Mostra illustratori Bologna 2008

10 Aprile, 2008

Quest’anno alla Fiera di Bologna ho trovato il livello della mostra illustratori veramente molto molto alto rispetto agli anni scorsi. Mi ha colpita la maestria tecnica dei lavori esposti e soprattutto una certa omogeneità nelle scelte della giuria. Il linguaggio dell’illustrazione sembra essere ad una svolta, propone nuovi codici. Campeggiano i monocromi, i bicromi, i bianchi e neri, le superfici piatte. Con qualche eccezione, l’illustrazione anni 2008 sembra sconfinare nei territori della grafica.
Non a caso come autore della copertina è stato scelto Einar Turkowski, già vincitore della Biennale di Bratislava dell’anno scorso. Algido, pieno di mistero come un giorno di nebbia, bravissimo.

Einar Turkoswki, Germania

Mi piace questo nuovo linguaggio, ma la mia domanda è: saprà entrare nel mondo del libro? Perché in moltissime tavole esposte quello che non mi convinceva è che sembravano tavole per la stampa (riviste, giornali, affiches) e non tavole prese da libri o capaci di entrarci. Le tavole a cui avrei dato un ipotetico primo premio sono quelle del giapponese Mitsuru Ishimasa. Nei suoi disegni ho visto una storia, dei personaggi, un mondo che iniziava e finiva ben oltre i limiti del foglio, invece in molti altri lavori, per quanto belli, vedevo il disegno, tutto quello che c’era da sapere era lì, ed io restavo sulla superficie.

Mitsuru Ishimasa, giappone

Io non credo di avere le conoscenze necessarie per definire quali sono i requisiti minimi di un’illustrazione per libro, ed è per altro molto difficile giudicare senza avere accanto il testo (il binomio testo/illustrazione o storia/illustrazione in un libro è imprescindibile, e questa è una lacuna della mostra di Bologna), ma mi vi invito alla riflessione: che cosa differenzia un disegno per una rivista o per un’affiche da un’illustrazione per un libro?

András Baranyai, Ungheria

Azzardo una risposta (e vi invito a darne altre): un disegno per una rivista (per una affiche in modo ancora più netto), deve dire tutto, iniziare e chiudersi con se stesso. Se vuole raccontare una storia può farlo, ma deve contenerla intera, come nella divertentissima illustrazione qui sopra. Invece il disegno per un libro deve per forza essere incompleto, deve darmi il desiderio di girare pagina, di entrare a sbirciare, di sapere come va a finire, deve in una parola: frustrarmi. In realtà non c’è un disegno per il libro. C’è il libro, che è una struttura di più disegni. Se prendo e isolo un solo elemento, per forza non potrà essere autosufficiente.

Qui sotto alcune delle tavole che ho preferito…

Franziska Lorenz, Germania

Tommaso Gorla, Italia

Simone Rea, Italia

Kumi Obata, Giappone

Inga Dorofeeva, Germania

Julia Chausson, Francia

Un’altra caratteristica di questo nuovo linguaggio che sta delineandosi è la mancanza di un punto focale nel disegno. Come nel fumetto, o in certe vedute dall’alto della tradizione fiamminga, sulla stessa tavola accadono più cose, ci sono più centri di interesse, ogni centro con un suo tempo. Un esempio lo si trova nello stile del libro vincitore dell’Award Ragazzi di quest’anno: Avstikkere di Øyvind Torseter. Ma anche nelle tavole del bravissimo Valerio Vidali. Io mi ci devo ancora abituare.

Valerio Vidali, Italia