Il reale si fa astratto: Parte 3. I vostri esercizi (prima parte).

14 Ottobre, 2013

Ecco, in ordine di arrivo, la prima parte dei vostri esercizi-gioco sull’astratto, a partire dal lavoro di Milos Cvach, di cui abbiamo parlato qui e qui. Sono lavori interessanti per diverse ragioni e  ho deciso che tutti meritavano di essere pubblicati. Domani pubblicherò la seconda parte del materiale che mi è arrivato e farò qualche considerazione. Voi, intanto, potete scrivere nei commenti quello che vi comunicano questi lavori, o, se avete giocato senza inviare i lavori, raccontare la vostra esperienza.
Potete anche provare a interrogarvi su questo, è una domanda sibillina: secondo voi, nell’esercizio 2, hanno tutti usato lo stesso “traduttore” (lo stesso procedimento di sintesi) ?

Paolo Lucchini Addioni (41 anni). Esercizio 1
Titolo: Con tre sole linee si può solo esser soli.
Commento: L’immagine è stata realizzata con matita seppia su carta Fedrigoni Savile Row color bruno.

Francesca Massai. Esercizio 1

Francesca Massai. Esercizio 1 (bis)

Gioia Marchegiani. Esercizio 1
Commento: Prima avevo pensato ad un albero stilizzato, allora ho cominciato a provare. Guardando il disegno, invece, ci ho visto un pennino e la riga da esso tracciata. Poi ho cominciato a guardarlo in vari versi e ci ho visto altre cose, come per esempio un decoltè, un becco… Quindi sono partita da una immagine e l’ho stilizzata poi nel realizzarla ne ho scoperta un’altra e poi un’altra ancora e un’altra ancora!

Gioia Marchegiani. Esercizio 2
Commento:Davanti a me avevo un sacco da fare, compreso questo simpatico soggetto che mi è sembrato subito perfetto…
Qualche linea a matita e tre ritagli di forma da una rivista, ed eccolo qua!
Ora non mi rimane che ritirare la biancheria e stirarla. Ma lo farò con spirito diverso!

Alessandra (43 anni)- Esercizio 1

Alessandra. Esercizio 2

Lisa Massei. Esercizio 1
Titolo: Faccia
Commento: Gli esercizi mi hanno fatto riflettere sulla composizione e sul “dire con poco”, dando importanza agli spazi vuoti.

Lisa Massei. Esercizio 2

Laura Campadelli. Esercizio 1

Laura Campadelli. Esercizio 2.
Commento: La foto di partenza è presa da Google street view ed è un paesaggio della Bretagna francese in Finistere. I “blocchi” di colore hanno una texture sia perchè avevo solo quella carta a disposizione, sia perché la trovo adatta alle rocce. Il triangolo è vuoto in quanto abitabile. Ho scoperto che è molto divertente ridurre e astrarre le immagini, impegna la mente in un modo diverso dall’illustrare, assomiglia all’atto di scrivere qualcosa che debba rispettare vincoli estremi di numero di battute, quasi un sms.

Franchessa. Essercizio 1
Titolo: Neve

 

Franchessa. Esercizio 2
Titolo: Dover

Sabina Botti. Esercizio 1

Sabina Botti. Esercizio 2

Raffaella Bolaffio (36 anni). Esercizio 1
Commento: Il primo gioco ha diversi significati legati tra loro: famiglia, protezione, casa. Ma le variazioni potrebbero essere infinite…

Raffaella Bolaffio. Esercizio 2
Commento: Il secondo gioco trovo sia più stimolante farlo guardando la foto del paesaggio al contrario, in quel modo si possono distinguere meglio le linee e le forme che lo compongono senza distrazioni sulla riconoscibilità degli elementi e trovo che il risultato finale sia molto più interessante (ovviamente è una cosa possibile con una foto, se si vuole fare la stessa cosa dal vero bisogna diventare pipistrellli). Quindi ti mando foto e disegno al contrario (anzi, il disegno è nel verso giusto)… ma se vuoi puoi ruotare il tutto.

Cristina Storti Gajani. Esercizio 1

Cristina Storti Gajani. Esercizio 2
Commento: Mi sono inaspettatamente divertita, non so perchè mi aspettavo che mi sarei trovata poco confortevole. Invece è un esercizio da tener presente per migliorare la composizione e la pulizia. Ho voluto apposta usare un paesaggio a caso, nemmeno tanto bello.

Caterina Magro (34 anni). Esercizio 1
Commento: Il gioco delle tre linee è stato illuminante. Giocare con lunghezze, proporzioni e rapporti di equilibri è molto più facile a farsi che a dirsi. Le due linee “oblique” sono instabili, fragili, in movimento. La terza blocca ed è bloccata.

Caterina Magro. Esercizio 2
Commento:  Il paesaggio che ho trovato proprio dietro casa mia qualche giorno fa è difficile da riassumere; ma ho provato a esprimere graficamente il gioco di due case che si incontrano, una strutturata ma “asettica”, l’altra piena di vita ma instabile. Ma questo vale logicamente per me. Il bello è che ognuno poi può vedere nel riassunto grafico quello che vuole.

segue…

28 Risposte per “Il reale si fa astratto: Parte 3. I vostri esercizi (prima parte).”

  1. 1 paolo
    14 Ottobre, 2013 at 8:18

    Ho notato una cosa che mi pare interessante: in tutti gli esercizi 1, con una sola eccezione, il foglio è diviso in due spazi distinti dalla linea che lo attraversa completamente; dico distinti perché uno contiene anche altre linee, l’altro è vuoto. È come se, tracciando per prima la linea che attraversa il foglio, si fosse definita una netta separazione fra i due spazi.
    Mi sembra altrettanto interessante che l’eccezione sia anche eccezione di genere.
    Bel gioco, Anna. Però, mi spieghi la questione del traduttore?
    Nel suo estremismo, mi piace Laura Campadelli, esercizio 2.

  2. 2 Nicky
    14 Ottobre, 2013 at 8:55

    Wow!
    Io ho in testa un pensiero un pò contorto.. Provo a esprimermi..
    Nell’esercizio 2 ho notato (anche su di me, avendo fatto diverse prove) che è molto difficile oltrepassare il confine tra “grafico” e astratto. Alcuni dei lavori, anche se sono il risultato di una grande sintesi, mantengono una certa “riconoscibilità”. Altri invece, che hanno raggiunto un grado di astrazione maggiore, raccontano qualcosa della foto da cui sono nati.. ma allo stesso tempo dicono anche “altro”. E’ questo, credo, che faccia la differenza…la capacità che ha l’Astratto di dire “più” cose.

    (Non potrei mai fare la critica d’arte con questo linguaggio, ma spero si sia capito!!)

    Comunque Anna è stato davvero un bellissimo esercizio! E mi ha fatto rivalutare tutto un intero filone artistico!!

  3. 3 Nicky
    14 Ottobre, 2013 at 8:57

    Anche a me non è chiara la questione del “traduttore”….

  4. 4 laura38
    14 Ottobre, 2013 at 9:09

    E’ davvero interessante quello che è emerso dal gioco.

    E’ vero, noi ragazze dividendo il foglio a metà con una linea abbiamo anche diviso lo spazio in abitato e disabitato. Cosa significherà? Che sia un modo di ragionare tipico femminile? Forse un modo diverso di rapportarsi al vuoto o allo spazio? Non saprei, però me lo chiedo (si capisce che sto leggendo Falcinelli in questi giorni?.

    (Mi sono dimenticata di dirlo, ma il mio esercizio 1 si chiamava “minaccia” ed è preso di peso da cappuccetto rosso.)

    (Grazie per la preferenza Paolo!)

  5. 5 Gioia
    14 Ottobre, 2013 at 9:34

    L’esercizio 1 se usato bene è potente.
    Mi colpisce soprattutto la solitudine di Paolo e la casa di Raffaella. Bello il gioco con le matite di Lisa!

  6. 6 Anna Castagnoli
    14 Ottobre, 2013 at 9:41

    Il traduttore: mi ero espressa male, ho aggiunto una parentesi per spiegarmi meglio. Volevo dire la stessa cosa che ha detto così bene Nicky: non c’è un solo procedimento per astrarre, ma diversi. Come se dalla realtà si potessereo “estrarre” informazioni su piani diversi (concettuale, grafico, simbolico, etc): come cambia il risultato? Io trovo che siano più vibranti, comunicativi, gli esercizi 2 in cui l’astratto sembra dire qualcosa che non è solo “grafico”.

  7. 7 paolo
    14 Ottobre, 2013 at 9:55

    Un’altra coincidenza interessante è che tutti, con la sola eccezione di Lisa Massei, hanno usato per l’esercizio 2 un punto di partenza di grande complessità, procedendo a una “astrazione per riduzione”, chi focalizzando le masse, chi le forme, chi le luci, chi una combinazione di questi elementi.
    In fondo, l’approccio di Lisa è più efficiente. Ma quanto più efficace?

  8. 8 elillisa
    14 Ottobre, 2013 at 10:00

    Interessanti davvero tutti gli esercizi e interessantissima la questione del “traduttore” e del “tradurre”.
    Io, che mi sento molto ignorante in materia, sono stata giorni ad interrogarmi sulle linee gialle utilizzate da Milos Cvach. Mi parevano voler essere più di una sintesi grafica di un elemento presente nella realtà; come se fossero portanti di altri significati come “gravità”, “profondità”, “equilibrio” “presenza umana”…
    Non so, ripeto, dovrei studiare. Intanto mi guardo i vostri esercizi.

  9. 9 paolo
    14 Ottobre, 2013 at 10:03

    Elillisa: quelle linee gialle ponevano un problema anche a me. Alla fine ho deciso di interpretarle come la direzione della luce.

  10. 10 Nicky
    14 Ottobre, 2013 at 10:11

    Credo che gli esercizi 2 siano più comunicativi anche perchè ciascuno di noi era più libero. Non avevamo limiti, se non quello di sintetizzare al massimo la realtà. E ognuno l’ha fatto a suo modo (col suo traduttore).
    Nell’esercizio 1 invece l’astrazione era quasi obbligata. (Ma sono stupendi la “faccia” di Lisa e il “decoltè” di Gioia!!)

    Paolo non ho capito cosa intendi dire a proposito dell’esercizio 2 di Lisa.. efficace per cosa?

  11. 11 elillisa
    14 Ottobre, 2013 at 10:11

    @paolo: é vero!
    come ho fatto a non pensarci?
    adesso riesco a “vederle”.

    Ringrazio sentitamente per questa sensazione di alétheia.

  12. 12 rossana taormina
    14 Ottobre, 2013 at 10:12

    Tutti gli esercizi propongono una riflessione diversa sulla quale meditare:ridurre graficamente la realtà alle sue forme elementari è sempre una sfida dagli esiti sorprendenti …
    Ho trovato molto interessante l’esperienza “percettiva” di Gioia Marchegiani nel confrontarsi con l’esercizio n.1:la sua descrizione rappresenta bene,a mio parere, la dialettica continua tra l’immagine e lo spazio.
    E poi l’esercizio n.1 di Paolo Lucchini Addioni, in sole tre linee una poesia …

  13. 13 Anna Castagnoli
    14 Ottobre, 2013 at 10:16

    ESERCIZIO 2:
    Secondo me: Gioia, Lisa, Franchessa, Alessandra e Raffaella (forse Cristina), hanno seguito lo stesso procedimento, non importa quanto complessa fosse la scena di partenza. Hanno, cioè, seguito il procedimento di Cezanne: trasformando in forme geometriche e linee le forme della realtà. Una sintesi grafica.
    Caterina e Laura hanno invece aggiunto un livello “concettuale”. Laura: nell’astrazione, la casina è l’unica forma vuota perché è abitabile. E’ una scelta concettuale, come è concettuale trasformare le due case in due quadrati identici per compararne e pesarne la consistenza (Caterina).
    Io trovo che in questi frammenti concettuali, la possibilità dello spettatore di intervenire sia maggiore. C’è un lavoro di interpretazione da fare, nel senso che chi guarda incontra una domanda a cui deve dare una risposta (cosa che non mi sembra avvenga nella traduzione solo grafica).
    Nel caso di quelli solo grafici il mio interesse di spettatore va alla qualità grafica della sintesi, alla sua bellezza puramente estetica.

    Il lavoro di Sabina Botti, invece, mi sembra evocativo-simbolico. E offre ancora un’altra gamma di sensazioni allo spettatore (diverse dal concettuale e dal puramente grafico).
    Non so se mi sto spiegando bene, sono solo al primo caffè, ora vado a bere il secondo.

  14. 14 Anna Castagnoli
    14 Ottobre, 2013 at 10:21

    Elilisa, Paolo, ma vi riferite alla bacchetta gialla nella scultura di Cvach? Per me quella linea gialla è il sentiero che la montagna regge e spinge verso l’altrove.
    E’ interessante vedere, come dice Caterina Magro nel suo commento, che le interpretazioni possono essere molte (non so se infinite).

  15. 15 Lisa Massei
    14 Ottobre, 2013 at 10:22

    Ciao a tutti,
    mi ha molto colpito la differenza fra come credo di aver concepito io l’esercizio e la sintesi degli altri. Personalmente avevo in testa dei colori e il paesaggio per me erano quelle matite… Mi fa riflettere l’osservazione di Paolo fra efficacia ed efficienza, e mi chiedo quanto il mio lavoro di grafica pubblicitaria mi abbia influenzata nel partire da cose sintetiche. Mi ha fatto anche tornare in mente una mia insegnante che diceva (in merito alla scrittura): se credete di non saper scrivere, non perdetevi in periodi lunghi, scrivetene di brevi.
    Forse partire da un paesaggio complesso per sintetizzarlo in modo astratto mi rimane troppo difficile al momento, ma questa è stata una considerazione inconsapevole. Siccome mi piacciono le sfide, proverò l’esercizio con un paesaggio complesso, vediamo che succede. Grazie per questo bell’esercizio e per il confronto che sta nascendo, lo trovo molto ricco :)

  16. 16 Nicky
    14 Ottobre, 2013 at 10:29

    Anna mi hai chiarito tutto, era esattamente quello che avevo percepito.. ma essendo io ignorante tutte le sfumature tra il concettuale, il simbolico, il grafico e l’astratto non sono capace di coglierle.. Ora che riguardo i disegni però riesco a vederle!
    Grazie, sei super anche con un solo caffè :)

    E’ un discorso interessantissimo…

  17. 17 Gioia
    14 Ottobre, 2013 at 10:31

    Mi sembra che i “frammenti concettuali” di Caterina conducano altrove e non riportino necessariamente all’immagine di partenza. Quindi sono come delle finestre su altro, e in questo senso lo spettatore può lavorarci su, interpretare, giustificare …ma anche rifiutare questa estrema sintesi.
    La sintesi grafica delle altre lascia l’immagine astratta legata al soggetto reale, e sono d’accordo con Anna, la ricerca verte piuttosto sull’estetica.

  18. 18 ALESSANDRA
    14 Ottobre, 2013 at 10:32

    E la scelta dei colori?

    Io sono partita dai colori per dar forza al significato dell’immagine. Ho anche lavorato sullo spessore e la grandezza delle linee. Anche in questo caso mi hanno aiutato a definire la montagna in primo piano e il mare in secondo piano. L’uomo che cammina piegato dalla fatica.

  19. 19 laura38
    14 Ottobre, 2013 at 10:35

    L’esercizio 2 di Caterina infatti è molto interessante.

    Grande, piccolo, vicino e lontano, “vero” e “finto”, smettono di essere caratteristiche importanti. La cosa che conta è il concetto “spazio in cui stare” ed entrambi gli spazi sono utilizzabili in quel senso quindi vengono resi con identiche dimensioni, identica dignità nell’esercizio.

    Anzi, il secondo spazio, più colorato e collocato a destra, diventa più invitante, più “bello”. Come a dire che la dimensione ludica connessa a quello spazio è più preziosa di quella reale e utilitaristica connessa all’altro spazio.

    Io almeno ho letto l’immagine in questo modo.

  20. 20 Sabina
    14 Ottobre, 2013 at 10:38

    Grazie Anna, è un onore essere qui! oggi è una magnifica giornata!

  21. 21 Nicky
    14 Ottobre, 2013 at 10:44

    Che bella visione Laura.. A me del lavoro di Caterina colpisce il fatto che abbia definito le due case “strutturata” e “stabile”, ma nel disegno assumono un peso che è completamente l’opposto. Quella rossa è più “pesante”, l’altra è quasi aerea.

  22. 22 Nicky
    14 Ottobre, 2013 at 10:55

    Scusate.. “strutturata” e “instabile” volevo scrivere…

  23. 23 Lisa Massei
    14 Ottobre, 2013 at 11:08

    Nell’esercizio di Caterina mi sembra che sia assente il personaggio accucciato, o non lo vedo io? Nel primo esercizio di Gioia io ci vedo la punta di una penna stilo che scrive. :)
    Mi ha colpito l’esercizio di Paolo che con la pressione della linea mi rimanda un senso di prospettiva e di profondità.
    Bel confronto, grazie a tutti i partecipanti e ad Anna per l’idea ;)

  24. 24 andrea
    14 Ottobre, 2013 at 13:38

    Laura 38, scrivi “E’ vero, noi ragazze dividendo il foglio a metà con una linea abbiamo anche diviso lo spazio in abitato e disabitato. Cosa significherà? Che sia un modo di ragionare tipico femminile? Forse un modo diverso di rapportarsi al vuoto o allo spazio?”

    Ciò che è vero è:
    – che 6 disegni su 7 sono divisi in ‘spazio vuoto’ ‘spazio pieno’; che 1 disegno ha invece tutti e due gli spazi pieni.
    Рche i primi sono disegni di persone di sesso femminile (o transgender o intersex non ̬ dato saperlo); il secondo ̬ di una persona di sesso maschile (idem come sopra).

    Poi abbiamo un’osservazione che non è ‘vera’ in quanto ancora da dimostrare:
    – la relazione tra sesso e divisione dello spazio grafico;

    Infine abbiamo un’ipotesi sul modo di ragionare di un essere umano in base al sesso, cioè una generalizzazione della suddetta relazione non dimostrata (cosa delicatissima perché potrebbe portare al sessismo).
    La dimostrazione dovrebbe vertere prima di tutto sul fatto che esiste davvero una differenza tra abilità cognitive delle classi sessuali (femminile, maschile, transgender, intersex).
    Poi dimostrare che questa supposta differenza esiste per ragioni biologiche o culturali o secondo un modello dinamico biologico-culturale.
    Ciò che noi sappiamo, e mi pare ben ricapitolato nel libro “Donne e uomini. Si nasce o si diventa” della neuroscienziata Raffaella Rumiati (che riprende il discorso di un celebre libro della biologa Fausto-Sterling) è che non esistono significative differenze cognitive dimostrate tra un cervello femminile e uno maschile. Mentre le differenze attribuibili all’educazione vanno scemando.
    Sembrano argomenti da femminismo o postfemminismo (e in parte lo sono), ma sono anche considerazioni importanti per la letteratura per l’infanzia perché i prodotti culturali stanno dentro un certo tempo ed è innegabile che il nostro tempo, specialmente in Italia, sia ancora imbevuto di sessismo, eterosessimo e genderismo nei modelli educativi.
    (Scusate la pedanteria dell’intervento).

  25. 25 Anna Castagnoli
    14 Ottobre, 2013 at 13:50

    Andrea, ciao: sono considerazioni importanti, ma se ti rispondo, forse, rischiamo un dibattito che va un po’ fuori tema.
    Prima di discutere di questo, mi piacerebbe definire un po’ meglio cosa si fa quando si disegna e astrae la realtà.
    Sul tema che ti interessa (leggi il francese?) c’è un bel libro edito da Poisson Soluble che si intitola: Filles d’album, les raprésentation du feminin dans l’album. Una lunga ricerca sugli stereotipi di genere nell’album per bambini.

  26. 26 Caterina Magro
    14 Ottobre, 2013 at 14:33

    per me il passaggio da “stilizzato” a “concettuale” spesso non è facile, anzi, è pieno di insidie. credo che l’esercizio 1, con le sole tre linee, permetta di allontanarsi da una realtà “descrittiva” molto più facilmente del 2.

    quando ieri ho chiesto a una giovanissima critica d’arte (anni 5) di dare un titolo all’esercizio 2 e lei mi ha risposto “coppia”, ho capito che potevo fermarmi (e ho anche capito qualcosa in più sul disegno!).

  27. 27 francesca ferri
    14 Ottobre, 2013 at 15:12

    ah, che cosa magica che mi hai fatto scoprire. venti minuti di linee di matita e ho capito la composizione del paesaggio che non avevo mai studiato. grazie!

  28. 28 laura38
    14 Ottobre, 2013 at 18:09

    Andrea gli esseri umani sono piú che sola biologia, la cultura ha il suo peso sia in un senso che nell’altro. Quindi se io femmina mi riconosco nel modo di pensare e immaginare di altre femmine posso dirlo se voglio (e voglio). Se poi un altro essere umano si riconosce negli stessi schemi qualsiasi sia il suo corredo cromosomico di partenza e il suo orientamento può fare parte del gruppo senza problemi. Non posso risponderti meglio, da cellulare è impossibile, ma spero di non aver postato qualcosa di inutile per quanto ovvio.