasi ad indicare che è nella relazione tra adulti e bambini il conflitto?). Il bambino, lui, dopo aver cercato di dialogare col mondo degli adulti, senza successo, nelle nove storie precedenti, decide di andare a curiosare altrove. E questa è la parola finale del libro.

fine

La comicità di P.P è dunque a servizio di una denuncia, quella della crudeltà di un’educazione rigida.
Nell’immagine della quinta di copertina (sul retro del libro), tutti i bambini della storia sembrano seguire a passo di marcia  l’esempio di Roberto, e levano i tacchi. Notate che tutti fanno liberamete quello per cui erano stati puniti, e persino il bambino anoressico è vivo e arzillo: i bambini hanno vinto. A capo gruppo il nostro eroe: Pierino Porcospino, redivivo.

Chiosa_Hoffmann

Nella prossima puntata vedremo alcune scene nel dettaglio, sotto questa nuova luce.

Leggi la prima parte: Pierino Porcospino, un’opera comica? Parte 1
Leggi il post: Nascita di Pierino Porcospino


I segreti del colore: quarta lezione con Francesca Chessa

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Farbstudie, Wassily Kandinsky, 1913

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Dopo aver analizzato, nei post precedenti, il contrasto di colori complementari, il contrasto di colori puri e il contrasto di chiaro-scuro, vediamo ora altri due contrasti: IL CONTRASTO DI COLORI CALDI E FREDDI e IL CONTRASTO DI QUANTITA’.

Il CONTRASTO DI COLORI CALDI e COLORI FREDDI si verifica accostando almeno due colori capaci di produrre, a livello percettivo, sensazioni l’uno di caldo e l’altro di freddo.
Come spiega J.Itten nel suo manuale “(…) l’idea di voler riconoscere nel campo della percezione ottica dei colori una componente termica può destare sorpresa. Eppure è stato possibile dimostrare che in due diversi laboratori, uno tinteggiato in verde blu e l’altro in rosso arancio, la sensibilità personale al freddo o al caldo differiva di ben tre-quattro gradi. (…) Ciò dipende dal fatto, scientificamente accertato, che il verde/blu rallenta la circolazione sanguigna mentre il rosso/arancio l’attiva.â€
Nel cerchio cromatico il rosso-arancio e il verde- blu costituiscono le polarità del contrasto freddo-caldo.

Non è casuale che io abbia utilizzato il termine “a livello generaleâ€: non dimentichiamoci come ho iniziato questi post: Il colore è relativo: un colore può apparire più caldo o più freddo (oppure più chiaro o più scuro) in un determinato contesto, ma in un altro contesto, la sensazione può essere completamente diversa.

Prendiamo ad esempio questa tonalità di arancione…

44_arancio

… solitamente l’arancione è considerato un colore caldo e scuro. Ma nell’immagine qui sotto,  lo stesso quadratino di arancione (è quello centrale),  non vi sembra essere chiaro e freddo?

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Quindi, tornando a noi, un colore può essere considerato caldo o freddo relativamente al contesto. Detto questo, a cosa può servire sapere se un colore è caldo o freddo? Ci serve per costruire i piani prospettici. Avete presente quando stiamo completando una illustrazione, e lavoriamo a un particolare che vogliamo si stacchi dallo sfondo, e ad un tratto ci chiediamo: ma come mai questa figura non viene fuori, non risalta rispetto allo sfondo, ma anzi  sembra che ne faccia parte?
Ci possono essere, ovviamente vari motivi, ma uno molto importante è proprio questo: i colori caldi, percettivamente, “vengono in avanti” e i colori freddi si “ritirano†indietro. Riuscite a percepire questo effetto nella figura qui sotto?

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Il concetto di caldo e freddo si può applicare anche ad un’ immagine monocroma (chiaro/scuro). Il colore scuro, lo percepiremo più caldo e vicino, quello chiaro, lo percepiremo più freddo e lontano.

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Infatti, utilizzando una stessa tonalità di colore e abbassando la saturazione, il colore viene percepito più freddo.

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Variando la variabile della luminosità, invece, lo stesso colore viene percepito più caldo quando la luminosità è più bassa.

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Concludiamo il post di oggi con Il CONTRASTO DI QUANTITA’. Vi ricordate l’immagine di Gauguin di cui avevamo parlato nella seconda lezione?

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Paul Gaugain

Nel quadro di Gaugain, troviamo un contrasto di complementari (giallo viola ), un contrasto di chiaro scuro, e un mango rosso-arancio. Ecco, quel mango rosso arancio, essendo quantità di colore ridotta rispetto al resto dell’immagine, veicola il nostro sguardo su di lui. Riusciamo ad associarlo immediatamente alle labbra della fanciulla (che riprendono lo stesso colore), e ne riceviamo una sensazione invitante.
A far risaltare questa associazione tra labbra e mango, contribuiscono anche le leggi della formazione delle unità fenomeniche, dette anche leggi di segmentazione del campo visivo, che sono, in  psicologia della percezione, quei fattori che favoriscono il raggruppamento o l’unificazione degli elementi percettivi in un insieme unitario.

Il contrasto di quantità, così come ce lo spiega Itten, è visto come un contrasto che si basa sui rapporti di grande-piccolo, luminoso-meno luminoso. Per riuscire ad avere equilibrio è necessario proporzionare il nostro colore relativamente al contesto.
Secondo Itten, i colori primari e secondari, per essere in equilibrio tra di loro, dovrebbero rispettare le  proporzioni presentate nell’immagine qui sotto:

50_schema contrasto_quantità

Nel caso della coppia giallo-viola, la maggiore estensione del colore viola bilancia la forte luminosità del giallo. Se il colore giallo fosse utilizzato in quantità inferiori, la sua luminosità verrebbe accentuata.
Quando un colore è scarsamente rappresentato, si difende, per così dire, coll’apparire più luminoso di quando è presente in quantità proporzionata.

51_van_goghVan Gogh

Il contrasto di quantità, utilizzato in proporzioni non armoniche, è preferibile attuarlo utilizzando coppie di colori tra loro complementari. Partendo dal presupposto che l’occhio ricerca l’armonia nel grigio, attraverso le coppie complementari raggiunge l’equilibrio, ma nel caso che  esse non siano in equilibrio, cioè che non rispettino i rapporti di quantità proposti da Itten,  il colore in minoranza si attiva per raggiunger il suo complementare diventando più luminoso.

Ricapitolando, trovo più interessante, in alcuni casi,  l’utilizzo del contrasto di quantità  in maniera â€poco armonicaâ€: è interessante usarlo per sottolineare e indirizzare lo sguardo dell’osservatore dove si desidera, senza preoccuparsi troppo di raggiungere quel grigio così indispensabile all’equilibrio dell’occhio e non pensando alle percentuali di colore teorizzate da Itten. Solitamente lo si usa all’interno di altri contrasti come quello chiaroscurale.

53_Lorenzo_MattottiLorenzo Mattotti

Nell’illustrazione di Mattotti, la minore quantità di rosso fa vibrare e rende subito evidente il movimento dei soldati.  Il blu e il giallo non vibrerebbero in questo modo se non avessero anche una minima percentuale di rosso a loro vicino.

Il nostro occhio avrebbe difficoltà a  separare decisamente dal contesto il giallo e blu, già presenti all’interno del colore verde del prato (verde= giallo+blu), in quanto il nostro occhio tenderebbe ad uniformare la divisa con il fondo. Il rosso all’interno della divisa (essendo il complementare del verde di sottofondo), come abbiamo visto negli esempi precedenti, si “difende†dando luminosità e visibilità maggiore a tutte e due le figurine di soldati.

54_Tibo_MelansonLe grand voyage de monsieur, Luc Melanson

In questa bella copertina di Le grand voayage de Monsieur (a proposito, se avete occasione leggetelo: è un bellissimo racconto sull’elaborazione del lutto), lo sguardo è subito attratto dalla parola Monsieur , dalla sedia e dall’orso: quantità di colore (arancio) minore rispetto al chiaroscuro in blu dell’immagine. Con un veloce sguardo voi sapete che questi saranno i protagonisti che vi accompagneranno attraverso le pagine.

Nel prossimo post gli ultimi due contrasti: IL CONTRASTO DI SIMULTANEITA’ e IL CONTRASTO DI QUALITA’…
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