Intervista a Fabian Negrin: La vita intorno.

1 Febbraio, 2010

“Da dove vengono le immagini? Una domanda da un milione di dollari. Non lo so di preciso, ma nel caso arrivassero dalla testa, dalle mani e dall’infanzia, bisognerà sempre tener ben oliate tutte e tre”.
Fabian Negrin

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Fabian Negrin, La vita intorno, Salani 2009

Fabian Negrin è nato in Argentina, a Cordova, nel 1963. Ha studiato grafica e incisione a Città del Messico. Si è trasferito a Milano nel 1989. Oggi lavora come illustratrore per le migliori testate giornalistiche e case editrici, italiane e estere. Tra i numerosissimi riconoscimenti, ha ricevuto la prestigiosa Bib Plaque a Bratislava nel 2009.
Nell’intervista rilasciata a Lefiguredeilibri ci racconta la genesi del suo ultimo libro, La vita intorno, e insieme ci regala preziosissime riflessioni sul rapporto tra testo e immagine, illustrazione e crescita personale, su che cosa è lo stile, la creatività, la determinazione a fare sempre meglio.

INTERVISTA A FABIAN NEGRIN:

Del tuo ultimo libro uscito con Salani, La vita intorno, firmi testo e immagini.
Il testo è un’antologia di miniature narrative che, quasi a tempo di rap, denunciano senza peli sulla lingua il degrado sociale che ci circonda. Ne esce il ritratto di un mondo alla fine dei suoi giorni, invaso da insetti, topi, eserciti, montagne di rifiuti, aerei in fiamme, maschere, scheletri danzanti. Un contemporaneo Trionfo della morte di Brueghel. Come è nata l’idea di un libro così apocalittico?

La maggior parte delle immagini de La vita intorno è apparsa negli anni novanta sull’ultima pagina di Sette – Corriere della Sera. Le immagini illustravano testi di diversi autori, comici per lo più, che a quell’epoca sfornavano una marea di libri, per lo più orribili. E’ stato un lavoro che ho fatto per un paio d’anni nel quale mi si dava completa libertà. Prendevo spunto solo tangenzialmente dai testi, e cercavo di creare un’immagine con un senso compiuto che incendiasse un po’ il significato delle parole, che di solito erano molto sciatte e superficiali. Allo stesso tempo volevo fare in modo non fosse la semplice giustapposizione di un disegno che non c’entrava niente col testo, bensì che si allacciasse ad esso per tentare di portare il tutto verso l’alto.

Ho smesso di farle quando hanno cambiato il direttore di Sette e quello nuovo voleva che riducessi la cornice a due centimetri di spessore. Così diventava impossibile raccontare alcunché, l’immagine sarebbe diventata decorazione. Rinunciai. 500.000 lire nette la settimana. Accidenti, adesso mi farebbero comodo!

Quando ho ripreso in mano questo materiale mi sono accorto che le cornici formavano un insieme molto compatto, nel quale c’erano dei temi ricorrenti, con in mezzo alcuni dei miei disegni migliori. Ho separato i disegni in capitoli, e ho scritto un filo narrativo che li allacciasse come se fossero perle di una collana. Dunque direi che per la maggior parte i temi sono quelli che mi stanno più a cuore: il mangiarsi a vicenda, il fuoco e il fumo, le metamorfosi, il sesso, la morte, gli animali, la giungla, con qualche aggiunta dovuta ai testi che le mie cornici contenevano, quando uscivano sul giornale: la televisione, i rifiuti e poco altro. Ad esempio, l’immagine degli elefanti sopra le colonne accerchiati dai topi, era un testo che parlava della Lega Lombarda che assediava elettoralmente la Democrazia Cristiana. Poi, dentro La vita intorno, i topi non sono di per sé negativi e diventano una metafora delle idee nuove, che per forza di cose portano anche scompiglio e un po’ di rozzezza.

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Fabian Negrin, La vita intorno, Salani 2009

“Ne esce il ritratto di un mondo alla fine dei suoi giorni…”
Il mondo è alla fine dei suoi giorni.

L’immagine resta “ai margini†di uno spazio bianco. Si potrebbe pensare che, come nelle miniature antiche, l’immagine ha ritrovato il suo ruolo decorativo al servizio del testo.
Ma la ricchezza affollata delle tue illustrazioni comunica qualcosa d’altro, confermato dal titolo: La vita intorno. Al centro, c’è il vuoto. Al centro, c’è un lamento solitario. La vita è stata messa ai margini. L’idea è molto forte e bella, ed è una fotografia puntuale della vita di oggi. Non ti è mai venuta voglia, illustrando il libro, di riempire questo spazio bianco? Non pensi che questo centro lasciato vuoto sia anche una grande possibilità?

Essendo state commissionate come cornici – con lo spazio interno in funzione del testo – non potevo riempirle. Solo in qualcuna delle prime cornici ho coperto il vuoto con uno sfondo leggero, ma andando avanti mi son fatto un punto d’onore nel conservarlo bianco, impeccabile. Oggi penso che riempite non avrebbero funzionato allo stesso modo, mettiamo l’immagine dell’uomo che alza mezza montagna per trovare il suo pranzo: se avessi disegnato la parte mancante della montagna l’immagine sarebbe stata pesantissima, forse addirittura l’uomo non sarebbe riuscito ad alzarla… Riguardando i disegni per il libro ho trovato il bianco di una forza magnetica.

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Fabian Negrin, La vita intorno, Salani 2009

L’occhio completa il disegno, aggiunge una tensione e a volte un senso d’incompletezza che per alcune persone può risultare insopportabile. Nel libro, il bianco credo abbia cambiato significato, e potrebbe stare per quella parte della nostra vita che ci ostiniamo a considerare centrale – il lavoro, i soldi, la famiglia – che fissiamo ossessivamente ma che in realtà è vuota, mentre la vita vera si svolge ai margini, visibile solo con la coda dell’occhio. Life is what happens to you when you are busy making other plans è una frase di una canzone di John Lennon che mi stordisce sempre ad un livello quasi fisico. E’ un proclama contraddittorio: mentre dice che non vivi la tua vita fino in fondo, sembra suggerirti che non ha importanza, tanto la vita, a volte pigra, a volte selvaggia, scorre comunque dentro di te. Non vorrei, però, fare il santone che da un’interpretazione che vale per tutti, questo è soltanto quello che il vuoto del libro racconta a me.

Come hai lavorato per creare quel fitto dialogo che si nasconde tra illustrazioni e testo, che è la vera cifra narrativa del libro? Un esempio per tutti: il testo sembra consolare il lettore, dare una finestra d’aria, dicendo: La gente, però, se può fare un bagno al mare, ride. L’illustrazione invece mostra un esercito di uomini-pinocchio = l’unico modo per ridere oggi, è mentirsi. Sapresti raccontare in che modo nasce dentro di te il rapporto tra testo e illustrazioni?
La relazione testo-immagine è stata ottenuta gradualmente. Prima ho scritto dei semplici titoli che creavano un rumore semantico con l’immagine, ad esempio nel disegno di copertina si vede un transatlantico che affonda mentre tutti ballano, e a questo ho dato mentalmente il titolo di OTTIMISMO. E’ un commento fra l’ ‘alla lettera’ e il cinico che produce una frizione fra la parola e l’immagine. Questa modalità viene da un esercizio che Victor Gorka, famoso cartellonista polacco, ci faceva fare a l’università, abbinare un’immagine a una parola per creare un terzo significato. Cosa che ho fatto in altri libri: Guarda come dondolo (Gallucci editore), In bocca al lupo (Orecchio acerbo) e anche in manifesti, riviste e lavori vari fatti insieme a Fausta Orecchio, nella sua veste di grafica. Certo, non è un procedimento che funziona sempre, per tutti i libri. Ultimamente mi sembra che sia diventato un luogo comune dire che le illustrazioni debbano raccontare una storia parallela. Non è detto. Certi testi richiedono di essere seguiti pedissequamente, parola per parola, altri invece vogliono essere traditi. La possibilità maggiore di noi illustratori sta in quello spazio di decisione lì: fedeltà-infedeltà. Certo, se si è fedeli solo al proprio stile si finisce per tradire sistematicamente il testo, e spesso finisce che il libro non funziona.

Fai molti schizzi per cercare le immagini giuste?
I disegni di questo libro hanno degli schizzi molto finiti, che poi ho trasportato sulla carta con la carta copiativa o col tavolo luminoso. Per arrivare a quegli schizzi ho fatto prima tanti bozzetti che mi sono serviti a definire l’ambientazione, la disposizione e le caratteristiche dei personaggi, le diverse letture possibili, le fonti luminose, in modo da far funzionare l’immagine esattamente come volevo. Non è l’unico modo in cui lavoro: ho fatto libri senza nessuno schizzo preparatorio, da alcuni molto realistici (nelle immagini) come Campioni del mondo (Gallucci editore) ad altri più astratti come Capitan Omicidio (Orecchio acerbo).

(Qui di seguito alcuni schizzi di Fabian Negrin per il suo nuovo libro, Mexican Halloween – de La vita intorno non ha conservato i lavori preparatori).

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Fabian Negrin, Mexican Halloween, in corso d’opera. Schizzo preparatorio.
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Fabian Negrin, Mexican Halloween, in corso d’opera.
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Fabian Negrin, Mexican Halloween, in corso d’opera. Schizzo preparatorio.
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Fabian Negrin, Mexican Halloween, in corso d’opera.

Da dove vengono le tue visioni, così ricche e articolate?
Da dove vengono le immagini? Una domanda da un milione di dollari. Non lo so di preciso, ma nel caso arrivassero dalla testa, dalle mani e dall’infanzia, bisognerà tener sempre ben oliate tutte e tre.

L’io narrante sembra stare a galla in questo inferno rifugiandosi in un individualismo esacerbato, nell’alcol, nel suo I pod, in una fuga verso la natura o nel calore di una trattoria…

A volte sembra che Dio si sia preso una serata libera/ e noi qui come dei poveri orfani/a cercare il nostro posto in paradiso./ O all’inferno, s’intende. C’è chi la fa finita subito,/ chi diventa una sirena,/ io invidio chi, attaccato alle piccole cose, resiste.
(Fabian Negrin, La vita intorno, Salani 2009).

La fuga come soluzione, il dare fuoco, il lasciare. Siamo davvero a questo punto? Nonostante il grande respiro bianco al centro della pagina il libro mi ha dato un sentimento di claustrofobia. Anche se su un differente registro narrativo, mi ha ricordato la Vita agra di Luciano Bianciardi. Ci consola, ancora una volta, la bellezza. Il coraggio di tradurre in immagini.
Non la vedrei come claustrofobia, semplicemente non vedo soluzioni collettive in questo momento. In Italia almeno. A Milano sicuramente. Credo che ognuno si debba dare da fare da solo, al massimo in due, per cambiare la propria vita, e questa è l’unica possibilità che abbiamo per cambiare in parte il mondo. Ad esempio, per quel che riguarda gli illustratori, imparando veramente a disegnare. Il punto numero uno del mio Decalogo è questo: impara a disegnare, che dei tuoi disegni nessuno possa dire questo lo riesco a fare anch’ io.

La vita agra è uno dei romanzi italiani che più ho amato, mentre sì, è vero, provo astio per quegli autori che danno l’impressione che alla fine tutto si aggiusti. Non credo che niente si aggiusti da solo, e l’andarsene, lungi dall’essere una fuga, può essere un modo per aprirsi alla bellezza del mondo. Caliamo la metafora in un contesto concreto: prendiamo un giovane illustratore italiano – soprattutto se bravo: non credi che andandosene si farebbe solo del bene?

A differenza di molti illustratori contemporanei, che hanno un loro stile ben riconoscibile, tu ad ogni libro inventi un nuovo universo. Da illustratrice so quanto è difficile buttarsi nel nuovo, tu ogni volta sembri non avere paura di lasciare quello che hai conquistato e ricominciare da zero. La trovo una forma di grande onestà creativa. Ci racconti come nutri il tuo immaginario per cercare lo stile di un nuovo libro? 
In questo libro si trovano decine di rimandi iconografici e letterari: più in generale alla pittura rinascimentale e al suo uso dello spazio, ma anche cose più episodiche come Chagall (pittore che detesto) per un pezzo che originariamente parlava degli ebrei ma ne La vita intorno parla di vertigini e alcool. Oppure citazioni di Monet, Utamaro, le miniature indiane, il realismo sovietico, il film Lezioni di piano, il mito del Minotauro, Cappuccetto rosso, la Bibbia, l’affondamento del Titanic. Non a caso il punto numero due del mio Decalogo personale dice: leggi tutti i libri, guarda tutte le immagini.

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Utamaro Kitagawa, 1753-1806, Bijin Combing Her Hair
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Fabian Negrin, La vita intorno, Salani 2009
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Claude Monet,  La passerella giapponese, 1899

Trovare un mondo visivo che si allacci perfettamente al mondo letterario di un testo a volte è la parte più faticosa del lavoro, ma credo che sia quello che contraddistingue il lavoro di un illustratore e lo differenzia da altri che usano gli stessi strumenti: pittori, imbianchini, che non hanno a che fare con un mondo poetico (il testo) che normalmente precede il nostro fare e col quale ci si deve per forza misurare. Da un’altra parte è vero che c’è un’irrequietezza di fondo, mi annoia terribilmente lavorare sempre allo stesso modo e preferisco cambiare tecniche e riferimenti iconografici, stili, a seconda del testo.
Secondo me, però, prima bisognerebbe chiarire due cose, la prima è che nell’illustrazione spesso si dice che un illustratore ha uno stile quando a volte si tratta solo della riproposizione sistematica di una tecnica. Si usa soltanto il decoupage, oppure si usa soltanto il programma Painter – per poi cambiare ‘stile’, miracolosamente, quando si passa al Corel – oppure si dipinge soltanto su delle fotocopie. Queste sono tecniche, non stili. La seconda è che a volte si spacciano per stile delle carenze strutturali di disegno: non so disegnare veramente un occhio, così faccio due puntini e dico che sono degli occhi. Non so rappresentare lo spazio (e questa carenza sta devastando il mondo dei libri per bambini) così faccio uno stile grafico. Ahimè, in Italia e Francia vedo montagne di libri illustrati da gente che non sa disegnare, o che disegna in modo appena decente.

Diversi sono i veri stili, forme che ricorrono in diverse tecniche, da libro a libro. Questo ha una sua innegabile bellezza, ma, diciamocelo, anche un altissimo grado di noia: dopo il terzo libro con lo stesso stile dello stesso illustratore che riconosco già dall’ingresso della Fiera di Bologna, prima di aprire il libro so esattamente come sarà l’ultima pagina. E’ un po’ come quelli che raccontano la stessa barzelletta tre volte, la prima ridi, la seconda sorridi, la terza ti guardi le scarpe. Ma se si trattasse solo di questo, pazienza, il problema fondamentale è che di solito in illustrazione lo stile si abbina a un registro, così che l’illustratore X ha uno stile (con un solo registro) sempre e comunque buffo-grottesco, mentre invece Z ce l’ha sempre e solo poetico-immaginifico. Io non credo che nella vita noi siamo sempre buffi, o sempre poetici, ma casomai passiamo da uno stato d’animo all’altro, e dunque ci esprimiamo a seconda di come ci sentiamo. Questo esprimersi in diversi registri, credo che sia l’unico modo che abbiamo per abbracciare il testo e farlo veramente nostro, senza stuprarlo col nostro stile onnicomprensivo e ultrapersonale, ma facendo l’amore con le parole e mettendole incinte.

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Fabian Negrin, La vita intorno, Salani 2009

Da quando hai pensato il libro a quando è andato in stampa, quanto tempo è passato? L’editore ti ha lasciato “carta bianca†o è intervenuto nel lavoro?
Da quando ho ripreso in mano le illustrazioni, ho concepito l’idea del libro e gli ho regalato un testo, fino a quando ho trovato un editore che lo ha stampato, sono passati meno di due anni. In mezzo c’è stata la mostra fatta nella sede dell’Associazione Hamelin di Bologna durante la Fiera del libro per ragazzi 2009. Anche se il progetto era già definito, vedere tutte quelle persone in piedi impegnate a guardare i disegni e leggere attentamente il testo mi ha aiutato a capire la potenza che aveva questo libro. L’editore l’ho trovato vicino: la Salani, che è la casa editrice che mi ha offerto d’illustrare il mio primo libro per bambini L’uomo che sapeva contare, nel 1995. Me lo propose la loro editor di allora, Donatella Ziliotto (insieme a Francesca Lazzarato, credo la miglior editor per ragazzi che questo paese abbia avuto; sono loro che hanno fatto pubblicare da noi il meglio della letteratura mondiale). Mariagrazia Mazzitelli e Luigi Spagnol, gli editori, sono ormai degli amici, dunque il processo del fare il libro è stato non tanto di “carta bianca†o di interventismo, quanto di collaborazione, come credo succeda nelle case editrici dove ci sono delle persone sinceramente interessate alla letteratura per l’infanzia (anche se paradossalmente questo direi che è un libro per adulti!).

Perché la scelta della carta lucida? (è l’unica cosa con non mi convince del libro).
Sono stato io a convincere l’editore a usare la patinata. Credo ci siano pochi casi in cui va bene la carta usomano per delle illustrazioni: deve esserci tanto bianco nello sfondo e dei colori piatti, va bene per i libri dell’avanguardia russa degli anni venti, diciamo. Ovviamente la carta patinata non garantisce niente, ci deve essere anche una buona stampa, ma nella carta usomano, ad esempio, il nero non è mai veramente nero e questo fa perdere dettagli, sfumature (e le illustrazioni di La vita intorno si fondano su dettagli e sfumature).  Penso che la usomano appiattisca, renda uniformi i disegni, e renda due diversi illustratori molto più somiglianti fra di loro che se stampati su carta patinata. Non sarà un caso se i libri d’arte sono stampati in patinata. Credo che il suo uso diffuso sia una moda, supportata dalla tendenza generale dell’illustrazione contemporanea a essere piatta, decorativa, superflua, dove quello che si ha da dire è tanto basic che non ci sono mai sfumature da perdere. Odio la carta usomano, se non si era capito…

Cosa provi quando un tuo libro è finito e ce l’hai tra le mani?
L’arrivo di un libro è sempre un brutto momento. E’ meglio non essere nei paraggi quando succede. Impiego giorni ad adattarmi al libro stampato e ad apprezzarlo. Vedo solo i difetti. Anna la vilaine (Editions du Rouergue) ad esempio, ha dei colori MOLTO meno luminosi di come erano i miei files al computer. La grammatura della carta a volte può essere TROPPO sottile. La copertina, che spesso non è tanto di mia competenza quanto dell’editore, molte volte è un VERO disastro. Ma poi, pian piano, la mia mente si sposta verso il libro successivo e penso sempre Ah, quello sì che sarà perfetto!

Fabian Negrin

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I disegni originali de La vita intorno di Fabian Negrin, saranno esposti alla galleria Nuages di Milano dall’11 febbraio al 20 marzo. Successivamente alla galleria Hde di Napoli dal 26 marzo al 20 aprile.

Copyright dell’intervista: Anna Castagnoli, lefiguredeilibri(at)gmail.com

19 Risposte per “Intervista a Fabian Negrin: La vita intorno.”

  1. 1 marina
    1 Febbraio, 2010 at 12:15

    Bellissime risposte..

  2. 2 lucia
    1 Febbraio, 2010 at 12:25

    bella e interessante intervista…sono in completa sintonia su tutti i punti!

  3. 3 beatrice
    1 Febbraio, 2010 at 14:50

    Caro Fabian Negrin ammiro la chiarezza delle tue idee, la sapienza e la completezza delle tue immagini e, soprattutto, certo, l’ estrema e sorprendente diversità di libro in libro. Grazie.

  4. 4 paola
    1 Febbraio, 2010 at 18:54

    anche a me piace molto la capacità di questo illustratore di cambiare sempre tecnica, ma con grande talento.

  5. 5 cinzia
    1 Febbraio, 2010 at 23:09

    Ho sempre ammirato Fabian Negrin per la libertà che esprime nel suo lavoro,per i suoi cambiamenti ricchi di sorprese,mi sembra di capire anche e soprattutto per lui stesso.E sono d’accordo con le sue idee ,che non temono di andare controcorrente.
    Grazie anche da parte mia.

  6. 6 Francesca
    3 Febbraio, 2010 at 11:15

    Fabian Negrin è per me uno dei migliori illustratori al mondo. Grazie a tutti e due per la bella e interessante intervista.

  7. 7 Enrica
    3 Febbraio, 2010 at 20:37

    Grazie per questa intervista che mi ha dato ottimi spunti per una riflessione sul lavoro d’illustratore.
    Sarò felice di poter ammirare gli originali di questo bel libro alla mostra di Milano.

  8. 8 adriano
    6 Febbraio, 2010 at 2:35

    io vorrei conoscere anche gli altri 8 punti del Decalogo di Fabian.

    Anna, glieli chiedi per favore :)

  9. 9 Pois
    6 Febbraio, 2010 at 10:26

    Una mattina di qualche tempo fa passeggiavo tra gli scaffali della Fnac di Torino e mi sono imbattuta in questo libro.
    L’ho aperto, guardato e letto..
    Mi sono commossa..moltissimo.. nel leggerlo..
    Le sue parole, la dolcezza e la profondità delle immagini mi hanno colpito.
    La frase ” io invidio chi, attaccandosi alle piccole cose, resiste.” ha dato un senso a quella mattina in cui mi aggiravo tra gli scaffali della fnac di Torino con il cuore e l’animo un po’ mesti.

  10. 10 Anonimo
    7 Febbraio, 2010 at 19:53

    quando sono entrata nella stanza dedicata a la vita intorno nella sede di hamelin a bologna quasi un anno fa,non riuscivo più ad uscire e a staccarmi dalla meraviglia e l’emozione che mi davano i disegni e le parole.
    Ho aspettato l’uscita di questo libro e sono veramente contenta che esista.
    Così come sono veramente contenta che esista Fabian Negrin che così spesso quando scrive ed illustra ha il potere di farmi sentire meno sola.

  11. 11 philip
    12 Febbraio, 2010 at 13:53

    che bella questa intervista.

  12. 12 ilaria
    18 Febbraio, 2010 at 18:24

    molto interessante!

  13. 13 giulia
    23 Aprile, 2010 at 19:51

    Sono riuscita a leggere questa intervista solo oggi, volevo dedicargli tempo. Mi è piaciuta molto, stimo molto la capacità poliedrica e allo stesso tempo di Fabian, molti stimoli e anche domande interessanti…
    grazie a entrambi

  14. 14 Marion
    28 Giugno, 2010 at 20:03

    mi piacerebbe molto “guardare” il tuo viso mentre parli o fai degli schizzi.
    perché i piccoli DESIDERI non potrebbero avverarsi e dare respiro?
    io credo in me : credo che i desideri sono come le cellule della mia pelle.

  15. 15 aniadisoldoratbat
    30 Novembre, 2011 at 21:27

    Oggi, cercando il mio libro-album “LA VITA INTORNO” ho trovato il tuo. Ho sentito dei brividi: ho scopero che non solo il titolo è uguale per una coincidenza, ma anche le immagini hanno qualcosa di simile. Il tuo libro è illustrato da tuoi bellissimi acquerelli, il mio da fotografie. Il tuo ha una vita che si sovrappone alla vita con il lavoro di percezione e al contrario perchè viene dal di dentro. Il mio ha una vita che si sovrappone alla vita sempre con un lavoro di percezione ma viene da fuori da quello che fotografo e si vede dentro l’immagine. Amo la pittura giapponese dell’Ottocento come amo Monet, dipingo ecc. ecc. CHE BELLO CONOSCERTI ATTRAVERSO I TUOI LIBRI!!! ANCHE SE UN PO’ IN RITARDO.

  16. 16 Silvana
    17 Dicembre, 2012 at 8:27

    Vorrei tanto leggere “Il rosso e il nero, anch’esso scritto da Fabia Negrin, ma non sono riuscita a trovarlo in nessuna libreria. Potreste farmi sapere come fare per averlo? Grazie!!!

  17. 17 Monica Menozzi
    1 Ottobre, 2013 at 16:45

    Una delle interviste più belle che abbia mai letto! Sarà che essere perfettamente coetanei è garanzia di background comune, sarà per il registro asciutto e schietto….. Amo quest’uomo!

    Brava anche l’intervistratrice!

  18. […] centro era piazzato un riquadro bianco con una frase (trovate qualche spiegazione in più in questa intervista) […]

  19. 19 “SOUMCHI” Amos Oz | Geniopositivo
    28 Settembre, 2023 at 21:31

    […] Un racconto per me bellissimo. Belle anche le illustrazioni di Fabian Gonzales Negrin. […]