Carll Cneut, analisi del suo stile / parte 1

3 Maggio, 2008

(Leggi l’intervista a Carll Cneut)
(Leggi il dibattito su Greta la Matta…)

Carll Cneut è, secondo le mie corde estetiche, l’illustratore più raffinato del panorama contemporaneo. E’ soprattutto l’illustratore più illustratore che ci sia. Non solo perché, ad eccezion fatta del suo primo successo internazionale, The amazing love story of Mr. Morf, non è autore dei suoi libri.

Carll Cneut, The Amazing Love Story of Mr. Morf, Clarion Books 2003

Carll Cneut è un illustratore con la I maiuscola perché nei suoi libri non c’è mai quella voglia di primeggiare sul testo, tipica di moltissimi (anche bravissimi) illustratori di libri per bambini. E’ come se nei suoi disegni mancasse completamente l’io narcisistico dell’artista. C’è al suo posto una modestia discreta, silenziosa. E credo sia questo il motivo per cui ho sentito spesso associare alla sua arte l’aggettivo “fredda”. Concordo. Se si guarda un solo disegno di Cneut, si ha una sensazione di grande equilibrio compositivo, di raffinata ricerca cromatica, ma non se ne prova una grande emozione.

Cuore_senzatesto.jpg

Carl Norac e Carll Cneut, Cuore di carta, Adelphi 2004

Per capire e comprendere tutta la grandezza della sua arte, bisogna entrare completamente dentro il libro. Dentro la storia che si legge, parola dopo parola. La sua arte vive ed emoziona solo in funzione del testo letterario a cui è votata. Osservate a lungo l’immagine qui sopra, senza testo. E’ in qualche modo muta. Ora osservate la stessa immagine qui sotto, ma leggendo il testo:

Tommy non si scoraggia ed esce. Vuol far vedere a tutti il suo cuore di carta. Ma è scoppiato un tremendo temporale e una folata di vento si porta via il disegno. “Il mio cuore!” grida Tommy correndo. “Acchiappatelo!”.

Carl Norac e Carll Cneut, Cuore di carta, Adelphi 2004

D’improvviso dopo aver letto il testo tutta la scena si anima. Si sente la pioggia scrosciare sui tetti e il cuore di carta disegnato da Tommy viene portato via dal vento. Il colore rosso del cuore su fondo rosso (scelta cromatica raffinatissima) mette il lettore nella stessa condizione di Tommy, quella di non poter vedere (raggiungere) l’oggetto desiderato, e permette l’immedesimazione nel personaggio, che ora ci sembra impotente e piccolo davanti a questo temporale così forte. Dopo, e solo dopo, aver letto il testo, un sentimento di tenerezza per la sventura del personaggio invade il lettore.

Alcune caratteristiche del lavoro di Carll Cneut fanno sì che le sue illustrazioni siano esattamente delle illustrazioni per album. Di più. Esse inventano una nuova dimensione pittorica, propria della pagina del libro. Analizziamo le principali:

  • La mancanza di orizzonte
  • I fondi a tinta unita o bianchi
  • Il taglio compositivo che sconfina sempre verso l’esterno dell’inquadratura
  • La prospettiva “vista dall’alto”

Carl Norac e Carll Cneut, Cuore di carta, Adelphi 2004

Nei disegni di Carll Cneut il paesaggio non esiste. Ci sono solo scarni elementi (oggetti, fiori, alberi) che lo definiscono. Al suo posto una grande campitura di colore o la pagina bianca. La mancanza di un orizzonte che separa la terra dal cielo crea un universo altro, dove l’illustrazione non è più uno scorcio del nostro mondo incorniciato nel foglio, e neppure un esercizio d’arte contemporanea che usa il formato del libro per le sue acrobazie. I personaggi, le case, gli oggetti si appoggiano e si muovono in uno spazio che ha una nuova geografia: cartacea? La monocromia degli sfondi, nudi, scarabocchiati, grattati, acuisce questa sensazione.

Su questo mondo-pagina i personaggi stanno in piedi in un modo bizzarro, come se non avessero bisogno di un piano orizzontale per appoggiare i piedi. Lo straniamento è dato dalla loro massa, sempre corpulenta e pesante. Notate: non faremmo caso al pavimento cartaceo se i disegni fossero bidimensionali o grafici, come in molti stili d’illustrazione non figurativa. Siamo davanti ad un mondo reale, ma al posto della terra c’è un infinito foglio verticale. Quello della pagina del libro. L’album non è dunque solo più un sostrato di carta che ospita un mondo, l’album diventa il mondo.

Edward van de Vendel e Carll Cneut, Pagaille, Éditions du Rouergue 2005

La scelta di tagliare alcuni personaggi fuori dai confini della pagina dà a questo mondo che vive sulla carta una dimensione metafisica. Se l’illustrazione fosse tutta contenuta sulla pagina saremmo davanti ad un mondo di cui conosciamo ogni dettaglio, ininteressante. La pagina resterebbe un oggetto-carta su cui i colori e le forme si posano. Grazie al taglio fuoriscena invece i confini di questo mondo si estendono verso l’altrove. L’immagine diventa così fenomeno di un noumeno vasto e misterioso di cui non possiamo immaginare la fine.

La vastità di questo territorio ammala la scena che abbiamo davanti agli occhi di incerto essere. La rende sospesa sull’inconoscibile. Minuta isola di esistenza. Per questo motivo, per quanto affollati di personaggi, i disegni di Carll Cneut comunicano spesso uno strano senso di solitudine. Come instabili barchette di carta su di un immenso mare, le immagini costringono il lettore ad una scelta tra la compassione (un sentimento di protezione) e il disagio.

Brigitte Minne e Carll Cneut, Rougejaunenoireblanche, Pastel 2002

Ma non è esattamente questa l’emozione che accompagna l’infanzia? Vi ricordate quanto era grande il mondo allora?

Edward van de Vendel e Carll Cneut, Pagaille, Éditions du Rouergue 2005

Analizziamo ora la scelta prospettica delle inquadrature. La distanza dello spettatore dal disegno è sempre costante. A volte si allontana, ma non abbiamo mai primissimi piani. Inoltre, in modo più o meno marcato, l’inquadratura è sempre presa dall’alto. Queste due scelte compositive enfatizzano la sensazione di essere davanti ad un mondo che è dentro il libro. La prospettiva del disegno coincide esattamente con l’angolazione che noi lettori, seduti con il libro tra le mani, abbiamo “guardando giù” tra le pagine.

Se davvero tra le pagine del libro esistesse un mondo, noi lo vedremmo così. La continuità della nostra distanza dalle scene che scorrono e si animano sotto i nostri occhi, pagina dopo pagina, ci inganna ulteriormente dando alle illustrazioni una maggiore qualità di “realtà”. Ma che tipo di realtà è? Ha leggi fisiche sue proprie, tensioni che non riconosciamo, equilibri verticali. Bisogna essere aperti e curiosi come occhi di bambini per non venirne turbati.

Brigitte Minne e Carll Cneut, Rougejaunenoireblanche, Pastel 2002

Come nelle immagini dei sogni, dove le uniche cose visibili sono quelle che hanno un significato simbolico, e il resto è bianco nulla, dove tutta l’attenzione è sull’azione, sulla pregnanza dei colori, le tavole di Carll Cneut prendono le distanze dalla nostra abituale-diurna percezione delle cose, insegnandoci un nuovo modo di guardare.

Segue…

17 Risposte per “Carll Cneut, analisi del suo stile / parte 1”

  1. 1 Matías
    3 Maggio, 2008 at 23:02

    I recentlly discover your work and it´s really lovelly. Your style is magic. Congratulations for all your works!!

    Love

    Matías

  2. 2 Anna Castagnoli
    4 Maggio, 2008 at 10:24

    Hola Matias, hablo un poco castellano…vivo en Espana. Muchas gracias para tu comento! Me hace feliz.

  3. 3 Pois
    4 Maggio, 2008 at 21:04

    Che bel post Anna, ogni volta crei nel mio cervelletto spunti di riflessione, dubbi, interrogativi. Leggerti è come aprire una nuova stanza piena di cosine curiose e intelligenti.
    Grazie per insegnarmi un nuovo modo di guardare. Ci sono cose che penso ma che non so elaborare a parole. Mentre tu lo fai.
    Portaci ancora con te a scoprire singolari illustratori: Elbruch?

  4. 4 Anna Castagnoli
    5 Maggio, 2008 at 17:41

    Grazie mille Pois per le bellissime cose che mi scrivi. Mi fanno proprio tantissimo piacere.
    Un sorriso

  5. 5 Cecilia
    5 Maggio, 2008 at 17:47

    Anna, che dire,
    sempre incredibile la tua capacità di guardare.

  6. 6 gaia
    5 Maggio, 2008 at 21:00

    quando il feed delle figure dei libri fa capolino, so di avere pane per gli occhi e il cuore. aspett(iam)o curiosissima il cap 2 e quant’altro vorrai condividere. ancora grazie anna!

  7. 7 Anna Castagnoli
    5 Maggio, 2008 at 22:59

    Ma mi dite delle cose troppo belle! Ogni volta che finisco un post mi dico: ora ho esaurito le cose che avevo da dire, non mi verrà mai più una sola buona idea, il blog è finito. Panico sommato alla mancanza di tempo (considerate che lavoro 8 ore al giorno, e che per il blog mi restano solo le serate e i sabati) che mi porta a lanciare un anatema al mio adorabile compagno di vita, che è anche il mio braccio destro in questo viaggio mediatico… (sua, ad esempio, è l’idea di questo blog. Forse era un filino stanco di sentirmi parlare initerrottamente di album per bambini? Di riceverli in regalo ad ogni Natale, compleanno e feste di non-compleanno?!). Poi per fortuna vostra e mia apro un libro nuovo e le idee sono lì, nell’arte dell’autore che guardo,vengono su come canti di colore, e mi basta trascriverle.

    Però per Erlbruch, cara Pois, devo studiare ancora un bel po’. Lui non è un illustratore, lui è IL mostro sacro.

  8. 8 Pois
    6 Maggio, 2008 at 12:42

    Un grazie speciale allora al tuo braccio destro! E’ stato un bene pazientare e poi spingere Anna a questo blog!

    Per l’autrice, se ci sono dei complimenti e ringraziamenti da tante persone è perche obiettivamente te li meriti… e forse perchè c’era davvero bisogno in Italia di un blog come il tuo.
    Non per niente il numero di persone che ti leggono sta crescendo, mi sembra, sempre più.

    Anche io lavoro… e dedico alla mia passione le nottate e i weekend..ma quando è un fuoco sacro che ti spinge a fare…allora escono le cose più belle.

    Per Elbruch lo so….he’s a MMonster!!
    Ma io mi fido di te e del tuo scintillante pensiero…non ho fretta…aspetterò..
    Ce ne sarebbero tanti altri di cui vorrei sentir parlare…ma non voglio esagerare.

  9. 9 Tullio
    7 Maggio, 2008 at 8:24

    Io, concordando pienamante con i complimenti, aggiungo un piccolo pensiero su Cneutt.
    E’ un piccolo paradosso di cui mi sono reso conto da poco.
    Guardando i libri di Cneutt provo ora delle sensazioni molto simili, tra divertimento e spavento, a quelle che provavo da bambino perdendomi nei quadri di Hieronymus Bosch.
    Questo e tutto.

  10. 10 Anonimo
    12 Maggio, 2008 at 15:32

    Anna ha scritto:
    “Notate: non faremmo caso al pavimento cartaceo se i disegni fossero bidimensionali o grafici, come in molti stili d’illustrazione non figurativa. Siamo davanti ad un mondo reale, ma al posto della terra c’è un infinito foglio verticale. Quello della pagina del libro. L’album non è dunque solo più un sostrato di carta che ospita un mondo, l’album diventa il mondo.”

    So che quello che segue ̬ fuori tema, ma questa sua riflessione coincide, nel contesto, a miei pensieri Рstimolati peraltro dalla lettura di Munari. Provo a spiegarmi sinteticamente.

    Munari lamentava lo scarso interesse che si prestava [e si continua a prestare, aggiungo] agli elementi che compongono l’oggetto libro (“Da cosa nasce cosa”. pg. 216 e segg. Bari, Laterza, 2007, 11 edizione). Fra questi, la carta.
    Giustamente, Anna fa notare come quello che per l’illustratore è il bianco, nel libro è il foglio, quindi la carta. Una carta che non necessariamente coincide con quella che l’illustratore ha usato come supporto (ammesso che carta fosse) e che, per le proprie caratteristiche di bianchezza, stampabilità, “mano” (cioè sensazione al tatto), influenza non solo la leggibilità, ma anche la lettura dell’immagine.

    Per esempio, la carta patinata, anche quella opaca, riflette la luce e rende difficile la lettura, sia del testo sia dell’immagine), soprattutto in determinate condizioni (per esempio, all’aperto, con luce solare diretta o a letto, con la lampada da comodino alle spalle). Inoltre, a fronte di un’ottima stampabilità e di un costo concorrenziale, tende a rendere i colori più brillanti e lucidi che negli originali (salvo che l’ìillustratore abbia fatto ricorso a specifiche tecniche).
    A questo si sovrappone il tema dell’illustrazione digitale, che non nasce su un supporto cartaceo o simile.

    Il problema può sembrare capzioso, ma baste estremizzare un po’ per capirne il rilievo: per esempio, avete mai visto i libri stampati su cotone o lino? o quelli stampati su pvc trasparente, o su carta da lucido?

    Io, come editore, faccio le mie scelte. Ci sono illustratori che le approvano e altri che preferirebbero soluzioni differenti.

    Mi piacerebbe sapere, da questa augusta comunità di illustratori, se e come l’illustratore è interessato a, e influenzato da, la scelta della carta con la quale il libro verrà realizzato. E se – e in che misura – questa scelta ne vincola il processo creativo. e, infine se, e in che modo, la carta entra a far parte del panorama della ricerca e della sperimentazione del singolo illustratore.

    Ovviamente, Anna, se consideri che questo post non sia nel posto giusto, espungilo.
    Non mi offenderò.

  11. 11 paolo
    12 Maggio, 2008 at 15:35

    il post precedente è mio

  12. 12 Pois
    12 Maggio, 2008 at 21:24

    Ciao Poalo!Per me la carta è una componente importantissima. Se non mi sento accolta dalla carta, se non sento un’armonia tra mano, carta, luce riflessa sulla carta e materia per disegnare o colorare mi blocco.
    Premetto che sono ben lungi dall’essere un’illustratrice professionista…ma passo ore in mesticheria a farmi consigliare tipi vari di carte che poi accumulo attorno al tavolo. E poi pizzico come una delizia in gastronomia..

  13. 13 Anna Castagnoli
    12 Maggio, 2008 at 21:38

    Idem come sopra, sono capace di spendere patrimoni per la carta su cui disegno.
    Ultimamente ho scoperto un album a Parigi di carta italiana fatta a mano: Annigoni. Spettacolare per i pastelli a cera e il disegno a matita.

    Però se ho capito bene Paolo chiedeva se pensiamo alla carta che sarà usata per il libro. Hemmm….confesso che non ero ancora arrivata a questo grado di raffinatezza. Io penso sempre a come l’editore renderà i colori (se fedeli) e come imposterà la grafica, sono le due cose su cui rompo di più in fase di pre-stampa. Ma non avevo mai messo in rapporto tutto questo col tipo di carta usata…

  14. 14 paolo
    13 Maggio, 2008 at 15:58

    Anna, quando si dice palato fino…
    La carta Annigoni è una delle più belle fra quelle prodotte da Magnani, che una delle più antiche cartiere ancora attive al mondo (fondata nel 1400) e che ancora opera nell’opificio originario, producendo la carta al tino. La visita vale il viaggio.
    Probabilmente costa come il tartufo: l’ultima volta che ne ho comprata, costava 80.000 lire al kilo (1988).

    In realtà, hai ragione tu: intendevo capire se l’illustratore si sente influenzato dal supporto sul quale verrà stampato il libro o se è indifferente. E se, nella valutazione del risultato finale prenda in considerazione le conseguenze delle scelte operate dall’editore sulla resa dell’illustrazione (fermo restando il fatto incontrovertibile che la fedeltà assoluta all’originale è utopia bella e buona).

  15. 15 Andrea
    13 Maggio, 2008 at 18:45

    Fino a qualche tempo fa non mi preoccupavo affatto della scelta della carta su cui sarebbero state stampate le mie illustrazioni, in quanto pensavo fosse una questione tecnica di competenza dell’editore e del tipografo. Purtroppo mi sono dovuto ricredere a seguito di un libro che ha deluso le mie aspettative e che per certi aspetti ha vanificato parzialmente le fatiche compiute per realizzare le immagini. La scelta della carta, a mio giudizio, è stata sbagliata; infatti si è optato per una carta opaca poco assorbente per stampare un libro che conteneva, per la quasi totalità, illustrazioni molto colorate e contrastate, dagli sfondi scuri. I colori delle immagini sono stati così privati della loro brillantezza e sono scomparse le gradazioni più scure (per esempio il nero è diventato un grigio intenso)… anche i contrasti si sono smorzati con un conseguente appiattimento generale.
    Da questa esperienza ho capito che nonostante la scelta della carta sia fondamentale, questa viene compiuta con troppa superficialità e incompetenza. Inoltre è un vero peccato constatare come sovente l’editore risparmi proprio sulla qualità della carta per abbassare i costi di produzione… pazzesco!
    Infine mi chiedo, è compito dell’illustratore intervenire sulla scelta della carta? Perché se così fosse, sarebbero indispensabili corsi e stage in tipografia per preparare gli illustratori in questa materia…

  16. 16 stelladilaura
    17 Luglio, 2010 at 15:26

    cara Anna,la prima immagine di Cneut che ci hai proposto, per me parla da sola, non conosco ancora la storia, ma per me c’è un tipo che fa le valigie e se ne va via, verso un luogo di tanto lontano e il gufo,quindi l’altro resta nel tanto vicino, ma il tanto vicino diventa vuoto e da lì credevo salisse la malinconia che sentivo nel guardare l’immagine, mi chiedevo (seguendo ovviamente il mio pensiero dato che non conosco la trama vera della storia) se quei due non avessero litigato, mi sembra davvero che il gufo voglia rimangiare qualche brutta parola e trovarne qualcuna per dire al suo amico di restare, ma non ne trova e quasi quasi spera che un evento esterno, (tipo il rompersi del manico della valigia a forma di osso) costringa il suo amico a non andare via subito, dandogli più tempo per trovare le parole smarrite.
    la seconda illustrazione invece, è folgorante, con quello che spieghi, e d’improvviso solo grazie al testo scopro che c’è un cuore rosso, un piccolo cuore rosso che mi sembra d’improvviso caduto dal foglio svolazzante (dove risiede il testo). che bel gioco di illusione ottica direi!
    la prospettiva è un gioco, è come alzarsi in piedi su una sedia per guardare dentro la tana del bianconiglio. qualcun altro, oltre me, da piccolo metteva i libri illustrati più vicini o più lontani (ad esempio il libro per terra e voi nel letto) come per convincersi di poterci entrare con un salto?

  17. 17 stelladilaura
    18 Luglio, 2010 at 12:18

    p.s. di primo acchito (a riguardo dell’immagine cuore di carta senza testo) il mio occhio aveva percepito il foglio bianco (dove successivamente è alloggiato il testo) come un edificio con una piccolissima porta (non avendo notato che l’arco in realtà è la curva del cuore rosso che non avevo percepito) e mi sembrava che l’orso dovesse correre in quella direzione, dico “dovesse” perchè propriamente non è obliquo da raggiungerla ma comunque tira dritto verso l’edificio anomalo.