A.I. stila un codice deontologico per l’illustrazione

13 Luglio, 2009

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L’Associazione Illustratori inaugura il nuovo sito e mette a disposizione dei suoi soci e del pubblico il nuovo Codice deontologico dell’illustrazione, un documento preziosissimo che finalmente getta le basi per un uso corretto e condiviso dei contratti che regolano il mercato dell’illustrazione.

– Che differenza c’è tra vendere un originale e vendere i diritti di riproduzione di un’illustrazione?
– Un illustratore è meglio che sia pagato “a forfait” o sulle “royalties”?
– Quali limiti e responsabilità hanno reciprocamente autore ed editore?

Queste e molte altre risposte sul nuovo Codice deontologico dell’illustrazione.
NB: Per sconfiggere il malcostume che (troppo) spesso regola la nostra professione, è molto importante che editori ed illustratori si impegnino nella promozione della prassi contrattuale stilata da A.I.

21 Risposte per “A.I. stila un codice deontologico per l’illustrazione”

  1. 1 giulia sagramola
    13 Luglio, 2009 at 23:40

    direi proprio che ci voleva! :)
    e un’altra cosa di cui serve e ne stavo parlando l’altro giorno con Bombo (Maurizio Santucci) sarebbe una sorta di prezzario “minimo” o di base dell’illustratore, sotto al quale non si dovrebbe mai scendere per “decenza” sia del committente che dell’illustratore. Che ne pensi?

  2. 2 Anna Castagnoli
    14 Luglio, 2009 at 8:13

    A.I (GIUSTAMENTE) punta a che tutti gli autori-illustratori vengano pagati sulle royalties, come avviene di norma in altri paesi d’Europa.
    Significa: l’autore prende una percentuale su ogni copia venduta. Normalmente il 4 o 5% (o il doppio se è sia autore che illustratore).

    Si usa anche che l’editore dia un anticipo sulle royalties: mettiamo 1500 euro.
    Per essere chiari: questi 1500 euro sono un ANTICIPO. NON li vedrete l’anno dopo: al momento della rendicontazione delle copie vendute, l’autore prende il 5% del prezzo di copertina di tutte le copie che sono state vendute meno l’anticipo. (E spesso significa che non si vede più una lira).

    Per un libro che ho fatto qui in Spagna (testo di un altro autore, avevo concordato il 4%)) ho preso 800 euro di anticipo, in un anno sono state vendute 2.210 copie e ho guadagnato 977,70 euro, dalle quali hanno scalato le 800 iniziali (fate il conto di quanto è rimasto).
    Se non avessi preso l’anticipo, ovviamente, l’anno dopo avrei preso 977,70 euro.

    Piccole case editrici chiedono spesso di lavorare senza anticipo, o con un anticipo molto basso. In questo caso sta all’autore scegliere. Conosco grandissimi nomi dell’illustrazione che hanno scelto di lavorare con piccole case editrici perché particolarmente belle, e che hanno accettato, per farlo, anticipi bassissimi o nulli.

    Non si può, secondo me Giulia, pretendere degli anticipi standard, perché ci sono case editrici che stampano e vendono migliaia di copie e altre che stampano e vendono meno di 1000 copie l’anno. Invece si può pretendere un’uniformità nelle percentuali sulle royalties, ma con qualche eccezione già c’è: il 4 o il 5%. A volte il 6% se si è fortunati.

    Sfatiamo un altro mito: la casa editrice non si prende TUTTO il resto dei soldi. Ci sono ancora i distributori da pagare (non so che percentuale prendono, ma è alta), e la produzione del libro (che costa milioni di euro).
    E’ un mercato di nicchia quello del libro illustrato… a meno di non essere Quentin Blake o J.K. Rowling e rispettivi editori… nessuno ci guadagna granché.

    Tutti gli illustratori vivono poi di quello che c’è intorno alla loro fama. Convegni, conferenze, laboratori nelle scuole, corsi di illustrazione… E in paesi dove questo “intorno” è ricco, vivono bene, in altri dove questo “intorno” non c’è quasi, vivono maluccio. La Francia, in questo senso, è un po’ la mecca di tutti gli illustratori.

  3. 3 giovanna
    14 Luglio, 2009 at 15:46

    La percentuale del distributore è, nella norma, un po’ più della metà del prezzo di copertina. Fate un po’ voi i conti…

  4. 4 papepi
    15 Luglio, 2009 at 13:13

    comunque la distribuzione è molto importante nell’editoria..

  5. 5 giovanna
    16 Luglio, 2009 at 8:25

    Certo. Ma tutti gli attori della catena del libro hanno pari importanza: dal primo all’ultimo. Il prezzo del libro lo stabilisce il mercato. E oltre una certo prezzo, il libro diventa improponibile, come sa bene chiunque sia un compratore di libri. In quel prezzo sta il compenso di tutti, dal primo all’ultimo. In più il libraio non compra i libri e basta. Esiste il meccanismo della resa: se non vendo restituisco all’editore. Quindi la parte maggiore del rischio è sempre sulle spalle dell’editore. Non esiste un altro prodotto che il commerciante restituisce: se un venditore di detersivi o di abiti o di accendini acquista detersivi, abiti o accendini e poi non vende, se li tiene in magazzino finché non trova il modo di smaltirli. Detto questo: distributori e librai ovviamente sono essenziali per l’editore che non potrebbe vivere senza il loro lavoro. Il problema è che quando il mercato librario è poco florido, come da noi, tutte queste difficoltà si fanno sentire acutamente. La soluzione non è litigare, ma trovare una soluzione che consenta a tutti di collaborare nel modo migliore. Cosa che già accade, trovando accordi più soddisfacenti fra le parti. E’ però essenziale che tutti coloro che lavorano al libro, anche quelli più lontani dalle questioni pratiche e logistiche, siano bene informati su tutti questi aspetti, prima di valutare le diverse situazioni. Questo per capire quali siano le proprie responsabilità e quelle altrui, in modo onesto e realistico.

  6. 6 papepi
    16 Luglio, 2009 at 8:47

    interessante.. ma sei un editore?

  7. 7 daniela tordi
    16 Luglio, 2009 at 11:13

    Quello che Giovanna (credo sia Giovanna Zoboli di Topipittori, vero?) racconta è la dura realtà condivisa da tutti gli editori, naturalmente sui piu’ piccoli (per dimensione) gli oneri gravano maggiormente, hanno meno ammortizzatori, meno “rivoli” in risalita dalla foce del mercato alla fonte… L’aspetto ormai di tutta evidenza – che quindi, inevitabilmente, diventa politico – è quello di una pressochè totale mancanza d’incentivo alla lettura da parte delle istituzioni. Se non si diffonde la cultura del libro (e naturalmente non basta lo sciocco spot “arcadia dei lettori” – che bella campagna un pubblicitario intelligente ed in buona fede poteva tirar fuori anzichè quell’insulsa melassa!!!) il libro stagna, non si vende. Di sicuro il problema nel nostro paese è diventato ancora piu’ evidente in tempi bui come quelli che stiamo vivendo, tempi di una cultura di massa imperante che rasenta il raccapriccio. Ma ad ognuno di noi sta almeno una piccola parte di responsabilità, perchè fare proselitismo – ciascuno nel suo piccolo – è già un modo per contribuire alla causa.
    Forse (azzardo) un aspetto che in parte ho osservato e che a sua volta non aiuta la libera circolazione delle idee e, dunque, della cultura… è una punta di provincialismo che attecchisce qua e là tra gli addetti ai lavori. Una punta, cioè, di autoreferenzialità e di mancanza di coraggio nel fare, ad esempio, del sano talent-scouting. Ma se il mercato non tira, è evidente che le logiche di comportamento coincidano con la tendenza a tirare i remi in barca e ad andare il piu’ possibile sul sicuro. Comunque, se vogliamo, questa si riduce ad essere una faccenda marginale (benchè di per sè molto importante) in un contesto che presenta lacune sistemiche tanto gravi.

  8. 8 daniela tordi
    16 Luglio, 2009 at 11:19

    P.S.
    QUALCUNO NEI GG. SCORSI SCRIVEVA IN QUESTO BLOG (NON RICORDO DOVE ESATTAMENTE, COMUNQUE A PROPOSITO DELL’ULTIMO LIBRO DI ALEMAGNA) CHE IN REALTA’ ORA C’E’ UNA “PHAIDON ITALIA” CHE SCEGLIE E PUBBLICA DIRETTAMENTE SUL NOSTRO MERCATO. NON E’ COSI’, PHAIDON HA IN ITALIA SOLTANTO UNA SEDE COMMERCIALE, ADDETTA AL MARKETING ED ALLA DISTRIBUZIONE, LE SCELTE EDITORIALI AVVENGONO RIGOROSAMENTE ALTROVE.

  9. 9 giovanna
    16 Luglio, 2009 at 13:41

    Ciao Daniela, ero io a dire di Phaidon.
    Phaidon è come Taschen: produce e commercializza autonomamente nei diversi paesi i libri che edita. In questo senso è una multinazionale.
    Non mi sembra di avere detto che il libro di Beatrice sia stato progettato da Phaidon Italia.

    per Papepi: sì sono editore (Topipittori)

  10. 10 daniela tordi
    16 Luglio, 2009 at 13:46

    Ciao Giovanna, avevo inteso male, un abbraccio

  11. 11 papepi
    16 Luglio, 2009 at 14:46

    piacere di conoscerti, Giovanna!Complimenti…..aprire una casa editrice, il mio piccolo-grande sogno nel cassetto!

  12. 12 guillermo
    20 Luglio, 2009 at 17:57

    muy buen blog, hevisto cosas muy interesantes y productivas. Me voy a pasar mas seguido a visitarlo, sigan asi saludos!

  13. 13 papepi
    24 Luglio, 2009 at 8:12

    .. non so se è il posto adatto ma volevo sottoporre questo quesito ( non mio)ma di una illustratrice mia conoscente:
    vorrei riprendermi i diritti del libro che ha avuto vita breve. Pensavo di farlo con una raccomandata. Ma per averne conferma, basta che l’editore mi mandi una lettera con su scritto: ok, ripigliateli… o c’è una procedura ben precisa?

  14. 14 Paolo
    24 Luglio, 2009 at 9:04

    Bisogna leggere il contratto e capire cosa dispone, sia per la cessazione del contratto o l’eventuale diritto di recesso sia per le procedure da seguire.
    Non esiste una regola generale e ogni contratto dispone diversamente, essendo frutto di un accordo fra parti.

  15. 15 papepi
    24 Luglio, 2009 at 9:20

    Paolo.. sei gentilissimo.. ti posso riportare anche il resto della questione?:

    Sta di fatto che dopo 2 anni l’editore mi dice che manderà le copie al macero, però mi dice che vuole comunque tenerlo in catalogo. Io non voglio. Se non lo ristampa più perché tenerlo in catalogo? io non voglio questa posizione ambigua. Il libro è stato mal distribuito e lui mi ha detto che la colpa è mia che non ho fatto presentazioni o non ho creato le situazioni per venderlo.

  16. 16 Paolo
    24 Luglio, 2009 at 9:45

    Di solito, i contratti prevedono una clausola di questo tipo:
    «Ove l’Opera risulti esaurita in tutte le edizioni della Casa Editrice e questa dichiari che non intende ristamparla, lei potrà, previa comunicazione alla Casa Editrice stessa, a mezzo lettera raccomandata A.R., ritenere risolto il contratto e riprendere la disponibilità dei diritti sull’Opera. Tale risoluzione non le darà diritto ad alcun risarcimento, indennizzo o qualsivoglia compenso.»
    Quindi, bisogna leggere il contratto.
    Se c’è scritto qualcosa del genere, l’editore ha ben poco da eccepire.
    Se non c’è, chi è causa del suo mal…

  17. 17 papepi
    24 Luglio, 2009 at 10:01

    stragentile!!!

  18. 18 Saku
    1 Febbraio, 2013 at 12:18

    Salve, avrei una domanda da porre.
    Mi è stata richiesta un’illustrazione per un negozio di abbigliamento, con relativo marchio e slogan.

    A lavoro concluso, mi sono resa conto che sia il logo, che lo slogan e l’illustrazione, possono funzionare commercialmente parlando.

    Il mio dubbio è questo: dovrei vendere tutto ai miei committenti, chiedendogli i diritti d’immagine, quindi facendomi pagare le royalties sulle vendite (ammesso che lo facciano, sono del sud e questa mentalità qui non esiste), o mi tengo il marchio e penso ad avviare da sola un’attività commerciale?

    Ho letto i vostri commenti e il codice allegato, ma non so se il discorso valga anche per le illustrazioni per l’abbigliamento )e a carattere sociale) o solo per le illustrazioni cartacee.

    Grazie.

  19. 19 PAOLA
    14 Marzo, 2014 at 12:23

    Ciao, ho bisogno di precisazioni: devo farmi pagare un’immagine da un’amica che ha un’associazione. Lei vorrebbe che le facessi una fattura ma non mi è possibile, come fare per giustificare la sua uscita di cassa? Basta che le scrivo una delibera per la cessione dei diritti di immagine?
    Grazie per l’aiuto, Paola

  20. 20 MIrko Filippi
    21 Febbraio, 2018 at 13:03

    Che fare quando ti viene proposto il 2% sulla vendita? 2% per me illustratore e 2% alla scrittrice? Inoltre anche l’anticipo è di 600 euro complessivo da dividere in due. La casa editrice è XXX (N.d.R: Un importante gruppo editoriale italiano).

  21. 21 Anna Castagnoli
    22 Febbraio, 2018 at 14:56

    Mirko caro, bisognerebbe guardare il contratto e il progetto nel dettaglio, ma in generale sarebbe buona etica negoziare che quel 2% diventi almeno un 4% (se 5% meglio) oppure rifiutare.

    È ingiusto che un illustratore riceva solo le briciole e non possa vivere del suo lavoro (già con un 5% si sopravvive a stento).

    ps: Ho tolto il nome della casa editrice per non fare denunce dirette.