Mostra Illustratori di Bologna. Cosa è, come funziona. Parte 2
23 Aprile, 2013Prima di addentrarci, nei prossimi giorni, nel dibattito sulle tendenze proposte dalla Mostra Illustratori di Bologna, vorrei spiegare ai non addetti ai lavori cosa è la Mostra e come funziona il concorso che la origina, e sottolineare, per gli addetti ai lavori, qualche punto critico.
Concesso che una selezione non può piacere unanimemente a tutti, penso che alcune incomprensioni tra pubblico, giurati, illustratori, siano dovute a un difetto nella condivisione di informazioni sul senso della Mostra e sul regolamento del concorso.
COSA E’ LA MOSTRA DEGLI ILLUSTRATORI
La Mostra degli Illustratori, organizzata dalla Fiera del Libro per Ragazzi è uno dei più prestigiosi concorsi internazionali dedicato esclusivamente all’illustrazione per ragazzi. Ha visto la sua prima edizione nel 1967. Ed è giunta alla sua 47a edizione.
Quest’anno (2013), hanno partecipato 3147 illustratori da 64 paesi. Sono stati selezionati 77 artisti.
La giuria era composta da Etienne Delessert (illustratore, Svizzera), Tà ssies (illustratore, Spagna), Maria Grazia Mazzitelli (direttore editoriale di Salani, Italia), Junko Yokota (professore di letteratura per ragazzi, USA), Gita Wolf (editrice di Tara Books, India).
CHE OBIETTIVI HA
Cito dai cataloghi 2011, 2012, 2013 che hanno lo stesso testo di introduzione alla Mostra:
La Mostra degli illustratori si pone come obiettivo l’esplorazione delle possibilità espressive dell’illustrazione di libri per l’infanzia.
(…)
La partecipazione alla selezione è aperta a tutti gli illustratori, sia esordienti sia affermati: questa caratteristica produce un interessante mix, in cui opere di artisti pubblicati si alternano a lavori di giovani studenti, offrendo numerosi spunti per la previsione delle nuove tendenze editoriali e dell’illustrazione nel mondo.
E nell’introduzione al regolamento del concorso, sul sito della Fiera, si legge:
La Mostra degli Illustratori offre una panoramica globale delle tendenze più innovative nell’ambito dell’illustrazione per ragazzi.
Joo Hee Joon (Corea), selezione 2013
Innovazione, nuove tendenze, tendenze più innovative… E’ ben chiaro, mi sembra, che l’intenzione della Mostra di Bologna sia quella di mettere in luce le nuove tendenze editoriali.
Che poi queste tendenze convincano o non convincano il pubblico, è una faccenda che affronteremo nei prossimi post.
Ma a ritroso, se si sfogliano i cataloghi passati, ci si accorge della precisione con cui, negli anni, la Mostra Illustratori è stata testimone (e forse propulsore) delle evoluzioni che ha avuto il linguaggio dell’illustrazione per ragazzi.
Esempio di etichette da attaccare dietro le tavole
COME FUNZIONA IL CONCORSO
La Mostra illustratori è preceduta da un concorso, aperto a tutte le persone maggiori di 18 anni. Viene richiesto dal bando (che potete leggere per intero qui) di spedire 5 tavole che abbiano in comune un tema (non viene specificato altro). Le tavole possono provenire da un libro (e non necessariamente in ordine cronologico di pagine), essere fatte ad hoc per la Mostra, o venire da qualsiasi altro contesto dell’illustrazione per ragazzi. Gli illustratori sanno che a giudicarli saranno eminenti figure dell’editoria per ragazzi, ma non conoscono i nomi dei giurati in anticipo.
Ci sono due sezioni: Fiction e Non fiction. (Dove per Non fiction si intende Illustrazione documentale e manualistica).
©foto Topipittori
NELLA PRATICA
Vediamo questo regolamento cosa comporta per la Fiera:
Di anno in anno, La Fiera, per soddisfare la sua esigenza di investigazione delle nuove tendenze editoriali, promuove il concorso e sceglie una giuria. Ogni giurato e ogni giuria (una giuria è il risultato di un compromesso ogni volta imprevedibile tra giurati) interpreteranno l’innovazione – la sua bontà e la sua necessità , in un modo diverso.
L’esempio della selezione di quest’anno, con immagini più figurative e classiche dovute (forse) alla presenza in giuria di un illustratore reazionario come Delessert, lo evidenzia in maniera chiarissima.
La parola ai giurati, Sidney Lumet, 1957
Vediamo questo regolamento cosa comporta per gli illustratori:
Gli illustratori (o editori) dovranno spedire 5 tavole sapendo che in generale l’intento della Mostra è promuovere l’innovazione, ma che in particolare ogni giuria interpreterà questa innovazione in modo diverso. Non conoscendo i nomi dei giurati, l’invio delle tavole avviene alla cieca.
Il settimo sigillo, Igmar Bergman, 1957
Nella lunga discussione sui concorsi che c’è stata su LFDL, (qui), è emersa l’esigenza degli illustratori di conoscere i nomi dei giurati in anticipo, per poter avere una visibilità , anche minima, sulla direzione che prenderà la selezione.
Mi chiedo (e vi chiedo), però, se non conoscere i nomi permetta al materiale inviato di essere più eterogeneo, ricco di differenze e variegato. Una sorta di grande calderone da cui i giurati pescheranno il loro discorso sull’illustrazione di domani.
Vediamo questo regolamento cosa comporta per i giurati:
I giurati di Bologna si ritroveranno a dover fare una selezione tra:
– illustrazioni decontestualizzate dal loro luogo di nascita e senso (un libro, un testo, un manuale…).
– illustrazioni fatte ad hoc per la Mostra Illustratori di Bologna, nella speranza di piacere ai giurati (dunque immagini narrativamente autosufficienti, pensate per essere significanti o narrativamente coerenti anche senza un testo).
– illustrazioni fatte velocemente, senza intenzione di partecipare sul serio alla gara, solo per avere un Pass di ingresso alla Fiera. (Quello di partecipare alla Mostra è il solo modo per gli illustratori di avere un Pass gratuito per tutti i 4 giorni di Fiera e conosco molti illustratori -e anche non- che usano questo sistema per entrare. Forse vale la pena interrogarsi su questa provocazione).
Michelangelo Pistoletto
RIFLESSIONI APERTE
Mi e vi chiedo: quale può essere il massimo comun divisore capace di permettere un confronto onesto tra, ad esempio, 5 immagini create ad hoc per raccontare una storia senza testo per il contesto espositivo della Mostra Illustratori e 5 immagini tratte da un libro illustrato (non in sequenza e di cui non si sa nulla del testo d’origine)?
Come nei grandi concorsi scolastici nazionali americani, dove per non fare ingiustizie si abbassa notevolmente il livello delle domande (perdendo molta della ricchezza in gara), restano pochi gli elementi confrontabili. La qualità tecnica, la qualità compositiva e cromatica, la coerenza stilistica delle 5 immagini, la forza innovatrice del linguaggio usato nelle immagini rispetto al panorama editoriale contemporaneo.
Molti si lamentano dell’incapacità delle tavole selezionate di raccontare una storia. Su questo punto mi dilungherò nel prossimo post. E’ importante comunque sapere che nel bando non viene chiesta nessuna coerenza narrativa tra le 5 tavole, ma solo che siano unite da un tema.
Intanto vi lascio con questa domanda:
quale è la forza narrativa dell’immagine qui sotto senza il testo che la descrive e senza la storia a cui appartiene?
23 Aprile, 2013 at 12:31
Leggo sempre le tue riflessioni e il modo di vedere questo mondo dell’illustrazione a 360°. Brava Anna.
Rispondo all’ultima domanda, rifacendomi – appunto a uno dei tanti pensieri del grande Munari: “sono curioso, ma mi piace vedere come la gente reagisce ai colori, ai segni o alle immagini”. Ognuno reagisce a modi diversi delle immagini anche a una frase detta. Si parla si simpatia o di antipatia anche nelle persone che si incontrano…
Senza immagini tutto si può costruire.
La fantasia serve anche a questo: essere liberi di scegliere. La Fiera è un modo di interpretare con le immagini, di ogni illustratore che vuole partecipare alla Mostra; che a volte, non coincidono con l’editore o il pubblico. In questo caso la giuria.
Si può pensare ad una macchia, una goccia, una reazione chimica di una cartina di tornasole…? Insomma, ci sono infinite scelte.
Certe immagini possono piacere altre no. Ma queste, non possono essere escluse a priori perchè non sono conformi al modo personale di pensare.
Scusa, forse sono andata fuori tema…
23 Aprile, 2013 at 13:19
massimo comun divisore o minimo comune multiplo? Io credo che una cosa importante che differenzia l’illustrazione dall’arte contemporanea è il fatto che mentre l’arte esprimere un significato dal pdv dell’autore che produce l’immagine,che il pubblico può cogliere o non cogliere condividere o non condividere,l’illustrazione ha una committenza con precise linee editoriali da rispettare e un pubblico ben definito, cioè i bambini e gli adulti che se ne occupano.In questo senso capisco anche se non mi appartiene ( per ora) l’esigenza di quanti vorrebbero conoscere i nomi dei giurati prima di affrontarli. in fondo si faceva così prima degli esami : si andavano a sentire le domande delle sessioni prima per sapere che taglio dare alla propria preparazione. Perciò credo che posto un bambino un editore e una preparazione tecnica, tutto quel che ne nasce sia legittimo e nuovo nella misura in cui non trascura nessuno di questi elementi, ed è capace di rigenerarli.
23 Aprile, 2013 at 14:26
Parto dal fondo: la forza narrativa dell’immagine di Leo Lionni, è (per me) immaginare. E’ una sola immagine, senza il testo, e se ti trovi di fronte ad una immagine di questo tipo in una mostra qualsiasi, può venire voglia di immaginare, oppure no.
Il massimo comun divisore è forse lo stile e l’innovazione. Per me una mostra come quella di Bologna, internazionale ed annuale è molto importante che sia vicina ai nuovi linguaggi, al nuovo.
23 Aprile, 2013 at 22:07
Ieri leggendo il commento rabbioso di Delessert, mi è venuto in mente, appunto, “Piccolo giallo, Piccolo blu”, che tu molto opportunamente, oggi, hai messo in conclusione della tua interessante riflessione.
Fra l’altro quando Delessert, alla fine, scrive: “Le tendenze espresse in Fiera sono adottate dagli altri responsabili di questo malessere: gli Editori. Oppressi dai bilanci finanziari, non hanno più voglia di sfidare il torrente.” Questa è una palese contraddizione: gli editori che non sfidano “il torrente” certo non editano, per seguire e affidarsi allo stereotipo, le illustrazioni degli illustratori che appaiono a Bologna!
24 Aprile, 2013 at 6:36
Grazie a tutte degli interessanti interventi.
Lisa: sono d’accordo sulla necessità di una mostra che propone il nuovo.
Per Benedetta: bello il verbo “rigenerare”, mi sembra perfetto.
Per Cristina: sul problema del gusto personale (che mi sembra sia stato l’unico argomento critico portato da Delessert nella sua lettera) sto preparando un intero post. E’ un tema complesso).
Per Giovanna: avevo notato anche io l’incongruenza.
24 Aprile, 2013 at 9:05
Anna, definisci Delessert un reazionario. E’ un termine forte, che contiene un’indubbia accezione negativa. Io credo invece che Delessert sia una persona intelligente, che ha colto in essenza un mood, una tendenza, un’inclinazione… verso un tipo d’illustrazione che – in estrema, estremissima sintesi – io definirei “fredda e rarefatta”. La mostra di quest’anno se ne discosta e non credo sia un caso. Le opere esposte erano sottese da una matrice ocmune, che definirei (anche qui in sintesi) più densa e narrativa… o comunque comnicativa. Ciò detto, il mondo in questione è talmente vasto e variegato… che per fortuna – aldilà della mostra di Bologna e dei suoi giurati – chiunque abbia amore per la materia e frequenti con assiduità il web può coglierne l’infinita declinazione. Bologna è un luogo tra gli altri dove l’illustrazione circola massicciamente, ma non è un luogo sacro… il rito non si compie qui, non più. Il web la scavalca ormai, perchè è una piena inarrestabile, dove i celebranti non hanno più bisogno di qualcuno che offici. Che distilli. E meno male… senza nulla togliere all’esigenza di riflettere poi sempre criticamente, analiticamente sui contenuti.
Un appunto che mi riservo di indirizzare agli organizzatori. E’ grave e incomprensibile che la didascalia delle tavole non citasse la tecnica usata. Una sciatteria che non mi spiego.
24 Aprile, 2013 at 9:12
ps Perchè sarebbe contraddittoria la chiusa di Delessert? Diceva che per non rischiare gli editori finirebbero al dunque per uniformarsi alle tendenze espresse dalla mostra… il che forse non è così tanto vero, ma è plausibile.
24 Aprile, 2013 at 9:25
Complimenti Anna per questo post. Bello assai!
Parto dal punto di Leo.
Ora, non voglio sembrare dissacrante ma la potenza di quel punto è sopratutto la composizione. Un punto, al centro, un punto verso tutte le direzioni ma al centro. E’ perfetto perché è tutto (e paradossalmente niente) e quindi l’immaginazione inizia ad andare dove vuole. Potrebbe essere un buco in un ghiacciaio o il cielo tra le nuvole o anche una pupilla. La forza narrativa è proprio quella composizione che non spinge in nessuna direzione.
La mia paura, tornando al centro della questione, è che se da un lato concetti come coerenza e tecnica sono riscontrabili “facilmente” è anche vero che leggere il linguaggio di 5 tavole può essere più complesso. Di certo sarebbe sbagliato lasciare degli appunti alla giuria perché vorrebbe dire che le tavole non parlano abbastanza. In giuria, fosse per me, almeno per un giorno farei scegliere le tavole ad un bambino per vedere cosa potrebbe accadere.
24 Aprile, 2013 at 9:30
@Daniela Tordi: talmente plausibile che per smontarlo basta farsi una passeggiata in libreria o in biblioteca. Veda, Daniela, Il mondo dell’editoria per ragazzi non è fatto solo di Orecchio Acerbo e MeMo. Anzi, le case editrici di questo tipo sono esigua minoranza. I talenti espressi e selezionati alla Mostra trovano a volte la via della pubblicazione presso questi editori. Ma “il torrente” viaggia in ben altra direzione. Da qui la contraddizione, che è patente e dovrebbe essere pacifica.
D’altra parte, sta scritto negli obiettivi dichiarati della Mostra: non si può immaginare che l’innovazione sia mainstream (a proposito di torrenti). Lo sarà , magari, domani.
Altro è il fatto che gli illustratori e gli editori che si conquistano maggior visibilità critica appartengano a questa minoranza (cosa che può legittimamente piacere o non piacere). Ma gli spazi degli scaffali contengono molto più (per comodità , ma non per condivisione uso le sue definizioni) illustrazione “densa e narrativa” che “fredda e rarefatta”. E, a proposito di quest’ultima definizione, non cpntiene forse anche questa, come il “reazionario” di Anna, “un’indubbia accezione negativa”?
24 Aprile, 2013 at 9:41
Andrea scrive “per un giorno farei scegliere le tavole a un bambino”. Io sono stato in questa e in alcune altre giurie di concorsi internazionali a grande partecipazione e sono sicuro che sarebbe un atto di criminalità . Non esiste la minima possibilità che un bambino possa estrapolare un senso da una massa simile di materiale eterogeneo.
24 Aprile, 2013 at 10:18
Paolo, probabilmente ha ragione ma ammetto che l’idea mi divertirebbe. Nella realtà il povero malcapitato finirebbe dritto dritto all’ospedale con gli occhi storti!
Mi scusi ma la selezione quanto dura? Nel senso, da quando scade il concorso a quando si sanno i selezionati quanto tempo tutti i giurati dedicano ai lavori?
Da giurato, come avete ragionato sulle varie tavole?
Quali sono i crucci, i dubbi, che vi hanno bloccato su questo o quell’illustratore?
Mi scuso subito, per l’arroganza con cui ho fatto la domanda ma la mia è pura curiosità .
La ringrazio e buon lavoro.
A.
24 Aprile, 2013 at 10:31
Paolo: quando uso categorie “macro” – per quanto rischi di andare troppo per le spicce – cionondimeno avrei la pretesa di riferirmi all’illustrazione di qualità . Le assicuro che ho ben chiaro il confine tra un’editoria conforme allo stereotipo bieco (che ancora sopravvive, indubbiamente) ed una capace di scelte valide, se non necessariamente coraggiose. Ma ho anche molto chiaro che l’illustrazione in sè, con buona pace degli editori (che non ne sono sempre i migliori mentori, paradossalmente anche quando ascritti al gotha) per avere una valenza narrativa deve condensare senso. In qualunque modo – seguendo qualunque via – voglia praticare. Nelle passate edizioni della mostra di Bologna, ho visto spesso materiale in gran parte estetizzante e ieratico. Di una fissità raggelante e inutile. E dunque ho trovato, trovo che la critica di Delessert incida il tessuto di questa materia di per sè volatile (come ogni forma di arte) restituendole un senso di carne viva, di organismo pulsante, soprattutto, di voce che esce da sè… e non ristagna. Reazionario è qualcuno che oppone un’ottusa resistenza al cambiamento. E non direi che Delessert si possa tacciare di questo. In ogni moto di assestamento e di progresso, sono le spinte contrarie che devono bilanciarsi, con continui spostamenti di carico, in avanti e indietro. Delessert mette il suo contrappeso sul piatto… e io mi sento di dargli ampiamente ragione.
24 Aprile, 2013 at 11:19
Per Andrea: molti concorsi hanno una sezione con giurie di bambini!
Sulle scelte delle giurie a Bologna, i tempi, etc, sugli Annual (cataloghi) si trova sempre una mini intervista ad ogni giurato + un pezzo scritto dalla giuria.
Paolo Canton aveva scritto un post sul suo blog sulla sua esperienza di giurato a Bologna:
http://www.lefiguredeilibri.com/2013/04/23/mostra-illustratori-di-bologna-cosa-e-come-funziona-parte-2/#comments
Per Daniela: Delessert non mi sembra portare argomentazioni critiche, ma il suo gusto. E difendo il mio aggettivo “reazionario”: la sua è una critica al nuovo, accusato di non portare più ai bambini le storie forti raccontate quando era giovane lui. Ma quando mai?
Mai come oggi l’editoria per ragazzi è stata un’esplosione di talenti, stili, storie, apparati critici così ricca, variegata e forte.
E la Fiera di Bologna mi sembra un testimone privilegiato e onesto, non elitario.
Quello che trovo poco umile da parte di Delessert è il non mettere sul piatto della bilancia, neppure per un momento, il dubbio che lui quelle immagini non le sa capire e che forse i bambini di oggi non hanno gli stessi gusti di quelli dei suoi tempi.
Mi dilungherò su questo nei prossimi post.
A me la selezione della Mostra Illustratori sembra sempre ricca di cose diversissime. Dal realismo fotografico all’astratto. Non riesco a vederla tutta questa unità di stile.
E’ una discussione molto interessante e prima o poi dovevamo affrontarla. Arriveremo in fondo e non saremo ancora d’accordo, ma spero che ognuno di noi avrà spostato la sua posizione di almeno qualche grado, perché se no che interesse c’è a confrontarsi?
Anzi sarebbe divertente scambiarsi le parti e difendere quello in cui non crediamo.
24 Aprile, 2013 at 12:44
Ho qualche domanda, per chi vorrà rispondere. Ma a voi la mostra quest’anno è piaciuta, sì, no, perché? La ritenete un riflesso esatto del gusto/pensiero di Delessert?
Lo chiedo per capire. A me le parole di Delessert dell’anno passato e di quest’anno non sono piaciute per vari motivi. Ma entrambe le mostre, sia di quest’anno che del precedente, mi sono piaciute molto, anche se i motivi sono diversi.
Sono io che ho qualcosa che non va e manco di coerenza, o semplicemente non esiste il “mondo” postulato da Delessert con le illustrazioni ideali che vorrebbe lui (e tanti cari saluti)?
24 Aprile, 2013 at 13:16
anni fa mi selezionarono per la mostra, ma non ho mai riscontrato grandi opportunità di lavoro con editori se non era per la mia determinazione nel propormi… la mostra è bella come opportunità ma a pochi editori interessa che tu abbia partecipato o meno.
24 Aprile, 2013 at 13:51
Per Laura: a me, come ogni anno, ci sono molte cose che mi sono piaciute, altre meno.
In generale mi piace sempre la mostra. Trovo portentoso avere sotto il naso così tante illustrazioni e di così tanti paesi diversi.
C’era Gita Wolf in giuria a fare da contrappeso a Delessert, :) una delle editrici più innovative del mondo.
Nella selezione di quest’anno ho solo notato un numero maggiore di lavori che mi sembravano vecchi nello stile, cosa che non avevo notato gli anni precedenti, neanche tra quelli che non mi piacevano.
Alla fine di questa lunga discussione, che è appena iniziata, vedrò di postare un po’ di immagini che mi sono piaciute e anche quelle che ho trovato un po’ vecchiotte, per chi non ha visto la mostra.
per Lucia: io conosco illustratori che sono stati pescati alla Mostra e hanno pubblicato per la prima volta dopo, e ne conosco altri che hanno vinto anche più di una volta e non hanno ancora pubblicato nulla. Una cosa che so di sicuro è che gli editori guardano la selezione. Credo dipenda molto dai casi e da un po’ di fortuna.
24 Aprile, 2013 at 14:18
Quello che dice Lucia, e cioè che “la mostra è bella come opportunità ma a pochi editori interessa che tu abbia partecipato o meno”, testimonia che se all’editoria è certamente imputabile l’appiattirsi su scelte prive di coraggio, ciò dipende da strategie che nulla hanno a che vedere con la pubblicazione di illustratori selezionati alla mostra di Bologna. Un esempio: recentemente faccio caso a quello che i bookshop di importanti musei italiani, propongono nel settore ragazzi. Ebbene, accanto a una proposta selettiva e meditata di libri d’arte “per adulti”, i libri per ragazzi spessissimo, (a parte qualche titolo “buono”, di solito attinto dal catalogo Corraini o ArteBambini) sono della peggior specie e qualità . E prevale nettamente un tipo di libro che ci si aspetterebbe sugli scaffali degli autogrill: nelle librerie dei centri commerciali si riscontrano scelte più sensate e di qualità . Ha senso interrogarsi sulla rarefazione dell’illustrazione, e dare per scontato che in libreria, e magari in librerie in cui ci si aspetterebbe un’attenzione all’educazione estetica, quello che è proposto ai ragazzi è una montagna di spazzatura? Perché accade questo? Come è possibile? Quali sono le logiche sottese a queste scelte? Come dobbiamo interpretarle?
24 Aprile, 2013 at 17:00
Anna: Delessert è sanguigno, passionale e forse anche vagamente dispotico nel suo articolo, ma non mi pare uno sprovveduto. Argomenta… a modo suo, con un taglio conciso, con un approccio secco e al tempo stesso molto viscerale. Trovo anzi interessante e coraggioso che qualcuno sconfini ogni tanto da certe melenserie cortigiane, no? In fondo, poi, mi sembra che ci abbia messo la faccia e si sia preso le sue responsabilità . Peraltro, se hanno pensato di metterlo in giuria, dubito lo abbiano fatto semplicemente per compiere un beau geste, o un gesto simpatico.
Giovanna: discutere dell’illustrazione come forma di espressione credo abbia un senso del tutto indipendente rispetto ad altre considerazioni. Ad esempio rispetto a quella sull’arretratezza di alcuni punti vendita nostrani, cui facevi riferimento. Sono ordini di considerazioni molto diverse, piani di ragionamento a sè, momenti di riflessione separati e distinti. L’uno, di certo, non eslcude l’altro.
24 Aprile, 2013 at 17:46
Daniela: l’articolo di Delessert mi ha divertita, e anche l’idea di invitarlo in giuria (lui comunque è Delessert, un illustratore storico, mi chiedo se avrebbero invitato qualunque sconosciuto che avesse scritto le stesse cose con quel tono).
Non voglio giudicare se quello che dice è vero o no.
Trovo sbagliato a priori denigrare la ricerca e la sperimentazione, soprattutto in un contesto dove sono espressamente richieste.
24 Aprile, 2013 at 19:02
Sono d’accordo, Daniela, ma la mia considerazione parte da una patente incongruenza di Delessert che quando parla di editori responsabili del declino del libro illustrato non indica quelli che lo sono davvero e ragioni condivisibili e credibili per cui lo sono.
Per quello che riguarda, i punti vendita, non siano “alcuni” quelli di cui parlo: non so in che fortunati luoghi tu viva. In quelli dei nostri paraggi questa è la situazione. Con alcune eccezioni. Ma sono le eccezioni a essere alcune.
25 Aprile, 2013 at 11:20
Giovanna: figurati, sono d’accordo con te che non cè – in generale – da stare molto allegri sulle cernite dei libri in vendita nelle librerie… anche se è vero che mi capita sempre più spesso alle fiere d’incontrare librai interessati, giovani (o meno) e capaci. Insomma, confido in un miglioramento della situazione. Ma ce ne vorrà …
26 Aprile, 2013 at 9:56
comunque io tutta questa grande innovazione nelle proposte non la vedo.. quale sarebbe la novità ? in cosa?